MINORANZE, Alto Adige Südtirol. Doppia cittadinanza: doppio passaporto senza separazione etnica?

Doppio passaporto: l’intento austriaco, il diritto internazionale e i precedenti italiani; la problematica e le proposte alternative secondo il professor Oskar Peterlini, già senatore della Repubblica italiana

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Doppio passaporto. l’intento austriaco, il diritto internazionale, i precedenti italiani

Abstract

Two passports for the South Tyroleans? An alternative proposal

A few days before its renewal in the elections of September 29, 2019, the Austrian Parliament approved a motion that reiterated the theme of the double passport for the German and Ladin minority in South Tyrol (Südtirol) in Italy. Already the previous Austrian government wanted to allow the South Tyrolean minority, in addition to their Italian citizenship, the acquisition of Austrian citizenship.  The proposal has provoked much controversy and an acquitted No and a closure of the Roman government – the paper proposes a solution.

The proposal, in fact, that ÖVP and FPÖ included in the government program, provided to reserve this opportunity “to the members of the ethnic groups of German and Ladin mother tongue in South Tyrol (…)”. The possibility of accessing the Austrian passport was therefore deliberately limited to the German and Ladin-speaking South Tyroleans, politicising the subject and making it an ethnic issue. Despite the reassurances of the European spirit, critics consider the problem of the double passport as a fungus of fission between language groups. With a historically founded solution, rather than an ethnic one, much criticism could be removed from the sails. The Italian solution for Italians around the world could still serve as a model.

Due passaporti per i sudtirolesi? Una proposta alternativa

Pochi giorni prima del suo rinnovo alle elezioni del 29 settembre 2019, il Parlamento austriaco, ha approvato una mozione che ha riproposto il tema del doppio passaporto per la minoranza tedesca e ladina in Provincia di Bolzano. Già il precedente governo austriaco, sotto il Cancelliere Sebastian Kurz (Partito popolare austriaco, ÖVP) e il Vice-cancelliere Heinz-Christian Strache (Partito liberale austriaco, FPÖ), che aveva assunto la carica il 18 dicembre 2017, intendeva consentire alla minoranza sudtirolese, in aggiunta alla loro cittadinanza italiana, l’acquisizione della cittadinanza austriaca. La soluzione presa in considerazione allora aveva innescato una dura polemica e una rispettiva resistenza a Roma, che si potevano evitare, o almeno fortemente ridurre, con una soluzione più equilibrata che evitasse contrapposizioni etniche.

La soluzione, infatti, che ÖVP e FPÖ inserirono nel programma di governo, prevedeva di riservare quest’opportunità “agli appartenenti dei gruppi etnici di lingua madre tedesca e ladina nel Sudtirolo (…)”. La possibilità di accedere al passaporto austriaco è pertanto stata deliberatamente limitata ai sudtirolesi di lingua tedesca e ladina, politicizzando il tema e tramutandolo in una questione etnica. Sebbene la misura sia stata giustificata con lo “spirito dell’integrazione europea e per promuovere l’unione sempre più stretta dei cittadini degli Stati membri”, i critici giudicano il conferimento del “doppio passaggio” ai cittadini di lingua tedesca e ladina come una fissione tra i gruppi linguistici. Con una soluzione storicamente fondata, piuttosto che etnica, si potrebbero togliere molte critiche dalle vele. La soluzione italiana per gli italiani nel mondo potrebbe servire da modello

Doppio passaporto – l’intento austriaco, il diritto internazionale, i precedenti italiani

La problematica.

L’intento del Governo di Vienna di concedere la cittadinanza austriaca ai “Südtiroler” (sudtirolesi), [1] o più precisamente ai cittadini di lingua tedesca e ladina in provincia di Bolzano, ha provocato reazioni contrastanti, speranze, resistenze e polemiche che rischiano di affliggere le relazioni tra l’Italia e l’Austria. La questione irruppe “come un elefante nella cristalleria” (Francesco Palermo, 2018)[2] in campagna elettorale per le provinciali del 2018. Se ne discute, però, ormai da anni in “Alto Adige Südtirol”, come si chiama ufficialmente la provincia autonoma di Bolzano sin dal 2001 anche nella Costituzione.[3]  La riforma costituzionale n. 3/2001 aveva, infatti, aggiunto la denominazione tedesca alla, pure controversa, denominazione “Alto Adige”, sempre ancora oggetto di polemiche. Sud Tirolo o Alto Adige? Bisognerebbe usarli entrambi, suggeriva Giuseppe Caprotti (1988),[4] ma non è tanto semplice nell’uso quotidiano.

La questione del passaporto è stata risollevata recentemente, all’ultima seduta del Nationalrat, la Camera decisiva del Parlamento austriaco, il 19 settembre 2019, dieci giorni prima delle ultime elezioni politiche. Il Parlamento austriaco ha rilanciato il tema, grazie ai voti della ÖVP (i Popolari del leader ed allora ex cancelliere Sebastian Kurz) e della FPÖ (il partito liberale di destra dei Freiheitlichen di Norbert Hofer). Il Nationalrat, infatti, ha approvato un emendamento a una mozione, che impegna il governo di Vienna ad avviare nuovi colloqui con l’Italia e con “i rappresentanti della popolazione nel Südtirol”,[5] per poi presentare un disegno di legge sulla doppia cittadinanza per i sudtirolesi.[6] La mozione,[7] nonostante approvata in pieno clima elettorale, si esprime in termini molto cauti e impegna solamente i ministri degli esteri e degli interni a riprendere colloqui con Roma, e Bolzano.

Vienna era prudente fin dall’inizio della discussione su questo tema. Nel 2009, alle grandi festività per la ricorrenza dei 200 anni delle guerre di liberazione tirolesi contro Napoleone del 1809, soprattutto gli “Schützen” (i corpi tradizionali tirolesi che ricordano il diritto all’autodifesa del Tirolo storico, decretato dall’imperatore Maximilian I nel 1511) ventilarono la richiesta di autodeterminazione. Non riuscirono a sfondare, ricorda Hans Heiss (2011),[8]  ma proprio in quel periodo, sulla scia della legge per gli italiani in Istria del 2006, i deputati della Südtiroler Volkspartei (SVP) Siegfried Brugger e Karl Zeller lanciarono l’idea di chiedere a Vienna il passaporto austriaco per i discendenti (sic) da cittadini della vecchia Austria.[9] Una tale possibilità avrebbe potuto – sostiene Heiss – contrapporsi alla richiesta di secessione: “Nessun spostamento di confine, ma una naturalizzazione dei sudtirolesi in forma di un ritorno ad patriam almeno sotto il profilo del diritto statale con l’aiuto di un secondo passaporto”. E l’Italia, fresca delle misure per l’Istria, avrebbe avuto difficoltà di opporsi. Chi si oppose invece era il governo di Vienna, che nei colloqui espresse grandi dubbi e perplessità; il solo Partito liberale di destra FPÖ si espresse a favore. [10]

La recente mozione del Parlamento austriaco esprime l’esplicita volontà di cercare il dialogo con l’Italia, e conseguentemente – s’intende – di procedere in accordo con l’Italia. Altra novità è il riferimento ai “colloqui” da intraprendere anche “con i rappresentanti e le rappresentanti (den Vertreterinnen und Vertretern) della popolazione nel Südtirol”, che comprenderebbero, almeno secondo la lettura verbale, anche quelli di lingua italiana, mentre finora i contatti si svolgevano prevalentemente con i partiti di lingua tedesca.

