MEDIO ORIENTE, Golfo Persico. Petromonarchie in lotta per la supremazia strategica e finanziaria nella regione: Riyadh intensifica i propri sforzi

I sauditi vogliono sostituire gli Emirati Arabi Uniti e il Qatar nel ruolo di «hub» regionale. L’analisi della dinamica fatta da James M. Dorsey per il Begin-Sadat Center for Strategic Studies di Bar-Ilan. Le ragioni, sia palesi che non dichiarate, della epocale diversificazione economica voluta da Muhammad bin Salman

L’ultima pubblicazione del BESA Center Perspectives Paper n. 2.089 sull’argomento risale al 6 luglio scorso, ed è a firma James M. Dorsey  – https://besacenter.org/saudi-arabia-regional-hub/ -, in essa si illustra come l’Arabia Saudita abbia intensificato i propri sforzi al fine di escludere sia gli Emirati Arabi Uniti (EAU) che il Qatar dalla strategica posizione di hub commerciale, culturale e geostrategico del Golfo Persico (…o Golfo Arabico, che dir si voglia).

LA STRATEGIA DI RIYADH

La strategia di Riyadh è quella di insidiare le petromonarchie minori del Golfo allo scopo di meglio posizionare quella degli al-Saud quale destinazione di eventi sportivi di rilievo una volta che il Qatar abbia esaurito il suo momento di celebrità grazie ai Campionati mondiali di calcio del 2022. Contestualmente, i sauditi sono attivi per assicurarsi una partecipazione nella gestione dei porti e dei terminali regionali attualmente controllati dagli emiratini e, in misura minore, da Doha.

Il primo passo è stato quello di annunciare che a partire dal 2024 il Regno avrebbe cessato di concludere affari con società estere la cui sede regionale non fosse basata nel territorio saudita, questo a fronte di una posizione sfavorevole nella classifica della Banca mondiale relativa ai paesi preferiti come luoghi sede del business internazionale, cioè l’Ease of Doing Business Index, dove Dubai risulta al 16º posto distaccando di molto Riyadh, attestata soltanto al 62º.

GLI EAU NEL MIRINO DI MBS

Risulterebbe dunque evidente come i sauditi abbiano inquadrato nel loro mirino gli emiratini, mentre i qatarini già si trovavano «sotto tiro».

La posta in gioco è molto alta. Sottolinea infatti Dorsey  nel suo lavoro per il BESA Center che il gruppo DP World di Dubai attualmente gestisce ottantadue terminal marittimi e interni in più di quaranta paesi nel mondo, tra i quali figurano Gibuti, Somaliland, Egitto, Turchia, Cipro e la stessa Arabia Saudita.

Seppure l’autore dell’analisi affermi che l’espansione di Riyadh nella gestione dei porti e dei terminali non sarebbe guidata primariamente da considerazioni di natura  geostrategica, egli però aggiunge che il Red Sea Gateway Terminal (RSGT) saudita (supportato dal fondo sovrano saudita Public Investment Fund – PIF), ha reso noto il proprio interesse per queste infrastrutture in quanto vitali ai fini delle importazioni nel Regno, quali quelle legate alla sicurezza alimentare.

LA SICUREZZA ALIMENTARE DI RIYADH PASSA PER I PORTI

Nello scorso mese di gennaio, sia PIF che la cinese Cosco hanno assunto il controllo di una quota pari al 20% del capitale di RSGT.

L’investimento cinese si inserisce nella più ampia strategia nota come Belt and Road Initiative, che prevede l’acquisizione di partecipazioni in porti e terminal nella regione, dove Pechino ha da qualche tempo insediato una propria base militare a Gibuti.

Allo specifico riguardo, il CEO di RSGT Jens Floe ha dichiarato che la società prevede di investire in almeno tre porti nei prossimi cinque anni, ponendo il focus su Sudan ed Egitto, scali marittimi importanti nella strategia di sicurezza alimentare saudita.

Non solo, si registra un incrementato interesse dei sauditi per fenomeni sociali quali   lo sport e il tempo libero, anche per soddisfare i bisogni delle generazioni più giovani del Regno, oggi oltre la metà della sua popolazione complessiva.

UNA OPERAZIONE DI IMMAGINE

Si può discutere se tutto questo rientri nella Vision 2030 di Muhammad bin Salman oppure si tratti di una operazioni di immagine concepita  a tavolino dal principe nel tentativo di spazzare sotto il tappeto gli effetti negativi sulle opinioni pubbliche internazionali delle violazioni dei diritti umani commesse negli ultimi tempi (incluso il barbaro assassinio del giornalista Jamal Khashoggi, sicuramente si tratta di una sfida all’iperattivo Qatar nello scenario regionale e mondiale.

Si stima che Riyadh abbia investito cifre stratosferiche allo scopo di proporsi come  ospite di eventi sportivi di respiro mondiale, come le finali dei campionati di calcio italiani e spagnoli, gare di Formula Uno, incontri di boxe, wrestling e snooker, contendendo alla rivale Doha e ad Abu Dhabi questa leadership nel Medio Oriente.

I SAUDITI ESPORTERANNO PIÙ IDROCARBURI

Le maggiori attenzioni rivolte allo sport si registrano nel momento in cui i sauditi intendono incrementare le loro capacità produttive nel settore petrolifero, passando da dodici milioni di barili al giorno a più di tredici, informati dal principio che gli sforzi globali per sostituire i combustibili fossili con fonti di energia alternative e meno inquinanti indurranno russi e americani a ridurre notevolmente i loro volumi estrattivi.

A Riyadh si ritiene che la domanda di materie prime energetiche espressa dai Paesi asiatici permarrà in costante crescita, seppure diminuirà invece in Occidente. Dorsey sottolinea come anche gli altri produttori del Golfo, tra i quali Emirati Arabi Uniti e Qatar, perseguono strategie simili.

Riyadh mira a svolgere un ruolo centrale nella fornitura di petrolio in una fase che, proprio grazie alla diversificazione energetica avviata in Occidente e in altri Paesi sviluppati, condurrà a un ampliamento dello spettro della domanda di idrocarburi rivolta al Regno, aspetto che negli auspici dei sauditi dovrebbe ridurre significativamente la sua dipendenza dalle esportazioni di energia.

L’analista del BESA Center conclude il suo lavoro con la considerazione che la diversificazione economica saudita in settori in precedenza mai praticati, come sport e turismo, che saranno funzionali anche a scopi diversi da quello del puro profitto, non scalzerà tuttavia dal centro della scena il vero protagonista, cioè l’energia.

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