MEDIA, comunicazione e tecnologie. La situazione italiana: carenze, opportunità e rischi nell’era della pandemia da Covid-19

Nell’intervista con VINCENZO VITA, che presenta il suo ultimo saggio “Rosso digitale: l’algoritmo di Marx”, ripercorse le fasi storiche che hanno portato il sistema mediatico del Paese alla condizione attuale. L’abortito sviluppo della televisione via cavo ha portato poi al mancato cablaggio completo con le fibre ottiche del territorio nazionale. Inoltre viene affrontato il rapporto tra politica, comunicazione e opinione pubblica, la sua evoluzione (o involuzione) e i suoi mutamenti epocali. Infine, i pericoli insiti nell’impiego delle nuove tecnologie

Quali sono le ragioni alla base dell’irrealizzato cablaggio mediante fibre ottiche del territorio italiano?
Secondo Vincenzo Vita – autore del libro “Rosso digitale: l’algoritmo di Marx”, saggio edito per i tipi della Manifesto Libri – il “peccato originale” andrebbe ricondotto all’abortito sviluppo delle cosiddette «televisioni via cavo», volute dagli industriali del settore telefonico nei primi anni Settanta, poiché essa «fu l’antesignana della trasmissione del segnale per mezzo delle fibre ottiche».
Egli parte dunque da lontano, risalendo a una fase storica nella quale si registrò il primo – affatto timido – tentativo delle emittenti televisive private iniziarono ad affacciarsi sul panorama mediatico, allora caratterizzato dal monopolio della Rai.
È da lì che Vita, dallo storico esperimento di Tele Biella, attraverso alcune fondamentali tappe ripercorse nel libro e nell’intervista resa a insidetrend.it, analizza il rapporto tra politica e comunicazione, fino a quando, alcuni decenni dopo, la seconda ha invertito i rapporti funzionali divenendo egemonica rispetto alla prima.
Lo scontro politico ed economico sull’emittenza via cavo portò alla rigida divisione delle competenze che si sarebbe protratta negli anni: alla Stet (che allora controllava la Sip, società per l’esercizio telefonico) la telefonia, alla Rai quella sulla televisione (che trasmetteva via etere).
La “destra economica” del Paese e alcuni settori della politica fecero di tutto per mettere in discussione il monopolio radiotelevisivo dell’azienda pubblica di Viale Mazzini, allora nelle mani della Democrazia cristiana e, in misura minore, di alcuni suoi alleati di governo.
Era infatti la Dc, attraverso il suo complesso e spietato gioco di correnti interne, che esprimeva il potente e abile direttore generale, il “fanfaniano di ferro” Ettore Bernabei.
Gli anni passarono e con loro i progetti di riforma dell’assetto radiotelevisivo, sia quelli falliti che quelli realizzati, fino all’irrompere sulla scena di Silvio Berlusconi, che a partire dai primi anni Novanta contribuì a ridefinire il meccanismo del consenso in Italia.
Si trattò di una fase di profondi mutamenti nella quale «la comunicazione divenne politica», in un momento in cui quest’ultima – sempre secondo l’autore – «non aveva ancora compreso il nuovo rapporto diretto, quindi non più mediato, che si andava sempre prepotentemente instaurando tra il “comunicatore” e l’opinione pubblica».
Un processo favorito dalla compressione dei tempi di comunicazione e dall’avvento di tecnologie innovative, quelle medesime tecnologie sul quale impiego Vita si interroga, giungendo anche a prospettare degli inquietanti sviluppi nel prossimo futuro.
La pandemia attualmente in corso ha messo in discussione numerose certezze che, soltanto fino a poche settimane fa, erano proprie dell’homo tecnologicus, è andato in parte perduto quell’affidamento salvifico alla supposta capacità di risoluzione di problemi come, appunto, la pandemia da Covid-19.
Inoltre – aggiunge l’autore – «nell’uso delle nuove tecnologie sono insiti dei pericoli in grado di condurre all’estinzione del genere umano, dato che nel rapporto uomo-macchina determinato dall’evoluzione tecnologica spinta, le macchine, in assenza di una scienza che le governi, possono sfuggire di mano all’uomo».
Questo varrebbe per la robotica come per l’intelligenza artificiale, ma anche per le incontrollate capacità di calcolo di strutture private come Google e Facebook, che raccolgono e processano diuturnamente mole enormi di dati personali, i cui risultati sul piano analitico sono in un fase successiva potenzialmente utilizzabili praticamente a vari fini.
Nello spettro temporale e tematico del suo saggio Vita affronta dunque opportunità e lacune del sistema, concentrando il focus sulla compiuta «egemonia del web sulla televisione generalista» in un contesto nel quale il Paese evidenzia le sue gravi deficienze sul piano strutturale, ancora privo di un completo cablaggio con fibre ottiche e perennemente afflitto dal micidiale combinato composto di digital divide e cultural divide, criticità accentuatesi nell’attuale condizione emergenziale che costringe a un intenso e continuato ricorso a Internet, fenomeno che genera “picchi” sulla stretta banda dello spettro elettromagnetico.
Telemedicina, telelavoro e didattica da remoto stanno mettendo a dura prova il sistema italiano delle telecomunicazioni in attesa dell’avvento del 5G.
Di seguito è possibile ascoltare l’audio integrale dell’intervista (A238)

A238 – MEDIA E COMUNICAZIONE: CARENZE, OPPORTUNITÀ E MUTAMENTI NELL’ERA DEL CORONAVIRUS. Presentazione del libro “Rosso digitale: l’algoritmo di Marx”.
VINCENZO VITA, autore del saggio edito per i tipi di Manifesto Libri, già sottosegretario al Ministero delle Telecomunicazioni ed esperto della materia, dagli incunaboli delle emittenti televisive private allo smart working imposto dalla pandemia in atto, ripercorre passato e presente di comunicazione, politica e possibili società in Italia, proiettando alcuni inquietanti interrogativi sulle possibili incognite future poste dallo sviluppo incontrollato delle nuove tecnologie, tra le quali la robotica e l’intelligenza artificiale (AI).

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