“Il Ministro federale dell’Interno e il Ministro federale per l’Europa, l’integrazione e gli Affari esteri sono invitati ad avviare colloqui bilaterali con i colleghi italiani e le rappresentanti e i rappresentanti della popolazione in “Südtirol” per discutere il tema della “doppia cittadinanza per i sudtirolesi”.[11]A seguito di questi colloqui, il Ministro federale dell’interno è invitato a presentare al Nationalrat un disegno di legge sulla doppia cittadinanza per i sudtirolesi.” [12]

Fin qui la parte deliberante. Nell’introduzione della mozione (pure votata insieme alla mozione, a maggioranza di voti per alzata di mano), si legge espressamente che l’Austria non intende proseguire da sola ma esclusivamente in accordo con l’Italia e nello spirito europeo:

“La realizzazione di questo progetto richiede un buon coordinamento tra Austria e Italia, che deve avvenire nello spirito europeo. L’Austria non dovrebbe agire da sola. La prassi giuridica dimostra che le questioni della doppia cittadinanza sono una materia delicata, la cui applicazione può spesso portare a disaccordi bilaterali. Questo deve essere evitato a tutti i costi, ma l’esigenza, che molti sudtirolesi sentono, dovrebbe comunque essere esaminata.”[13]

Alla luce della dura reazione espressa dall’Italia (si veda nel dettaglio più avanti), la proposta di conferire la doppia cittadinanza ai sudtirolesi, come formulata finora dall’Austria nel recente programma di governo (2017-22), difficilmente potrà trovare un consenso da parte italiana e tantomeno una condivisione sul territorio interessato. Per questo motivo il presente saggio cerca di analizzare i punti e le ragioni del diniego ed esaminare su quella base una soluzione potrebbe essere condivisa.

Non s’intende, infatti, prendere posizione per un’opinione o per un’altra. Si tratta piuttosto di verificare se esistono soluzioni che possano facilitare la discussione. La tesi da trattare è la seguente: le paure, le riserve e i dinieghi potrebbero essere alleviati, se non completamente superati, se tale misura non fosse fondata su basi etniche ma storiche. Non si tratta quindi di un aut aut, ma della forma in cui l’Austria attua una tale misura. La legge italiana per l’Istria e la Dalmazia, che a sua volta ha raccolto polemiche, non dovrebbe servire da modello, come sembra sia stata presa. La normativa, poco conosciuta per gli “Italiani nel mondo” sembra al contrario, prestarsi più facilmente. La legge ha cento anni e consente agli interessati all’estero di ottenere la cittadinanza italiana se sono in grado di dimostrare di avere un antenato con cittadinanza italiana.

Il programma dell’Austria – Preoccupazioni e resistenze

Da quando l’Italia aveva concesso la cittadinanza alle sue minoranze in Istria e Dalmazia nel 2006,[14] ed era emersa l’idea che anche l’Austria potesse concedere la stessa opportunità ai sudtirolesi, la discussione non si è mai più calmata. Per rispetto verso l’Italia, tuttavia, le richieste dei vari ambienti sudtirolesi per lungo tempo non sono state prese in considerazione da Vienna.

Le posizioni sono, infatti, molto controverse. L’Italia è intransigente nella sua opposizione. In Austria la questione è stata a lungo perseguita con moderazione, perché i buoni rapporti con l’Italia non dovevano essere compromessi. In provincia di Bolzano, gli ambienti nostalgici vedono in questo modo l’opportunità di avvicinarsi alla madrepatria austriaca. Altri temono una possibile spaccatura fungina, che potrebbe appesantire le relazioni etniche tra i gruppi etnici e costruire nuove barriere. Addirittura il vescovo aveva espresso le sue preoccupazioni.[15]

Solo l’ex governo federale austriaco del Cancelliere federale Sebastian Kurz (Partito popolare austriaco, ÖVP) e del Vicecancelliere Heinz-Christian Strache (Partito liberale austriaco, FPÖ, recentemente cascato in disgrazia a causa dello scandalo Ibiza), appena insediatosi il 18 dicembre 2017, decise di inserire questo punto a favore della minoranza sudtirolese in Italia nel programma di governo.[16] I sudtirolesi dovrebbero poter assumere, oltre alla cittadinanza italiana, anche la cittadinanza austriaca. Il programma governativo 2017–2022, al capitolo “Ordnung und Sicherheit” (Ordine e sicurezza), dove prevede tra l’altro misure per gli austriaci nel Regno Unito colpiti dal Brexit e la doppia cittadinanza per i discendenti austriaci delle vittime del nazionalsocialismo, cita verbalmente:

“Ripensare la doppia cittadinanza – Doppia cittadinanza Südtirol e antichi austriaci: nello spirito dell’integrazione europea e per promuovere un’unione sempre più stretta delle cittadine e dei cittadini degli Stati membri, si prevede di concedere agli appartenenti ai gruppi etnici di madrelingua tedesca e ladina in “Südtirol”, per i quali l’Austria esercita, in base al trattato di Parigi e la prassi successiva, la funzione protettiva, la possibilità di acquisire, in aggiunta alla cittadinanza italiana la cittadinanza austriaca.”[17]

Polemiche contro la soluzione etnica prescelta

Ma la formula prescelta ha provocato una polemica da parte italiana e, di conseguenza, una resistenza dura, che si potevano evitare o almeno notevolmente ridurre. Perché? La soluzione ancorata nel programma governativo dell’ÖVP e del FPÖ prevede “la possibilità per i membri dei gruppi etnici di lingua tedesca e ladina in “Südtirol” (…) di acquisire, oltre alla cittadinanza italiana, anche la cittadinanza austriaca”. Pertanto, questa possibilità è stata deliberatamente limitata ai membri dei gruppi etnici di lingua madre tedesca e ladina e l’argomento è stato trasformato in una questione etnica.

