IRAN, nucleare. Rouhani «celebra» le nuove centrifughe per l’arricchimento dell’uranio di Natanz

In occasione del «National Nuclear Technology Day» la Repubblica Islamica ha inoltre annunciato anche l’effettuazione di una serie di test sulle più veloci centrifughe IR-9. Esse consentono l’arricchimento dell'uranio in quantità maggiori e in tempi più rapidi rispetto ai dispositivi della prima generazione, gli unici per i quali è consentito l’uso sulla base dell'Accordo raggiunto nel 2015 con Usa, Ue, Cina e Russia

L’Iran ha avviato nuove centrifughe per l’arricchimento dell’uranio, lo ha reso noto la televisione di Stato della Repubblica Islamica, che ha annunciato la messa in servizio di nuove centrifughe modernizzate in grado di arricchire più rapidamente l’uranio, il cui utilizzo, tuttavia, sulla base dei termini dell’Accordo sul nucleare raggiunto nel 2015 è vietato.

Rouhani al «National Nuclear Technology Day»

Il presidente Hassan Rouhani, nel corso della cerimonia video trasmessa in occasione del National Nuclear Technology Day, ha ufficialmente inaugurato una linea di 164 centrifughe modello IR-6, oltre a una ulteriore IR-5, che va ad aggiungersi alle trenta già in funzione, apparecchiature installate nel complesso nucleare di Natanz, nel quale viene arricchito l’uranio.

Teheran ha inoltre annunciato anche l’effettuazione di una serie di test sulle più veloci centrifughe IR-9, rendo noto che esse sono attualmente oggetto di sperimentazione e che quando si renderanno del tutto operative raggiungeranno velocità cinquanta volte superiori rispetto alla prima centrifuga iraniana, la IR-1.

Nel corso della trasmissione televisiva della cerimonia la televisione di Stato iraniana non ha tuttavia mandato in onda immagini delle centrifughe, limitandosi all’effettuazione di un collegamento con gli ingegneri dello stabilimento di Natanz, che hanno dichiarato di aver introdotto esafluoruro di uranio nelle centrifughe dopo aver ricevuto l’ordine direttamente da Rouhani.

Le IR-5 e le IR-6 consentono un arricchimento dell’uranio in quantità maggiori e in tempi più rapidi rispetto ai dispositivi iraniani della prima generazione, gli unici per altro consentiti dall’Accordo raggiunto nel 2015 con Usa, Ue, Cina e Russia.

Le centrifughe, il cruccio degli ayatollah

Behrouz Kamalvandi, portavoce dell’Agenzia atomica iraniana ha oggi pubblicamente dichiarato che: «Il numero delle nostre centrifughe e la quantità di materiale nucleare arricchito stanno aumentando rapidamente», come a voler sgomberare il campo dagli eventuali residuali dubbi sulle capacità di Teheran di dotarsi di una tecnologia adatta a un programma nucleare che negli ultimi dieci anni, nonostante la propaganda, si è caratterizzato per le difficoltà e i rallentamenti.

Ma per gli iraniani, almeno a partire da un certo momento, le centrifughe per la separazione dell’uranio hanno sempre costituito uno dei problemi più gravi che hanno afflitto il loro programma di sviluppo nucleare.

Originariamente, la tecnologia necessaria allo scopo venne trasferita in parte dai tedeschi, incluse le prime turbine della Siemens che facevano funzionare le velocissime centrifughe. Tuttavia, queste ultime, proprio in ragione delle loro caratteristiche, dovevano impiegare sistemi di sospensione a cuscinetti a gas inerte (elio), supporti attorno ai quali «galleggiando» giravano vorticosamente gli alberi delle turbine, altrimenti, ricorrendo ad altri tipi di cuscinetti l’attrito li avrebbe portati alla fusione.

Una tecnologia estremamente sofisticata, sviluppata in Occidente dalla Siemens e dall’americana Garett, della quale però gli iraniani non hanno ancora raggiunto la capacità di replica. Un handicap che riduce del 80-90% l’efficienza delle numerose centrifughe allineate all’interno dei loro impianti di arricchimento dell’uranio.

Washington-Teheran: un dialogo a singhiozzo

Nel corso della cerimonia il presidente della Repubblica Islamica aveva avuto modo di ribadire che il programma nucleare in fase di sviluppo in Iran «è finalizzato esclusivamente a scopi pacifici e civili».

In precedenza, per la prima volta proprio durante questa settimana, l’amministrazione Biden aveva riaperto un dialogo con gli ayatollah, seppure in forma indiretta, comunicando con la delegazione iraniana per il tramite di intermediari europei, colloqui che, però, erano stati interrotti venerdì nella previsione da parte americana di una possibile situazione di stallo derivante dalle richieste di Teheran di revocare tutte le sanzioni imposte da Trump a partire dal 2017.

Sempre nella giornata di venerdì, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica aveva reso noto che gli iraniani avevano nuovamente violato i limiti delle loro scorte di uranio arricchito, recuperandone una parte – quella eccedente i limiti imposti dal trattato noto come Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA) -, da piastre di combustibile di scarto prodotte in un impianto di Esfahan. Il rapporto dell’AIEA non affermava esplicitamente che fossero stati violati i termini dell’accordo, tuttavia essa solitamente rende pubblici tali rapporti quando si verificano violazioni.

Si tratta di una ridotta quantità che, però, rischia di arrestare nuovamente i negoziati che, timidamente e a fatica, avevano iniziato a riprendere.

Limitare le capacità missilistiche iraniane

In parallelo al programma nucleare, americani e israeliani non perdono di vista gli sviluppi del sistema d’arma complementare a una eventuale atomica iraniana: i vettori. Allo scopo Washington sta cercando di giungere a un altrettanto difficile accordo con la Repubblica Islamica anche su questo tavolo, perseguendo l’obiettivo della sensibile limitazione delle capacità di Teheran nel settore missilistico.

Bloccare, dunque, almeno lo sviluppo e la successiva immissione in linea di vettori aventi un raggio operativo utile di duemila chilometri e più, anche alla luce del crescente livello di precisione raggiunto dalla tecnologia iraniana in materia di missili balistici, come è stato dimostrato dall’attacco contro la base aerea irachena di Ayn al-Asad del gennaio 2020, nel corso del quale la maggior parte dei lanci di missili a corto raggio è andata a segno.

Il test iraniano del «Khorramshahr» costituirebbe la prova dei concreti progressi iraniani nel settore dei missili balistici. Si tratta di un vettore a medio raggio a singolo stadio, alimentato però da combustibile liquido, sistema che gli analisti ritengono sia stato fatto derivare dal nordcoreano Hwasong (noto anche come BM-25 o Musudan), a sua volta basato sul R-27 (SS-N-6) russo.

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