CRISI ROJAVA 2. La promessa rinnegata e gli interessi dietro la crisi curda

I curdi sono da sempre una spina nel fianco della Turchia che vede nel Rojava l’anticamera di quel Kurdistan che potrebbe destabilizzarla, dal momento che nel Paese si contano almeno 17 milioni di abitanti curdi.

Nel trattato di Sèvres del 1920, le nazioni vincitrici della prima guerra mondiale promisero al popolo curdo un loro Stato che sarebbe nato attraverso la cessione di territori dell’impero ottomano, situati in Turchia, Iran, Siria e Iraq.

La promessa non venne mantenuta e il popolo curdo è da allora rimasto in condizioni di minoranza nei rispettivi paesi, diventando uno dei più grandi gruppi etnici del mondo senza unità nazionale.

UN VUOTO POLITICO CHE PRESTO SARA’ RIEMPITO

Quella del Rojava è una crisi sulla quale incombono gli interessi di altri due attori poco distanti che hanno evidenti ambizioni egemoniche nel teatro mediorientale: l’Arabia Saudita e l’Iran.

A dividere queste due potenze locali è anche la faglia religiosa che divide il mondo islamico. L’Arabia Saudita è un paese a maggioranza sunnita, mentre l’Iran vede una preponderante dominanza sciita. Due nazioni che stanno già combattendo per procura nello Yemen.

I sauditi legati al campo occidentale da consolidati interessi geopolitici, mentre l’Iran, con la sua rinnovata corsa al nucleare è considerato una minaccia sia dagli Stati Uniti che dall’Arabia Saudita.

La dichiarazione di Trump, oggi attento soprattutto a schivare l’impeachment per cercare un secondo mandato, ha dunque messo in gioco interessi contrastanti e anche la Russia, che già sostiene Bashar Assad.

Tutto ciò nel diffuso disinteresse dell’Europa che all’assunzione di ogni tipo di responsabilità preferisce sperare che Trump, “nella sua ineguagliata saggezza” – come scriveva nel tweet in cui annunciava il ritiro delle truppe – non ci ripensi.

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