Partiti divisi

Per giustificare la misura è stato invocato lo spirito europeo. Nelle parole introduttive al relativo programma, si sottolinea la volontà di integrazione europea: “Nello spirito dell’integrazione europea e al fine di promuovere l’unione sempre più stretta dei cittadini degli Stati membri (…)”. Le solenni dichiarazioni però non riuscirono a impedire la polemica e occultare la separazione etnica che sarebbe stata causata in provincia di Bolzano.

Anche da parte sudtirolese vari politici hanno cercato di sottolineare lo spirito europeo di un passaporto comune di due Stati dell’Unione Europea.[18] I critici invece giudicano la questione del “doppio passaporto” come una fissione, un elemento di frattura tra i gruppi linguistici.[19] Il partito di maggioranza in provincia, la SVP, messa in difficoltà dalle richieste, non vuole spaccature con il governo italiano e ammonisce alla pace, però sostiene la richiesta, anche sotto la pressione interna e dei partiti di opposizione tedesca.[20]

Il sondaggio

Secondo un sondaggio dell’Istituto di ricerca Apollis di Bolzano, tenutosi nella primavera del 2019, solo un quarto (25%) degli intervistati in provincia ritiene che la doppia cittadinanza sia un’idea molto buona o buona, il 32% ritiene che sia un’idea problematica e quasi un terzo (31%) ritiene che debba essere respinta.[21]

Fonte: Istituto di ricerca Apollis, Bolzano.

Come prevedibile (distinguendo i risultati per gruppi linguistici), un’ampia maggioranza degli italiani è (leggermente più) critica nei confronti dell’idea di doppia cittadinanza (71%), ma di poco, e anche nel gruppo di lingua tedesca predominano chiaramente le voci critiche con il 62%.

Il 12% degli intervistati si avvarrebbe, però, in ogni caso dell‘offerta della cittadinanza austriaca, il 22% in determinate circostanze, mentre il 60% rifiuterebbe l’offerta. Anche per questa domanda la differenza tra i gruppi linguistici è poco rilevante: il 68% degli altoatesini di madre lingua italiana e il 58% di madre lingua tedesca non presenterebbero domanda per la doppia cittadinanza, desumono i responsabili del sondaggio.

Fonte: Istituto di ricerca Apollis, Bolzano.

Cantarono pertanto vittoria i scettici: la maggioranza è contraria! Cantarono però vittoria anche i favorevoli: il 34% degli intervistati chiederebbe il passaporto austriaco, che corrisponderebbe a 136.000 persone delle quali oltre 35.000 italiani, trionfa Sven Knoll, leader della Südtiroler Freiheit.[22] Gli oppositori della doppia cittadinanza avrebbero sempre sostenuto che al massimo 5.000-10.000 cittadini richiederebbe la cittadinanza austriaca. Knoll rivela inoltre, quanto ulteriormente emerso dal sondaggio, che sarebbero soprattutto i giovani, le persone bilingui e più colte della società a sostenere la richiesta del doppio passaporto. [23]

Si deve comunque tenere presente, che il sondaggio si riferiva al programma di governo austriaco, che prevedeva il passaporto austriaco per i soli cittadini di lingua tedesca e ladina.

Di particolare interesse per l’analisi sono le ragioni del diniego e, pertanto, la domanda riguardante le possibili conseguenze per la convivenza in provincia di Bolzano: Complessivamente solo il 10% è dell’opinione che essa avvantaggerebbe la convivenza, mentre per il 40% la convivenza subirebbe un danno; il 36% non vede alcun effetto, un altro 15% non vuole fornire una valutazione. La percentuale di coloro che si aspettano conseguenze negative (convivenza piuttosto danneggiata) è quasi la stessa in entrambi i gruppi linguistici (circa il 40%).

Fonte: Istituto di ricerca Apollis, Bolzano.

Il sondaggio evidenzia pertanto anche il principale motivo del diniego, che si trova nella preoccupazione per la pacifica convivenza.

Probabilmente non si realizzerà, ma i suoi effetti li ha già prodotti,” sintetizzava, già prima del sondaggio Francesco Palermo (2017), le conseguenze e le preoccupazioni, “mettendo in imbarazzo la SVP, suscitando reazioni molto preoccupate in Italia e soprattutto rischiando di impattare pesantemente sui delicati equilibri della convivenza in Alto Adige.” [24]

La reazione dell’Italia contro il progetto austriaco

Il 27 settembre 2018, la Camera dei deputati ha approvato una dura mozione contro questo intento perseguito dall’Austria e da varie componenti dei partiti sudtirolesi.[25] Nelle premesse della mozione la Camera ricorda le esperienze positive di autonomia e cooperazione transfrontaliera ed esprime le sue preoccupazioni per questa iniziativa.

Nella parte deliberante invita il governo a “ribadire, anche nelle sedi dell’Unione Europea, i rischi potenziali che potrebbe comportare per la popolazione di lingua italiana, un’eventuale approvazione della legge austriaca (…)”, e a “difendere il modello di autonomia e convivenza pacifica in Alto Adige (…)”

Nel febbraio 2019, il Ministro degli Esteri italiano, Enzo Moavero Milanesi, – dopo varie dichiarazioni rilasciate già prima ai media – ha ribadito ancora una volta in una nota al Parlamento la posizione contraria dell’Italia all’intento austriaco. Il ministro ha ricordato i vari passi compiuti contro questa iniziativa: il governo italiano oltre aver chiaramente espresso la sua posizione in vari comunicati stampa, il 17 settembre 2018, a causa dei continui attriti, il ministro ha respinto anche l’invito del ministro degli esteri austriaco Karin Kneissl a un incontro bilaterale. [26]

Il ministro, inoltre, aveva incaricato l’Ambasciatore italiano a Vienna di “ribadire in tutte le sedi opportune, la nostra ferma posizione anche al fine di evitare di prestare acquiescenza di fronte di eventuali sviluppi del progetto politico.” L’ambasciatore doveva anche sensibilizzare le forze politiche e parlamentari a Vienna “circa il rischio concreto di compromettere, in caso di sua attuazione, le relazioni bilaterali con l’Italia”. “In tutti gli interventi” – sottolinea ancora una volta la nota alle Camere – “è stato altresì sottolineato come la misura prospettata da parte austriaca sia suscettibile di introdurre elementi divisivi e di andare a minare la coesione sociale e la pacifica convivenza delle comunità residenti nella Provincia, con il rischio di compromettere il successo dell’autonomia dell’Alto Adige, un modello di tutela delle minoranze e di serena coabitazione tra gruppi linguistici diversi che i due Paesi additano ad esempio alla comunità internazionale.”

