Roma, 30 settembre 2025; a cura di Ruben Della Rocca, giornalista di Radio Radicale e de “il Riformista” – Da ieri sera, ricorrendo all’uso della gergalità calcistica, si può affermare che la palla è nel campo dei Paesi arabi e non. Quegli stati che vanno dal Qatar alla Turchia e dall’Indonesia al Pakistan, che si fanno garanti della proposta di Donald Trump, un accordo articolato in ventuno punti per far cessare il conflitto in Medio Oriente e liberare la striscia di Gaza dal giogo dei terroristi di Hamas.
GARANTI DEL PIANO TRUMP E ISLAMISTI RADICALI
Si tratta così dell’ennesima occasione storica che viene offerta ai palestinesi per intraprendere la strada per la creazione di un loro Stato. Ovviamente il passaggio necessario è la resa totale di Hamas e la liberazione degli ostaggi sequestrati esattamente due anni fa, infimo corollario delle stragi del 7 ottobre. Accetteranno i terroristi il salvacondotto che viene concesso loro così generosamente dall’amministrazione americana, così come l’intera proposta di accordo e come fatto da Bibi Netanyahu? Lo capiranno che per loro è finita e che con le loro azioni criminali hanno portato solamente lutto e devastazione a Gaza, come era immaginabile che accadesse dopo il giorno della mattanza di 1.200 israeliani, gli stupri, le decapitazioni, i corpi di famiglie e bambini ebrei bruciati assieme nelle case e nei kibbutzim?
NON PERDERE L’OCCASIONE
Riecheggia in queste ore la famosa citazione di uno dei padri fondatori dello Stato di Israele, Abba Eban, che a seguito dell’ennesimo rifiuto palestinese di accordarsi per la pace con il suo paese dichiarò che «gli arabi non hanno mai perso l’occasione di perdere un’occasione». Si tratta di una verità storica incontrovertibile nemmeno dal ProPal più ostinato e duro di comprensione, come lo sono in molti in quel campo, troppi. Più volte nei decenni i palestinesi, posti di fronte alle opportunità di concludere accordi con Israele hanno invece rifiutato. Su tutte, va ricordata la proposta fatta a suo tempo dal premier Ehud Barak, che contemplava la restituzione ai palestinesi del 98% dei territori contesi in cambio di pace, ma che Yasser Arafat respinse in nome di una guerra perenne allo Stato ebraico, che riteneva da cancellare.
LA BRIGATA DELLA MORTE
La verità è che Hamas è la brigata della morte, a essa aspira anche per il suo popolo in nome del jihad e del martirio islamista, non prima, però, di aver trascinato con sé nell’abisso il nemico dichiarato, cioè il popolo ebraico. Sessanta ore ci separano da quello che potrebbe essere l’epilogo di una delle vicende più tragiche di questo scorcio di secolo. L’occasione è davvero propizia e il mondo resta col fiato sospeso in attesa della risposta dei criminali tagliagole, oltreché di conoscere quale sarà la capacità di persuasione degli amici dei terroristi. Vedremo e capiremo se la Fratellanza mussulmana sarà capace di stabilire un patto in grado di mutare la storia dell’intera regione. Il Piano è ambizioso e, certamente, nei punti molte cose saranno da verificare e chiarire, tuttavia è una proposta che sarebbe delittuoso non considerare e fare propria.
PRECEDENTI E AUSPICI
I precedenti non giocano a favore e va ricordato che siamo di fronte a un manipolo di belve senza scrupoli che hanno compiuto crimini paragonabili solamente a quelli perpetrati dai nazisti durante la Shoah, comunque è lo stesso necessario coltivare la speranza. Donald Trump è stato chiarissimo e ora la responsabilità di un fallimento o di un successo del Piano è tutta condivisa tra Gaza e Doha, il luogo dove risiedono nei comfort assoluto molti dei capi del gruppo terrorista palestinese. Nelle loro mani, ancora una volta, risiedono le sorti del loro popolo, oltre a quelle dei quarantotto ostaggi israeliani, quelli ancora vivi e quelli esanimi. Le famiglie di essi e tutte le persone che hanno un cuore attendono da due anni che possano finalmente tornare ai loro cari e alle loro case.



