AFRICA, Mozambico. L’accordo di pace di Maputo

La lunga tormentata strada di Maputo verso la stabilità. Dall’immediatezza dell’affrancamento dal giogo coloniale portoghese, col pluridecennale scontro tra FreLiMo e ReNaMo, all’Accordo generale di Pace del 1994. Fino a oggi, all’auspicata «Paz definitiva». La continua mediazione della Comunità di Sant’Egidio. A insidertrend.it parla don Angelo Romano, sacerdote cattolico che ha partecipato alle trattative

Quanti ricordano ancora la drammatica vicenda esistenziale di Samora Moisés Machel, politico e rivoluzionario, leader del Frente de Libertação de Moçambique (FreLiMo) e primo presidente del Paese africano divenuto indipendente a seguito del ritiro portoghese?

Il 19 ottobre 1986 Machel perse la vita tragicamente a cinquantatré anni in circostanze mai del tutto chiarite precipitando con il suo aereo, un Tupolev Tu-134, mentre rimpatriava da un meeting internazionale che aveva avuto luogo nello Zambia.

Accadde nei pressi del confine con lo Swaziland e i Sudafrica, nell’incidente perirono tra gli altri anche molti membri del governo mozambicano. Il sospetto fu quello che non si fosse trattato di un incidente, bensì di un’azione preordinata alla sua eliminazione fisica, tuttavia la successiva inchiesta congiuntamente da Maputo e Pretoria non fu in grado di avvalorare quella ipotesi.

Erano i tempi del Sudafrica dell’apartheid del confronto bipolare tra i due blocchi facenti capo alle superpotenze rivali, Urss e Usa.

Il Mozambico postcoloniale vide la luce in quel clima aspro e non sfuggì al destino di numerosi altri paesi del Terzo mondo come lui, trascinati dal vortice delle guerre civili ed etniche, dai conflitti regionali e dalla guerra fredda.

Il 4 ottobre 1992 il presidente mozambicano e segretario del FreLiMo Joaquim Chissano e Alfonso Dhlakama, leader della Resistência Nacional Moçambicana (ReNaMo) firmarono a Roma un Accordo generale di pace che mise fine a diciassette anni di guerra civile, un conflitto che aveva provocato centinaia di migliaia di vittime e oltre tre milioni di profughi, persone in cerca di rifugio sia all’interno dell’ex colonia portoghese che nei Paesi africani confinanti.

Si trattò del coronamento positivo di un processo negoziale durato più di un anno, che nell’opera di mediazione vide protagonista la Comunità di Sant’Egidio. Infatti furono proprio alcuni membri di essa – tra i quali il suo fondatore Andrea Riccardi e don Matteo Zuppi, in seguito incardinato arcivescovo di Bologna -, a favorire il dialogo tra le parti in lotta, in uno sforzo comune profuso assieme al vescovo mozambicano ordinario di Beira, Jaime Gonçalves, e a Mario Raffaelli, esponente del Governo italiano,

I termini dell’Accordo generale di pace stabilirono la deposizione e la consegna delle armi alle forze dell’Onu da parte della guerriglia, la successiva integrazione degli ex combattenti nell’esercito regolare mozambicano, la pacificazione delle zone rurali del Paese, la bonifica delle aree minate e una transizione dal confronto armato alla coesistenza fondata su regole costituzionali e democratiche.

Le elezioni del 1994 avrebbero dovuto sancire il successo del difficile percorso negoziale, aprendo al Mozambico orizzonti d pace.

Si avviò certamente un processo di normalizzazione e di crescita, sia economica che sociale. Non poteva essere certamente semplice, poiché lasciarsi alle spalle le enormi difficoltà e le sofferenze di una lunga e sanguinosa guerra civile, per affrontare le nuove sfide poste dall’economia e dalle relazioni internazionali in un mondo globalizzato avrebbe significato intraprendere un percorso irto di ostacoli.

Il dopoguerra si caratterizzò per la dialettica politica aspra e, non infrequentemente, per la conflittualità, come quando nel 2013 il ReNaMo, non sentendosi garantito, riprese la guerriglia, costringendo così la comunità internazionale a un ennesimo sforzo di mediazione. Divenne sempre più fondato il pericolo di una frattura della fragile unità del Mozambico.

Tuttavia – aspetto positivo -, si pervenne anche a un’accettazione delle regole costituzionali da parte dei capi dello stato succedutisi alla guida del Paese.

Dopo essersi affermato alle elezioni del 1999 Joaquim Aberto Chissano (secondo presidente della repubblica, in carica dal 1985 al 2005) rinunciò a una terza candidatura. Lo stesso fece il suo successore Armando Emilio Guebuza, vincitore alle elezioni del 2005 e del 2009, che nel 2015 si ritirò al termine del suo secondo mandato, lasciando la carica al nuovo presidente, Felipe Jacinto Nyuzi.

