ARMENIA, tensioni. Tentato golpe a Erevan: scontro militari-Pashinyan

Tensione a Erevan: il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha denunciato un tentativo di colpo di stato militare dopo che quaranta alti ufficiali dell'esercito, tra i quali figura il capo di stato maggiore, generale Onik Gasparyan, avevano richiesto le sue dimissioni. Forze amate determinate: nelle ultime ore gli aerei militari sorvolano la capitale, tra meno di un'ora atteso l'intervento di Pashinyan

Tensione a Erevan: il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha denunciato un tentativo di colpo di stato militare dopo che quaranta alti ufficiali dell’esercito, tra i quali figura il capo di stato maggiore, generale Onik Gasparyan, avevano richiesto le sue dimissioni.

«Ritengo che la dichiarazione dello stato maggiore sia un tentativo di colpo di stato militare», ha dichiarato Pashinyan nel corso di una diretta Facebook.

Egli ha quindi disposto la rimozione dell’elemento apicale delle forze armate, senza tuttavia firmare ancora il decreto. Dopo il proclama dei militari il primo ministro ha incontrato i propri sostenitori all’esterno del palazzo del governo e ha annunciato che si rivolgerà alla nazione parlando pubblicamente alle ore sedici di Erevan (le tredici in Italia) in piazza della Repubblica e allo scopo ha esortato i suoi seguaci a confluirvi.

I militari «non ci stanno»

La nota firmata da Gasparyan esprimeva una «forte protesta» nei riguardi della rimozione del vice capo di stato maggiore Tiran Khachatryan, stabilita mediante decreto dal presidente armeno Armen Sarkissian nella giornata di ieri, per ragioni che però i militari definiscono «superficiali e infondate», poiché derivanti da un precedente scontro dello stesso Khachatryan a seguito delle lamentele dei membri di quest’ultimo sull’inefficienza dimostrata dai missili Iskander di fabbricazione russa nel corso del recente conflitto con l’Azerbaigian per il controllo della regione del Nagorno-Karabakh, che ha visto sconfitte le forze armene.

Il disastroso esito del conflitto ha generato un’ondata di rabbia popolare contro l’esecutivo guidato da Pashinyan e la reazione di questi ultimi è sta quella di ricusare le responsabilità della sconfitta, lamentando l’inefficienza degli armamenti russi in dotazione all’esercito.

Gli Iskander che «non esplodono»

Recentemente il generale Khachatryan aveva commentato sarcasticamente le affermazioni di Pashinyan sugli Iskander che «non esplodevano» o «esplodevano del 10%», argomentando che simili affermazioni «non erano serie», una presa di posizione che nel giro di poche ore gli era costata il posto, poiché il primo ministro lo aveva rimosso. Una decisione che, però, secondo i militari «è stata presa senza tenere conto degli interessi nazionali e statali dell’Armenia ma solo sulla base di sentimenti e ambizioni personali».

«La decisione, presa in circostanze difficili per l’Armenia, è anti statale e irresponsabile», proseguiva il comunicato emesso dai vertici militari, secondo il quale il capo del governo e il suo esecutivo «non sono più in grado di prendere decisioni adeguate in questa situazione critica, cruciale per il popolo armeno. Le forze armate armene hanno tollerato a lungo gli attacchi delle autorità miranti a screditarle, ma ogni cosa ha il suo limite», quindi la nota concludeva che: «Date le circostanze, le forze armate chiedono le dimissioni immediate del primo ministro e del governo e li avvertono di non utilizzare la forza contro la gente i cui figli sono morti difendendo la madrepatria».

Le preoccupazioni del Cremlino

Il Cremlino, che dell’Armenia è alleato, ha espresso «preoccupazione» per l’aggravarsi dello scontro tra governo ed esercito in Armenia e ha invitato le parti alla calma. Fonti del ministero degli esteri di Mosca hanno quindi sottolineato che la crisi in corso nell’ex repubblica sovietica è un «affare interno».

«È con preoccupazione che seguiamo la situazione in Armenia ma la riteniamo una questione esclusivamente dell’Armenia, che è un nostro alleato molto importante e prossimo nel Sud del Caucaso – ha al riguardo dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov -, come naturale, chiediamo a tutte le parti di mantenere la calma. Riteniamo che la situazione debba essere tenuta nei limiti del quadro costituzionale».

Il malcontento popolare in Armenia è ormai una costante che si perpetua da mesi e, a volte, vene fomentato ad arte a fini politici.

Armenia: un costante stato di tensione

Nello scorso novembre ‘ex direttore dei servizi segreti di Eevan, Artur Vanetsyan, era stato arrestato dalle forze di sicurezza con l’accusa di aver organizzato un complotto per uccidere il primo ministro Pashinyan, personalità che da giorni era divenuto oggetto di contestazioni a causa dell’accordo di pace stipulato con l’Azerbaigian, atto che aveva posto fine al conflitto nella contesa regione del Nagorno-Karabakh.

Con Vanetsyan, che alcuni mesi prima aveva fondato un partito di orientamento nazionalista, il Partito della Patria, erano stati arrestati anche il parlamentare del Partito repubblicano Vahram Baghdasaryan e il volontario di guerra Ashot Minasyan.

I tre erano stati accusati di aver fomentato le rivolte di piazza contro Pashinyan, che,dopo aver trascinato il suo paese nella guerra contro Baku, si era poi assunto le responsabilità dell’esito del negoziato, ricusando però le accuse e rifiutando altresì di dimettersi, sostenendo che l’accordo aveva scongiurato ulteriori perdite territoriali. Allora, alle sommosse contro di lui avevano partecipato migliaia di persone.

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