CONFLITTI, guerra cinetica e guerra mediatica. «Fuoco amico» israeliano e «peli sullo stomaco» dei leader occidentali

Chi è senza peccato scagli la prima pietra! Nella tragedia che si sta consumando nella Striscia di Gaza i morti aumentano sempre di più. La morte dei sette cooperanti della ong World Central Kitchen, colpiti dalle forze armate israeliane è soltanto uno degli episodi recnti di questa guerra che, innescata dal pogrom di Hamas del 7 ottobre scorso, va ormai avanti da mesi. Tuttavia, in quest’ultimo caso si ravvisano degli elementi polemici del tutto particolari, poiché a venire direttamente colpiti sono stati degli occidentali. Erano ovviamente inevitabili strumentalizzazioni e dure prese di posizione riguardo all’accaduto, ma a intervenire – nella piena legittimità e libertà, sia ben chiaro – sono state anche personalità nel passato protagoniste di episodi forse non del tutto chiari e, in ogni caso, dai risvolti estrememnte controversi. Un notista politico, Brendan O'Neill, in un fondo pubblicato da “Spectator” il 3 aprile scorso, mouvendo dagli interventi di ex statisti del calibro di David Cameron, ed esecrando (ovviamente) la guerra, pone in discussione la sincerità dell’animus che ispirerebbe personalità del genere, facendo riferimento ai non pochi scheletri che si celerebbero, malamente per altro, negli armadi din non poche leadership occidentali. Egli, dunque, giunge a mettere in discussione, criticandoli duramente, quello che asserisce essere il «doppio standard» applicato oggi a Israele

In effetti, osservandole meglio in controluce, le operazioni militari effettuate più di recente (in diversa misura e attraverso il ricorso a diverse coalizioni) lasciano intravedere la filigrana, spesso costituita da eventi, per così dire, mediaticamente sconvenienti.

DOPPI STANDARD

Lo evidenzia con dovizia di particolari il notista politico Brendan O’Neill nel suo articolo pubblicato da “Spectator” lo scorso 3 aprile – https://www.spectator.co.uk/article/the-truth-about-israels-friendly-fire/ -, nel quale, prendendo le mosse dalla tragica vicenda delle sette persone (gli operatori umanitari della ong americana World Central Kitchen uccise da «fuoco amico» israeliano nella striscia di Gaza, giunge giunge a porre in discussione, criticandoli duramente, quello che asserisce essere il «doppio standard» applicato oggi a Israele. «Sui social media si leva il grido: “Israele lo ha fatto apposta” – egli argomenta -, ma sembra che Israele sia l’unico Stato al quale non è consentito commettere errori, laddove noi occidentali per bene uccidiamo gli amici “per errore”, gli israeliani lo fanno intenzionalmente e con malizia. I doppi standard sono sconcertanti. È ipocrita e ridicolo che i cittadini di paesi che hanno ucciso accidentalmente molte più persone di Israele ora facciano la predica a quest’ultimo».

SCHELETRI NEGLI ARMADI

In primo luogo, nel suo articolo O’Neill critica aspramente David Cameron, politico conservatore già primo ministro del Regno Unito e attuale segretario di Stato per gli Affari esteri, del Commonwealth e dello Sviluppo, nel gabinetto presieduto da Rishi Sunak. «Cameron – egli sottolinea – oggi accusa Israele per la tragica e involontaria uccisione di sette operatori umanitari a Gaza, ma lui stesso figurò tra i responsabili di una guerra nella quale gli orrori del “fuoco amico” furono all’ordine del giorno, e perirono sbaglio molte più di sette persone a causa dei bombardamenti». Ma se, come chiosa lo stesso notista politico, «in guerra accadono incidenti terribili», è anche vero che le opinioni pubbliche dimenticano spesso i particolari di certe strane guerre. Come quella che in Libia portò alla caduta del colonnello Gheddafi, scatenata quando Cameron risiedeva a Downing Street e che lo vide entusiasta cobelligerante al fianco della Francia e, poi, della NATO.