“A fronte delle dichiarazioni da parte austriaca di voler procedere con l’iniziativa soltanto “d’intesa” con Roma, è stata puntualmente ricordata l’indisponibilità dell’Italia verso ogni forma ed ogni livello di discussione sul tema, di cui non si condividono i presupposti giuridici né politici.”

Prosegue poi la nota del Ministero degli Esteri: “considerando il potenziale impatto anche in prospettiva europea della misura perseguita dal Governo di Vienna (…), questo Ministero ha informato della questione i competenti servizi della Commissione Europea.”[27]

Più dura e intransigente la dichiarazione ufficiale dell’Italia non avrebbe potuto essere! “La protesta diplomatica italiana è difficile da comprendere se si considerano le caratteristiche fondamentali e i principi guida degli emendamenti alla legge sulla cittadinanza del 1992”, commenta Monica Rosini, ricordando che le pietre miliari della legislazione del 1992 includono l’accettazione esplicita della doppia cittadinanza.

È interessante notare che nella mozione stessa si temono effetti negativi sulla popolazione italiana e nella dichiarazione del ministero un pericolo per la convivenza. Ciò non può che far riferimento al fatto che la misura austriaca sia riservata ai soli gruppi di lingua tedesca e ladina, il che è deplorato come elemento di separazione.

La cittadinanza e la doppia cittadinanza

Il concetto di cittadinanza

Cittadinanza, nazione e popolo

La cittadinanza definisce l’appartenenza a comunità politiche delimitate (“in bounded political communities”), come gli Stati, ma anche città o entità sovra-nazionali. La cittadinanza garantisce libertà, politica uguale ai suoi membri, diritti e doveri civili, politici, sociali e talvolta culturali, sulla base della reciprocità e della fiducia tra i cittadini (“underlying reciprocity and trust among citizens”, Thomas Faist, 2019).[28]

In una prima accezione per cittadinanza si può intendere la “partecipazione attiva” a una comunità politica, nel senso della partecipazione alla polis della Grecia antica, o – in termini più moderni e sociologici – della Rivoluzione francese. In una seconda accezione, più propriamente giuridica, significa un legame di appartenenza a uno Stato, dalla quale derivano diritti e doveri. Mentre la lingua italiana come quella tedesca, conosce un unico termine per cittadinanza, la lingua francese distingue, infatti, tra il termine “citoyennetè”, nel senso di partecipazione attiva, e “nationalitè” nel secondo senso, quello giuridico (Groppi /Simoncini, 2017). [29]

La traduzione verbale di “nationalitè” in “nazionalità” o “Nationalität” (in tedesco) ci porterebbe a un concetto diverso, perché per nazione in italiano (come per “Nationalität” in tedesco) s’intende una comunità che s’identifica per la sua lingua e cultura, le sue radici storiche, i suoi costumi, la religione o simili (Falcon, 2008).[30]

La Costituzione italiana però non è altrettanto chiara e usa in diversi articoli il termine “Nazione” per lo Stato, come all’art. 9 (“patrimonio della Nazione”), all’art. 67 (“Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione”) e all’art. 98 (“I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”), uso improprio che deriva dalla concezione storica dello Stato-Nazione. Mentre Camera e Senato usano anche nelle versioni inglesi e tedesche la traduzione verbale “Nation”, la traduzione ufficiale della Provincia autonoma di Bolzano usa il termine più appropriato “Staat” in tutti i tre gli articoli citati.[31]

Le nazioni pertanto non corrispondono alle cittadinanze, perché i confini degli Stati non coincidono quasi mai con quelli delle nazioni. Proprio nel caso da esaminare, la minoranza linguistica tedesca della provincia di Bolzano, come rivela la stessa denominazione, appartiene alla nazionalità austriaca-tedesca, ma fa parte e gode della cittadinanza italiana. Ed è esattamente da questa divergenza che nasce il problema da esaminare: una parte di una nazione con diversa cittadinanza che vorrebbe acquisire anche la cittadinanza del paese con il quale si sente legata dalla nazionalità.

Il popolo invece è composto da tutti i cittadini insieme, unti universi (Tosato, 1957),[32] ai quali l’art. 1, comma 2 della Costituzione attribuisce la sovranità, senza distinzione, come precisa l’art. 3, di razza, di lingua, di religione ecc. La cittadinanza nel senso giuridico, al quale noi ci riferiamo, è uno status, cui la Costituzione riconnette una serie di diritti, tra i quali in particolare i diritti politici (come l’elettorato attivo e passivo, di associarsi in partiti, rivolgere petizioni e accedere a cariche pubbliche (artt. 48-51 Cost.), e di doveri costituzionali, espressione di solidarietà tra i componenti di un unico popolo (i cittadini), come p.es. la difesa, la contribuzione alle spese pubbliche, la fedeltà,  artt. 52-54 Cost. (Bin / Pitruzzella, 2016).[33]

Anche in sistemi federali la competenza della cittadinanza si annovera tra le classiche competenze dello Stato, che non possono essere frazionate. Si tratta, infatti, di costituire, attorno ad un nucleo sufficientemente consistente di diritti e doveri, una cittadinanza comune (D’Atena, 2010).[34] In Italia la competenza è prevista all’art. 117, comma 2, lit. i) della Costituzione, in Austria all’art 6 della stessa, il c.d. “Bundesverfassungsgesetz” (B-VG del 1945). È cittadino pertanto chi appartiene alla comunità di uno Stato, in contrapposizione a chi non vi appartiene come gli stranieri o gli apolidi (Barbera / Fusaro, 2014).[35]Citizenship constitutes a mechanism of social closure, securing opening towards the members and closing against aliens”, La cittadinanza costituisce un meccanismo di chiusura sociale, garantendo l’apertura verso i membri e chiudendo contro gli alieni”.[36]

La definizione non differisce neanche nel diritto internazionale: la cittadinanza è intesa come un vincolo giuridico tra lo Stato e determinate persone che hanno instaurato un rapporto speciale di prossimità con lo Stato attraverso un atto statale, una legge o un atto amministrativo. La cittadinanza crea un rapporto di diritti e doveri basato sulla reciproca aspettativa tra il cittadino e il suo Stato di appartenenza, un rapporto di diritto pubblico. In virtù di questo rapporto, l’individuo è considerato collegato a un particolare stato in modo efficace, permanente e regolarmente esclusivo. I cittadini nel loro insieme formano un gruppo di persone (“Personengemeinschaft”), c’è chi la chiama addirittura “Schicksalsgemeinschaft” una comunità di destino” (Faist, 2019).[37]

