ECONOMIA, decreto prezzi e sciopero benzinai. I sindacati confermano l’agitazione per i prossimi 25 e 26 gennaio

La trattativa col governo resta tuttavia aperta nell’attesa di un’eventuale modifica della posizione dell’esecutivo di destra in carica. Per il momento, dunque, le pompe chiuderanno, ma si lavora a un nuovo confronto con Palazzo Chigi che rafforzi l’intenzione di non speculare sulla vicenda

I sindacati del settore (Fegica e Figisc/Anisa) hanno dunque confermato lo sciopero indetto per i giorni mercoledì 25 e giovedì 26 gennaio, ribadendo mediante un comunicato congiunto di rimanere «in attesa delle valutazioni del Governo» allo scopo di «fare emergere la serietà e competenza richiesta». Essi hanno concesso all’esecutivo di destra presieduto da Giorgia Meloni il massimo del tempo possibile per ritornare sulla propria decisione, cioè fino a un minuto prima della chiusura degli impianti di distribuzione di carburanti.

LO SCIOPERO PERMANE CONGELATO

Il comunicato congiunto è stato diffuso a seguito dell’incontro tecnico avuto con il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che ha avuto luogo nella sede dicasteriale dopo che questi era stato audito al Senato sul tema del settore delle telecomunicazioni. I sindacati dei benzinai hanno indetto lo sciopero a seguito delle non gradite dichiarazioni pubbliche rese dagli esponenti della maggioranza di governo, che avevano alimentato il clima di criminalizzazione della categoria parlando di «gravi speculazione» poste in essere sui prezzi alla pompa. In seguito, mentre l’esecutivo stava definendo i termini del decreto sulla trasparenza dei prezzi, un incontro tra le parti aveva portato al congelamento dello sciopero.

IL «DECRETO PREZZI» NON PIACE AI BENZINAI

Tuttavia, una volta pubblicato in Gazzetta ufficiale, il testo del provvedimento governativo sui prezzi non è stato apprezzato dai benzinai, che hanno quindi confermato l’agitazione. Al momento, pur permanendo indetta la due giorni di sciopero dei distributori di carburanti, è comunque attesa giovedì un ennesimo confronto tra i sindacati di categoria (che non risultano del tutto allineati sulla medesima base di trattativa con la controparte) e il Governo Meloni, con lo stesso ministro Urso che si è detto disponibile a una revisione del decreto prezzi affinché si eviti la serrata alle pompe, «ovviamente c’è un percorso parlamentare – ha egli affermato -, le modifiche possono arrivare dal Parlamento o su iniziativa del Governo».

LA DURA POSIZIONE DELLE ORGANIZZAZIONI SINDACALI

«Ancora oggi il Governo non ha saputo o voluto assumere la responsabilità di prendere impegni concreti sulle questioni che direttamente possono incidere anche sui prezzi dei carburanti. Immaginando evidentemente di poter continuare ad ingannare gli automobilisti gettando la croce addosso ai benzinai», dichiarano però le organizzazioni della categoria, confermando il loro «pessimo giudizio» espresso sul decreto, che definiscono «pasticciato e inefficace», al quale, sottolineano, si renderà necessario «porre mano pesantemente in sede di conversione» poiché «abbiamo proposto con serietà al Governo di assumere alcune iniziative tutte ispirate al recupero della piena legalità nel settore ed al ripristino di un sistema regolatorio certo, con l’obiettivo di adeguare efficienza e gli standard di servizio offerti agli automobilisti italiani e ottenere la proposizione di prezzi dei carburanti equi e stabilmente contenuti».

UNA RIFORMA DEL SETTORE NEL MEDIO PERIODO

Nel medio periodo viene ritenuto necessario un confronto sulla riforma del settore, un’iniziativa, cioè, volta a chiudere settemila impianti che, secondo una stima prudente, sarebbero attualmente nelle mani della criminalità più o meno organizzata. Quindi recuperare al gettito erariale tredici miliardi di euro sottratti ogni anno alle casse dello Stato e, infine, ripristinare le condizioni di mercato e di concorrenza «non drogate». Aggiungono i sindacati: «Varare urgentemente una norma che preveda controlli e sanzioni attualmente inesistenti a carico dei titolari degli impianti che non rispettano gli obblighi di legge imposti sui contratti di gestione e gli accordi collettivi, posto che almeno il 60% dei gestori è senza contratto o con contratti illegali e condizioni economiche minime».

CONCESSIONI NELLE AREE DI SERVIZIO IN AUTOSTRADA

Essi chiedono che a Palazzo Chigi si apra immediatamente il confronto anche sulla regolamentazione delle concessioni nelle aree di servizio autostradali, poiché «finalmente alle società concessionarie venga sottratta la possibilità di sfruttare a proprio esclusivo beneficio economico un bene in concessione pubblica come le autostrade e possano essere adeguati sia la qualità dei servizi che i prezzi attualmente fuori controllo». La risposta dell’esecutivo è giunta per bocca del ministro Urso, con la conferma della prosecuzione del confronto: «Questo tavolo andrà avanti perché è un obiettivo del governo. Riteniamo che il settore sia strategico (…) abbiamo manifestato l’intenzione a migliorare e accogliere le richieste (dei gestori e dei titolari degli impianti, n.d.r.) se in sintonia rispetto alla necessità di dare miglior trasparenza alla dinamica dei prezzi e contenere effettivamente ogni tentativo speculativo».

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