IFF: IDENTIFICATION FRIEND OR FOE

Da allora sono ormai trascorsi tredici anni, ma non tutti hanno dimenticato le morti dei tanti cittadini libici a causa degli errori negli attacchi delle artiglierie e dei jet occidentali. «Le cose andarono così male – ricorda O’Neill – che gli alleati dell’Occidente si videro costretti a verniciare le capote dei loro autoveicoli di colore rosa brillante onde cercare di evitare i missili della NATO. Il nostro “fuoco amico” provocò la morte di numerose persone e tra di esse i ribelli che si opponevano a Gheddafi e gli operatori sanitari delle ambulanze. Fu a seguito di questa strage che i nemici di Gheddafi ottennero la vernice rosa». Dove si trovava Cameron allora?, si interroga retoricamente O’Neill. «Oggi, illuminato dai riflettori della stampa internazionale chiede una spiegazione completa e trasparente di quanto accaduto a Gaza agli operatori umanitari della World Central Kitchen. Giusto. Tre delle persone rimaste uccise erano cittadini britannici, quindi è perfettamente logico che Londra pretenda delle esaurienti risposte, ma da un ex primo ministro artefice di conflitti nei quali si sono verificati incidenti analoghi si pretenderebbe che comprenda come, purtroppo, in una guerra sanguinosa il fuoco amico sia praticamente inevitabile».

UNA INDEFETTIBILE PREMESSA

«Questo non significa certamente minimizzare l’orrore di ciò che è successo nella striscia di Gaza lo scorso lunedì – tiene a precisare il notista politico di “Spectator” -, infatti, che dei civili siano stati uccisi mentre cercavano di aiutare la gente, mentre cercavano di consegnare del cibo, è orrendo. È quindi più che giusto che il presidente israeliano Isaac Herzog abbia chiesto scusa per quelle morti e che Gerusalemme si sia impegnata ad andare a fondo dell’accaduto. Eppure c’è qualcosa che non va. Qualcosa addirittura di nauseante in tutto questo accusare da parte dell’Occidente. E non si tratta soltanto di Cameron, perché sull’argomento è intervenuto anche il presidente degli Stati Uniti d’America, Joe Biden. Egli si è detto indignato a causa dell’uccisione degli operatori umanitari a Gaza, ma, non si può fare a meno di chiedersi se un’indignazione simile sia stata suscitata dalle forze armate del suo stesso paese quando trentasette civili afgani, in massima parte donne e bambini, perirono durante una festa di matrimonio uccisi per errore da un attacco aereo statunitense».

MORTI CHE «COSTANO DI MENO»

«Smettetela di uccidere i civili afghani!», protestò vibratamente in quell’occasione il presidente afghano Hamid Karzai rivolgendosi al neoeletto inquilino della Casa Bianca, Barack Hussein Obama. «E chi era il vicepresidente di Obama a quel tempo?», si interroga retoricamente O’Neill, quindi prosegue: «Ora, da un leader le cui forze armate al suo comando hanno ucciso per errore un gran numero di persone è lecito attendersi che comprenda che queste cose, purtroppo, in una guerra sanguinosa accadono, seppure ogni persona di buon senso auspicherebbe che non accadessero? Per non parlare poi dell’Iraq, dove in numerosi casi di “errore” o “fuoco amico” numerosi civili, donne e bambini inclusi sono rimasti uccisi a causa del fuoco americano. È mai stata fornita una spiegazione completa e trasparente di quei tragici fatti? Tuttavia, ciò che colpisce della considerazione fatta dell’errore commesso dai militari israeliani è che esso non viene affatto ritenuto effetto di “fuoco amico”, bensì di un’azione deliberata».

LE RESPONSABILITÀ DEI MASSACRI

«In guerra si verificano incidenti terribili, perché la guerra in sé è un inferno – conclude O’Neill -, e se odiate la guerra a Gaza, come dovreste, allora dovreste rivolgere la vostra ira contro Hamas, il gruppo terroristico virulentemente antisemita che questa guerra ha iniziato il 7 ottobre con il suo pogrom contro la popolazione israeliana nel sud dello Stato ebraico. Le sette generose persone di World Central Kitchen oggi sarebbero vive se Hamas non avesse preso la decisione di riversare la sua barbarie razzista su Israele».

Leggi l’intero articolo al seguente indirizzo web: https://www.spectator.co.uk/article/the-truth-about-israels-friendly-fire/

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