ALGERIA, elezioni anticipate. La piazza rischia di esplodere nuovamente e Tebboune prova a «metterci una toppa» sciogliendo il parlamento

Rientrato dalla Germania dopo un periodo di ricovero in ospedale, il presidente algerino ha trovato un Paese in preda alle tensioni, conseguentemente, per evitare incidenti in occasione del prossimo anniversario della «Rivoluzione del sorriso» del 2019, che spodestò Bouteflika, si è rivolto direttamente alla popolazione annunciando tre «provvedimenti chiave». Da ieri nel Paese nordafricano c’è crisi politica; alla televisione Tebboune ha affermato di essersi preventivamente consultato con sei partiti, inclusi alcuni dell’opposizione: «Aprire le porte ai giovani», ha dichiarato

A seguito della sua lunga assenza dal Paese nordafricano, impostale dalla necessità di ricoverarsi in un ospedale tedesco, al suo ritorno il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune ha trovato però una situazione politica, istituzionale ed economica peggiorata rispetto a quella di per sé non certamente facile che aveva lasciato al momento della sua partenza per la Germania.

A pochi giorni dal 22 febbraio, giorno del secondo anniversario del divampare delle proteste popolari che in seguito, nell’aprile del 2019, portarono all’allontanamento dal potere dell’allora presidente Abdelaziz Bouteflika, egli ha ritenuto opportuno rivolgersi direttamente agli algerini mediante un discorso, pronunciato il 18 febbraio, data nella quale si celebra la Giornata Nazionale dei Martiri.

Tebboune è giunto a questa decisione pressato dal crescente malcontento e dopo avere incontrato il capo dello Stato e i leader dei partiti dell’opposizione, inclusi gli islamisti del Msp.

Una svolta articolata su tre punti chiave

Al primo punto in agenda figura il rilascio degli oppositori detenuti, quelli della seconda fase del movimento Hirak, che potrebbero venire liberati dalle carceri algerine per effetto di una grazia presidenziale.

Al riguardo va ricordato che il termine «Hirak» va ricondotto alle citate proteste di massa che ebbero luogo tra il 2019 e il 2020, note anche come «Primavera algerina», «Rivoluzione del sorriso» o, appunto, «movimento Hirak».

Inizialmente, a essere interessati dal provvedimento di clemenza di Tebboune dovrebbero essere all’incirca una trentina di persone, poi la grazia potrà venire estesa anche ad altre sessanta, cioè anche a quella parte di detenuti che si trovano ancora in attesa di giudizio.

Flemmatizzare la protesta

Attraverso il rilascio degli oppositori egli ritiene di sottrarre alla protesta uno dei suoi punti di forza, quello della brutale repressione del regime al potere, flemmatizzandola.

In effetti, le autorità di sicurezza di Algeri in precedenza non avevano esitato a reprimere con una serie di arresti l’opposizione espressa nel corso delle manifestazioni di piazza e sui social network, un movimento che tuttavia si era visto costretto a cessare le proprie attività soltanto in marzo e a causa della violenta diffusione dei contagi del virus Covid-19.

E agli arresti erano seguiti anche i maltrattamenti e, probabilmente, anche episodi di vera e propria tortura, denunciati da alcuni imputati durante i processi. Una mano pesante alla quale il potere aveva fatto ricorso violando per l’ennesima volta i diritti umani, una reazione alle pressioni esercitate dalla piazza che, però, non aveva fatto altro che provocare l’indignazione e il rigetto da parte dell’opinione pubblica nazionale.

Atti simbolici ma carceri piene

Dunque, oggi la parola d’ordine nei palazzi del potere di Algeri è «smorzare il clima di tensione», per lo meno nelle componenti meno radicali del movimento di opposizione, poiché altrimenti l’alternativa sarebbe lo scontro.

In fondo, fu lo stesso Tebboune al momento del suo insediamento alla presidenza all’inizio del gennaio del 2020 a compiere un simbolico atto di clemenza, firmando il dispositivo di rilascio di settantasei detenuti dell’Hirak, seppure nelle settimane seguenti quelle stesse celle sono state riempite nuovamente con nuovi arresti di oppositori.

Nella dialettica sclerotizzata del paese nordafricano Tebboune non esitò comunque a definire le manifestazioni successive alla deposizione di Bouteflika, generate anch’esse dal diffuso malcontento popolare, come «nichiliste» e rispondenti a strategie «dannose» per lo Stato algerino.

Elezioni legislative anticipate

Nel suo appello rivolto alla popolazione giovedì scorso, il presidente ha poi annunciato lo svolgimento di elezioni legislative anticipate, che dovrebbero venire indette forse in giugno, decisione che comporterà lo scioglimento del parlamento, l’Assemblea Nazionale del Popolo che, nelle sue forme e procedure, costituisce un’eredità della lunga e travagliata era del potere di Bouteflika.

In essa, attualmente il controllo politico viene esercitato da una maggioranza formata dai partiti FLN e RND, i cui vertici precedenti si trovano anche loro in carcere, ma per reati di corruzione.

Agli occhi dell’opinione pubblica algerina, quello che fino a poche ore fa era in carica appariva come un parlamento delegittimato dagli scandali, un’assemblea che tuttavia nel settembre scorso aveva votato il varo della riforma costituzionale fortemente voluta dal presidente.

Un uomo solo al comando (assieme ai militari)

Sciolta l’assemblea legislativa e, in attesa dell’elezione dei nuovi parlamentari, si apre un vuoto di potere politico che potrebbe durare per un periodo di almeno tre mesi.

Una vacatio colmata dall’azione del presidente, che sulla base del dettato costituzionale dispone della prerogativa di governare mediante decreti presidenziali nel corso dell’intero periodo di crisi politica, attuando così un proprio programma giustificato dall’emergenza in atto nel Paese.

Adesso gli interrogativi fino a poche ore fa soltanto abbozzati diventano numerosi. Il primo è: cosa succederà?

Tebboune e chi lo sostiene vivrà una parentesi effimera, visto che non gode più di una maggioranza né in parlamento e né nei sondaggi?

Egli ha recentemente reciso i legami col suo partito, il Fronte di Liberazione Nazionale e non gode di consenso neppure nel vertice e nell’apparato del RND.

Darà dei frutti una manovra di natura «populista» che conta su un ipotetico rinnovamento della classe politica e delle rappresentanze nazionale e locali? È davvero convinto che la società civile algerina e la massa sempre maggiore di giovani sfiduciati e arrabbiati possano seguirlo in questa sua avventura?

Ipotesi nuovo esecutivo: ma chi ci sta?

Il discorso-appello di Tebboune si è concluso con un terzo annuncio, quello di un prossimo, immediato, rimpasto di governo. Gli attenti osservatori delle vicende algerine ipotizzano che anche questa mossa risponderebbe ai timori di una sommossa in occasione del 22 febbraio, un provvedimento grave e importante, dall’impatto mediatico forte e mirato ad anestetizzare temporaneamente la protesta di piazza.

Si aprono delle incognite, poiché, in ogni caso, le trattative per la formazione di un nuovo esecutivo rispondente ai desiderata del momento sarebbero oltremodo difficili; che fine farebbe l’attuale primo ministro in carica Abdelaziz Djerad?

Tebboune riuscirà a imbarcare nell’esecutivo delle personalità provenienti dall’opposizione legalista in modo da ridare un minimo di legittimità al sistema?

Nel frattempo i problemi permangono irrisolti, a cominciare dalla profonda crisi economica e occupazionale che affligge il Paese ormai da anni e che il potere non riesce più a calmierare ricorrendo ai benefici possibili un tempo, quelli della rendita energetica.

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