La regolamentazione della cittadinanza

In linea di principio, ciascuno Stato determina da solo chi sono i suoi cittadini, come viene acquistata la sua cittadinanza e come viene persa, quindi ciascuno Stato a propria discrezione. La cittadinanza costituisce pertanto una questione interna: “It is for each State to determine under its own law who are its nationals. This law shall be recognised by other States in so far as it is consistent with international conventions, international custom, and the principles of law generally recognised with regard to nationality.” (Art. 1 Hague Convention, 1930).[38]

Dal principio secondo cui ogni Stato ha il diritto di regolare la cittadinanza dei suoi cittadini a propria discrezione, risulta che ad altri Stati è proibito dal diritto internazionale di regolare la cittadinanza di un altro Stato, cioè di concedere o ritirare una cittadinanza straniera ad un individuo. Ciò è accettato solo se esiste un rapporto effettivo più stretto tra lo Stato e la persona interessata. Questa relazione più stretta deve basarsi su legami oggettivamente identificabili tra la persona e lo Stato in questione. In quanto tali, oltre alla discendenza, sono riconosciuti: luogo di nascita, carica pubblica, residenza permanente nel paese, attività commerciale, matrimonio e partecipazione alla vita pubblica (Gornig, 2019).[39] Il motivo di questa limitazione consiste nel fatto, che potrebbero nascere dei conflitti d’interesse tra gli obblighi che un cittadino dovrebbe adempiere verso i due Stati di appartenenza, in extremis in caso di guerra, ma anche il solo diritto al voto può essere esercitato in modo che potrebbe nuocere l’altro Stato di appartenenza. Il diritto internazionale cerca pertanto di limitare la doppia cittadinanza

Il termine “doppio passaporto” o “doppia cittadinanza”, spesso usato, si riferisce al possesso da parte di un cittadino di due cittadinanze diverse. Correttamente, a differenza del linguaggio attuale, si dovrebbe parlare di due cittadinanze, perché la parola “doppio” significa due volte la stessa cosa. Questa distorsione linguistica viene usata anche nella versione tedesca “Doppelpass” dalla “Bundeszentrale für politische Bildung” della Germania, [40] nonché dallo stesso governo austriaco,[41] che, tuttavia, non costituiscono una garanzia di correttezza linguistica.

Le regole internazionali che riservono il diritto all’ordinamento della cittadinanza ai singoli Stati, non riescono a impedire sovrapposizioni. Il motivo sta proprio nelle diverse normative per l’acquisto della cittadinanza, se p. es. un bambino nasce da genitori di diversi paesi, del quale uno prevede il ius sanguinis, e l’altro il ius soli, ma anche a causa delle migrazioni dei popoli.

Il diritto internazionale ha cercato di limitare le doppie cittadinanze, in particolare la già citata Convenzione dell’Aia (Hague Convention, 1930). Precisa inoltre che una persona avente due o più cittadinanze può essere considerata come suo cittadino da ciascuno degli Stati di cui possiede la cittadinanza, come se possedesse solo la sua cittadinanza. In altre parole lo Stato ospitante non deve fare nessuna differenza tra i suoi ordinari cittadini e quelli che possiedono un’altra cittadinanza, non deve pertanto osservare il diritto internazionale degli stranieri (art. 3 Hague Convention). Questa disposizione relativa molto il possesso della doppia cittadinanza dal punto di vista giuridico. Uno Stato inoltre non può concedere protezione diplomatica a un suo cittadino contro uno Stato di cui tale persona possiede anche la nazionalità (art. 4 Hague Convention).

Nonostante queste e altre limitazioni, sono molti i paesi nel mondo che permettono una “doppia” cittadinanza ai propri cittadini, tra gli altri anche l’Italia. [42]  Dei ventotto paesi (2019) dell’UE, ventuno la permettono liberamente, tre con limitazioni (Lettonia, Polonia, Slovacchia) e quattro la vietano completamente, eccezion fatta per casi straordinari, tra i quali la stessa Austria, i Paesi Bassi, l’Estonia e la Lituania. [43]

Per l’Austria una tale concessione comporterebbe pertanto anche uno stravolgimento dell’assetto giuridico, o comunque un’eccezione dal sistema. Alla Convenzione dell’Aia è seguita tutta una serie di Convenzioni, per superare le difficoltà risultanti dal possesso di doppie cittadinanze, con l’obiettivo di limitarle, p. es. la Convenzione ONU di New York sulla nazionalità delle donne sposate (1957).[44] IL matrimonio e il divorzio in linea di principio non dovrebbe influenzare la cittadinanza (art.1). La “Convenzione sulla diminuzione dei casi di doppia nazionalità e sugli obblighi militari in caso di doppia nazionalità” del Consiglio d’Europa del 1963, ratificata sia dall’Italia (1968) sia dall’Austria (1975), cerca di limitare i casi di doppia nazionalità.[45]

Dal 1973 si registra però una certa apertura dell’Assemblea del Consiglio d’Europa, nella raccomandazione 696, permettendo la doppia cittadinanza in caso d’interessi superiori (Hannappel, 1996).[46] Infine deve essere menzionata (tra altre) la Convenzione europea sulla nazionalità del Consiglio d’Europa del 6 novembre 1997, entrato in vigore l’1 marzo 2000.[47] La Convenzione, che non modifica la Convenzione del 1963 e non è con quella incompatibile  tende a facilitare l’acquisizione della nazionalità e la reintegrazione nella nazionalità d’origine. Nello stesso tempo, essa tende a limitare le possibilità di perdita della nazionalità e a impedire il ritiro arbitrario della nazionalità. Si può pertanto constatare una certa apertura, ma tenendo fermo che il diritto internazionale in linea di principio è avverso alla doppia cittadinanza.

Doppia cittadinanza per tutelare una minoranza etnica

Chi tutela una minoranza – Kin-State o Stato di residenza?