Nel frattempo, nel Paese venne avviata la ricostruzione, a partire dalla rete infrastrutturale, delle comunicazioni, del sistema scolastico e di quello sanitario.

A quel punto la pace assunse anche il significato – e per ceti aspetti anche l’onere – della formazione delle giovani generazioni che non avevano conosciuto la guerra, sia nelle scuole che nelle università, attraverso la diffusione della cultura della solidarietà e della gratuità, premesse a una società pluralista e pacifica.

In venticinque anni nel Paese vennero registrati evidenti cambiamenti. Accantonato il marxismo che originariamente informò la sua azione, il FreLiMo applicò gli schemi del libero mercato seguendo dappresso la linea tracciata dal Fondo Monetario Internazionale.

Sotto la sua guida in Mozambico vennero varati radicali ed estesi piani di privatizzazione che condussero anche al conseguimento di ragguardevoli risultati in termini macroeconomici.

Negli anni Duemila il prodotto interno lordo (Pil) si è incrementato notevolmente favorendo la nascita di una classe media, soprattutto nelle maggiori città, a cominciare da Maputo e da Nampula, capitale economica nel Nord del Paese.

Al pari del resto del continente africano, anche in Mozambico è stato registrato un incremento del fenomeno migratorio dalle campagne con un conseguente aumento della popolazione urbanizzata. Cresciute anche le disuguaglianze e la corruzione.

Nonostante i tentativi di sviluppo il Mozambico permane ancora uno dei paesi più poveri del pianeta, ancorché sia potenzialmente ricco di risorse, come le grandi riserve di carbone e di idrocarburi, oltreché che di oro e diamanti, senza poi dimenticare il turismo costiero.

Tuttavia il modello di sviluppo mozambicano non si è rivelato sufficientemente inclusivo e a un aumento del livello di benessere di parte della popolazione ha corrisposto una parallela crescita del numero dei soggetti marginalizzati.

I grandi progetti di investimento legati allo sfruttamento minerario ed energetico (in Mozambico è presente anche l’Eni) non hanno avuto ricadute occupazionali all’altezza delle aspettative, anche a causa delle oscillazioni dei prezzi delle materie prime sui mercati internazionali.

Così Maputo si è trovata di fronte a una serie di problemi, come la riduzione delle proprie riserve di valuta internazionale, il crollo della sua moneta nazionale (il Metical) e l’aumento del debito pubblico.

Oggi, dopo un lungo periodo di tensioni tra governo e opposizione, localizzate soprattutto nelle regioni centrali, i negoziati di pace avviati nel luglio del 2016 hanno condotto a una graduale distensione.

Dalla tregua militare a tempo indeterminato in vigore nel Paese, si è finalmente giunti alla «Paz definitiva» sancita con l’Accordo per la pace e la riconciliazione siglato il 7 agosto scorso.

Anche stavolta al conseguimento di questo importante obiettivo ha contribuito la Comunità di Sant’Egidio, che ha visto la presenza alla cerimonia di Maputo di una propria delegazione composta da monsignor Matteo Zuppi, Chiara Turrini e Nelson Moda.

Se reggeranno, gli accordi porranno termine a un periodo di tensioni politiche e militari. Essi fissano infatti le regole relative al processo di smilitarizzazione, disarmo e reintegrazione dagli ex combattenti della ReNaMo.

Nel corso dell’evento il suo leader, Ossufo Momade, ha ringraziato il presidente Filipe Jacinto Nyusi «per aver emarginato le forze contrarie alla pace».

Quest’ultimo ha a sua volta voluto ribadire la propria ferma volontà di ricorrere al dialogo in caso di qualunque controversia e di non mettere mai più a rischio la pace raggiunta a Roma nell’ottobre del 1992.

 

A176 – AFRICA, MOZAMBICO: ACCORDO DI PACE, a Maputo le parti in lotta siglano l’intesa per la «Paz definitiva». A insidertrend.it parla don Angelo Romano, sacerdote cattolico della Comunità di Sant’Egidio che ha partecipato alle trattative.

Il lungo e tormentato percorso verso la cessazione delle ostilità e la stabilità: dall’immediatezza dell’affrancamento dal giogo coloniale portoghese, col pluridecennale scontro tra FreLiMo e ReNaMo, all’Accordo generale di Pace degli anni Novanta. Oggi, finalmente si è giunti all’auspicata «Paz definitiva», anche grazie alla continua mediazione della Comunità di Sant’Egidio. (20 agosto 2019)

 

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