Il problema fondamentale della tutela delle minoranze nelle relazioni interstatali consiste in una contraddizione giuridica latente ma fondamentale. Da un lato, secondo il diritto internazionale, afferma Francesco Palermo (2011),[48]  la protezione dei diritti umani, compresi i diritti delle minoranze, sarebbe in primo luogo responsabilità dello Stato in cui le minoranze risiedono. D’altra parte, la maggior parte degli Stati prevede disposizioni costituzionali, leggi, pratiche amministrative o politiche che promuovono le loro minoranze all’estero in conformità a considerazioni etno-nazionali. Questo potrebbe estendersi al conferimento della cittadinanza, cioè portare i cittadini stranieri sotto la giurisdizione di un altro paese. Palermo, nell’introduzione a un volume[49] che analizza le Raccomandazioni di Bolzano/Bozen dell’OSCE sulle minoranze nazionali,[50] lancia la centrale domanda, se dal punto di vista giuridico, il conferimento della cittadinanza a stranieri possa rappresentare una violazione del suddetto principio di diritto internazionale, che conferisce allo Stato il diritto e il dovere di proteggere i diritti delle minoranze che risiedono nel suo territorio. Più precisamente ci si deve chiedere, in quali ipotesi tali politiche promozionali costituiscano una violazione di tale principio e quando non lo fanno. [51] Per evitare conflitti, almeno a livello europeo, Beniamino Caravita (2019) suggerisce p. es. di introdurre principi comuni europei per l’acquisizione della cittadinanza, che è anche cittadinanza europea.[52]

“The Bolzano/Bozen Recommendations on National Minorities” prevedono al punto 11:

“11. Gli Stati possono prendere in considerazione le competenze linguistiche preferite e i legami culturali, storici o familiari nella loro decisione di concedere la cittadinanza a singoli individui all’estero. Gli Stati membri dovrebbero tuttavia garantire che tale conferimento di cittadinanza rispetta i principi di relazioni amichevoli, compresi i rapporti di buon vicinato, e sovranità territoriale, e dovrebbero astenersi dal conferire la cittadinanza in massa, anche se la doppia cittadinanza è consentita dallo Stato di residenza. Se uno Stato accetta la doppia cittadinanza come parte del suo sistema giuridico, non dovrebbe discriminare i doppi cittadini.”[53]

Naturalmente si tratta di raccomandazioni, cioè di soft law e non di diritto internazionale consolidato. Enrico Milano (2001)[54] approfondisce specificatamene il conferimento in massa della cittadinanza da parte di uno Kin-State (Stato parentevole) alla sua minoranza parente e analizza in quali circostanze una tale misura potrebbe trovare una giustificazione ai sensi del diritto internazionale, in assenza del consenso dello Stato di residenza.

Secondo il diritto internazionale consuetudinario, basato principalmente sul paradigma interstatale, sembra che ci sia poco, se non addirittura nessuno spazio per tale politica, riassume Milano. D’altra parte, si potrebbe sostenere che il kin-Stato possa adottare contromisure contro lo Stato di residenza che violi i diritti umani della minoranza, compreso il conferimento in massa della cittadinanza, soprattutto quando lo Stato di residenza limiti la possibilità di acquisire la cittadinanza per discriminazioni nazionali, religiose o etniche.

Il kin-Stato dovrebbe, però, innanzitutto cercare di negoziare una soluzione e la contromisura dovrebbe essere proporzionata, temporanea e volta a ripristinare una situazione di legalità. Ciò che Milano, tuttavia, ritiene un problema non è tanto la proporzionalità di tale contromisura, né il fatto che essa possa essere intesa a porre fine alle violazioni dei diritti delle minoranze, ma che la cittadinanza tende a creare un legame permanente con lo Stato che la concede, rendendo così difficile e irrealistico concepire che una contromisura di questo tipo possa essere ritirata una volta che la situazione si sia risolta.

Come soluzione migliore Milano raccomanda di individuare, come Caravita (2019)[55]de lege ferenda una serie di criteri che lo Stato parente dovrebbe soddisfare per conferire legittimamente, in circostanze estreme, la cittadinanza in numero sostanziale a membri della sua kin-minoranza.[56]

Meno preoccupazioni in tal senso esprime Peter Hilpold (2016),[57] occupandosi in concreto del possibile conferimento della cittadinanza austriaca ai sudtirolesi. Pur riconoscendo le difficoltà del diritto internazionale (“non sarà una passeggiata”) gli ostacoli esistenti dovrebbero essere superati. Le riserve che sono state espresse contro questo intento dal punto di vista del diritto internazionale sarebbero esagerate. “Potevano essere plausibili nel 1950, ma non nel 2015.” Viviamo in un’epoca di identità multiple; il pieno riconoscimento giuridico di questa diversità di identità serve anche allo sviluppo della persona e può quindi essere collocato vicino a uno strumento per la promozione dei diritti umani. Non si porebbe più nemmeno il problema della protezione diplomatica: in un passato più lontano, due Stati i cui cittadini avevano entrambe le cittadinanze non potevano esercitare una protezione diplomatica reciproca. Tuttavia, questo problema non esiste più; la protezione diplomatica può ora essere esercitata dallo Stato la cui cittadinanza è predominante (predominante), conclude Hilpold.

Il caso dell’Ungheria

Dopo le due guerre mondiali, le potenze vittoriose proclamarono il principio di autodeterminazione dei popoli. I confini, tuttavia, li tracciarono – soprattutto dopo la prima guerra – in completa difformità da questo principio per soddisfare le proprie richieste. Nei trattati di pace di Versailles, Saint Germain e Trianon, l’Impero tedesco, l’Austria e l’Ungheria dovettero cedere vari territori, anche se per la maggior parte abitati dalle loro popolazioni. Queste popolazioni da allora vivono come minoranze negli Stati confinanti. Non è solo il caso dei sudtirolesi ovviamente.

Fortemente colpita, fu anche l’Ungheria, che perse due terzi del proprio territorio nel trattato di Trianon, che dovette firmare nel 1920 come Stato perdente della prima guerra mondiale.  L’Ungheria attualmente conta quasi dieci milioni di abitanti sul proprio territorio.[58] Al di fuori dei confini, si stima che vivono circa altri da 2,4 a 3 milioni di magiari, dei quali circa 1,2 milioni in Romania, circa 500.000 in Slovacchia, 250.000 in Serbia e 150.000 in Ucraina (Oltay, 2018).[59]

Dopo molti decenni nei quali il governo ungherese ignorò il problema delle minoranze, nel 2010 il secondo governo Fidesz del primo ministro Viktor Orbán cambiò la politica in favore delle minoranze ungheresi. Il 26 maggio 2010 il Parlamento ungherese approvò, con 344 voti a favore, tre contrari e cinque astensioni, cioè con una stragrande maggioranza, una nuova legge, che consentì agli ungheresi all’estero di acquisire la cittadinanza ungherese se dimostravano di avere almeno un antenato e competenze linguistiche ungheresi. A questi nuovi cittadini fu di conseguenza anche concesso il diritto di voto e la possibilità di registrarsi alle elezioni parlamentari e ai referendum.[60] Nel 2012 entrò in vigore anche la nuova costituzione (del 25.4.2011, criticata come regressiva democraticamente) che impegna lo Stato ungherese a promuovere queste comunità di lingua ungherese all’estero e la loro “cooperazione reciproca e con l’Ungheria” e a sostenere gli sforzi di queste comunità per “preservare la loro identità ungherese”.[61]

Ma come reagì la Slovacchia alla concessione della cittadinanza? Male, anche perché il governo di Budapest aveva rifiutato ogni trattativa e interlocuzione con Bratislava (Bota / Bittner, 2010).[62] Il governo socialdemocratico di Bratislava reagì prontamente alla decisione parlamentare di Budapest: gli slovacchi che richiedono la cittadinanza ungherese perderanno il passaporto slovacco. La decisione è stata presa dal parlamento di Bratislava con una procedura d’urgenza (Ozsváth, 2010).[63] Ciò aveva conseguenze fatali per i funzionari slovacchi che perdevano il posto di lavoro se non erano più slovacchi. Si prevedeva invece un’eccezione per le migliaia di slovacchi che sono anche cechi.[64]

Le conseguenze della misura ungherese, tuttavia, vanno oltre, perché la doppia cittadinanza ungherese riguarda anche lo spazio Schengen. Anche gli ungheresi di Carpazio-Ucraina o Serbia hanno ricevuto un biglietto per l’UE con il passaporto ungherese. Un argomento che a Bruxelles ha suscito reazioni di disapprovazione.[65] Nel frattempo però la maggior parte dei paesi dell’UE ha accettato la doppia cittadinanza, soprattutto per i nuovi migranti. Alla fine del 2018, più di un milione di ungheresi all’estero erano diventati cittadini ungheresi, nonostante che vivessero in paesi dell’UE, ad eccezione di Serbia e Ucraina. Lo stragrande interesse ad accettare la cittadinanza ungherese è legato alla notevole insoddisfazione delle minoranze ungheresi per la situazione nei loro paesi. Essi si sentono “trattati dalla maggioranza della popolazione come cittadini di seconda classe”.[66]

I casi della Russia

Il Presidente della Russia Wladimir Putin firmò, in aprile 2019 un decreto per facilitare l’acquisizione della cittadinanza russa ai cittadini abitanti nell’est dell’Ucraina. Si riferì a normative analoghe in Polonia, Ungheria e Romania. Si tratterebbe, secondo Putin, di una misura umanitaria, le nuove regole corrisponderebbero “ai principi generalmente accettati e alle norme di diritto internazionale”.

La presidenza dell’Ucraina, ma anche l’UE e gli USA hanno criticato il passo come una provocazione. La misura di Putin è vista più come un primo passo verso l’annessione dell’Ucraina orientale. Kiev ha protestato contro la misura e ha minacciato di non riconoscere i passaporti. Finora, infatti, non è stato dimostrato che i cittadini dell’Ucraina orientale siano violati nei loro diritti umani.[67]

Dai due esempi, Ungheria e Russia, si può trarre la lezione che la concessione della cittadinanza sulla base dell’etnia provoca reazioni negative nei paesi vicini interessati e peggiora le relazioni, spesso a scapito delle minoranze stesse di questi paesi.

Una visione altrettanto negativa della doppia cittadinanza la trae, per esempio Gornig (2011)[68], anche per le nuove minoranze. L’appartenenza a due Stati renderebbe più difficile per gli immigrati integrarsi e identificarsi con il nuovo Stato. La doppia cittadinanza basata in questo caso sulla provenienza, creerebbe un elemento di “conflitto interiore” e renderebbe “straniere le persone in entrambi gli Stati”. Tuttavia, queste considerazioni non si applicano quando si tratta di migliorare la sorte delle minoranze nazionali la cui terra è stata separata dalla loro patria da trattati internazionali in violazione del diritto all’autodeterminazione, riassume Gornig.

Da queste considerazioni e dalla mancanza di criteri precisi si può concludere che in questi ultimi casi la doppia cittadinanza – sotto certe condizioni – può essere giustificata. Resta tuttavia indiscussa la necessità di trovare una forma che non appesantisca le relazioni tra gli Stati e le popolazioni della zona interessata.

La cittadinanza europea e la doppia cittadinanza di due Stati membri

Un passaporto austriaco nonostante il passaporto europeo?

Ormai dal 1992, tutti i cittadini di uno Stato membro dell’UE hanno acquisito la cittadinanza europea, in aggiunta a quella nazionale, in virtù del trattato di Maastricht, ossia possiedono già una “doppia” cittadinanza.[69] Questo è anche il caso dei sudtirolesi di cittadinanza italiana, ma anche degli austriaci e, naturalmente, dei tirolesi al nord del Brennero. Questa previsione è di particolare importanza politica proprio per le minoranze in provincia di Bolzano. Da quando l’Austria ha aderito all’Unione europea nel 1995,[70] essi appartengono alla stessa cittadinanza e pertanto comunità europea come gli austriaci.  L’appartenenza a una stessa comunità di Stati federati non solo ha attenuato il confine nazionale al Brennero, ma ha anche incluso sudtirolesi e nord-est-tirolesi nella stessa comunità sovraordinata. Da questo punto di vista, si potrebbe sostenere che una terza cittadinanza, quella austriaca, diventerebbe superflua. Inoltre, l’Accordo di Maastricht nell’introdurre la cittadinanza europea (art. 20, I TFEU), prevede una serie di diritti che garantiscono tra altri il diritto di muoversi, di risiedere, di studiare liberamente in ogni Stato membro. Pertanto tanti diritti che il passaporto austriaco garantirebbe ai Sudtirolesi in Austria, sono già previsti dalla legislazione europea.

Non c’è dubbio che l’integrazione nell’Unione europea di entrambe le ex parti del Tirolo storico e quindi il passaporto europeo siano più importanti di un’ulteriore cittadinanza austriaca, poiché i vantaggi sono incomparabilmente maggiori del possesso più o meno simbolico di un passaporto austriaco.

In particolare, l’accordo di Schengen ha fatto cadere le barriere al Brennero. Il Regolamento (CE) n. 1082/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 5 luglio 2006 (che come Regolamento ha effetto diretto in tutti gli Stati membri dell’UE) ha gettato una solida base giuridica sovranazionale per la collaborazione transfrontaliera, che non dipende più dalla volontà dei singoli Stati. [71] La possibilità di una stretta cooperazione tra le ex parti del Tirolo storico in un c.d. “Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (GECT)”, più semplicemente in una Euroregione, ha rafforzato i legami.[72]

Le minoranze in provincia di Bolzano sono tutelate da una autonomia speciale e tutele giuridiche di rango costituzionale che trovano, a differenza delle altre regioni speciali in Italia,[73] un fondamento nel diritto internazionale, grazie all’Accordo di Parigi del 5 settembre 1946, incluso nel Trattato di pace degli Alleati con l’Italia, siglato a Parigi il 10 febbraio 1947.[74] Ma è proprio il rapporto dell’Austria con l’Italia e il Trattato di Parigi che pongono un problema, perché l’Italia potrebbe considerare una tale misura come un’interferenza che va oltre il Trattato. Ed è esattamente ciò che è accaduto, come dimostrano le diverse prese di posizioni dei rappresentanti del governo italiano, nonché, dall’altra parte, la cautela con cui i rappresentanti austriaci hanno reagito. [75]

L’Europa come nuova preoccupazione?

Con queste argomentazioni, tuttavia, non si può spazzare via completamente la discussione sul passaporto austriaco per i sudtirolesi, ritenuto un “Herzensanliegen” (una questione di cuore) dalla SVP, [76] il partito maggiore delle minoranze sudtirolesi, e non solo dei partiti minori di lingua tedesca. I sostenitori si aspettano un elemento di legame della minoranza con lo Stato madre, il cosiddetto Kin-State.[77] Con il Trattato di Parigi del 1946 e il Pacchetto, l’Austria come parte contrattuale ha il diritto di controllare ed esigere il rispetto del Trattato e quindi si definisce una “Schutzmacht” (potere di tutela). La concessione della cittadinanza ai sudtirolesi può essere intesa come un’ulteriore misura di protezione che l’Austria potrebbe concedere unilateralmente senza il consenso dell’Italia, modificando la propria legge.

Innanzitutto, però, ci si dovrebbe interrogare sui motivi che, nonostante l’Europa e il passaporto europeo, fanno rivivere il desiderio di un passaporto austriaco, anche se al momento solo in un numero limitato di persone?

O i motivi si trovano proprio in Europa? Non potrebbe essere proprio la preoccupazione per la crisi in Europa,[78] per il crollo del sogno europeo, per le nuove tendenze anti-europee, soprattutto in Italia, che alimentano il desiderio di un legame più forte con l’Austria?

L’integrazione europea non solo ha aperto visibilmente a tutti la frontiera del Brennero, ma ha anche aperto nuove prospettive per il futuro dei membri delle minoranze: Italia e Austria appartengono alla stessa grande e promettente Unione Europea, il futuro è nella coesione dei paesi, non c’è bisogno di spostare i confini, ma di superarli! Ma cosa succede se questo sogno svanisse?

“L’Italia dunque, sbaglierebbe a non interrogarsi sul perché, nonostante la popolazione dell’Alto Adige non sia mai stata meglio nella storia, l’appartenenza all’Italia sia vista con fastidio da un numero crescente di persone”, ammonisce Palermo (2017). [79] Non sarebbero da sottovalutare le paure di chi teme che una frattura dell’Europa tra quella di serie A e quella di sere B abbia al Brennero il suo confine. Palermo ricorda anche che l’opposizione di Roma “non abbia le migliori credenziali, avendo fatto lo stesso nel 2006 per le minoranze italiane in Slovenia e Croazia”; e ritiene che sia un grave errore bollare tutto come nazionalismo retrogrado e non porsi qualche domanda molto seria, anche sul perché l’immagine dell’Italia sia peggiore della sua pur problematica realtà.[80]

L’Istria – uno modello poco felice

In contrasto con queste critiche italiane, invece, si pone la legge già citata per gli italiani in Istria e Dalmazia, che ha dato origine alle discussioni in provincia di Bolzano e che – così sembra – abbia consapevolmente o inconsapevolmente ispirato l’elaborazione dell’attuale programma di governo austriaco.[81] In effetti, nelle discussioni attorno al c.d. doppio passaporto torna sempre il modello italiano dell’Istria come riferimento

Per questo motivo si rende opportuno esaminare la situazione degli ex territori italiani dell’Istria e della Dalmazia e la legge sul recupero della cittadinanza.

Trattati di pace sul confine orientale

La prima guerra mondiale e il Trattato di Saint-Germain

Dopo il crollo dell’impero austro-ungarico, l’Italia alla Conferenza di pace di San Germain nel 1919, si batté non solo per il confine settentrionale ma anche per quello orientale. La parte sud del Tirolo passò come noto all’Italia. Sul versante orientale dove doveva essere creato il nuovo stato della Jugoslavia, l’Italia incontrò una resistenza più dura perché Francia e Gran Bretagna si opposero, e la richiesta italiana per l’Istria contraddiceva anche il principio di autodeterminazione del presidente americano Wilson, già disatteso per la parte sud del Tirolo.[82]  Ma con la firma del Trattato di Rapallo nel novembre 1922, l’Italia raggiunse la sua meta e tutta l’Istria e Zara con varie isole furono assegnati all’Italia. Per Fiume inizialmente fu confermato lo stato libero, ma in seguito, con i Trattati di Roma del 1924, anche Fiume andò all’Italia. [83]

La seconda guerra mondiale e la perdita dell’Istria alla Jugoslavia

Nella seconda guerra mondiale l’Italia combatté al fianco di Hitler fino al 1943. La caduta di Mussolini il 25 luglio 1943 – lamenta giustamente Alceo Riosa (2011) – non migliorò affatto la situazione nella Venezia Giulia: essa, assieme al Trentino e il Sudtirolo fu annessa al III Reich, “portando a compimento la secolare spinta tedesca verso il sud e il mare Adriatico”.[84]

Hitler bombardò e distrusse la città di Zara tra il 1943 e il 1944.  I partigiani croati e sloveni commisero sanguinosi massacri (Foibe) agli italiani, dei quali 200.000-300.000 fuggirono attraverso il confine verso l’Italia.[85]  I pessimi rapporti tra croati, da una parte, e gli italiani e tedeschi si ripercossero anche a livello diplomatico. [86]

Dopo la fine della seconda guerra mondiale, il 10 febbraio 1947, gli Alleati a Parigi divisero il mondo. La provincia di Bolzano, già annessa all’Italia nel 1919 con il crollo dell’impero asburgico, rimase all’Italia, nonostante gli sforzi dell’Austria e dei Sudtirolesi per ottenere l’autodeterminazione.[87] L’Italia stessa rivendicò il suo diritto sugli ex territori italiani in Istria, Fiume e Dalmazia, ma li perse (sotto la pressione della Russia) a favore della allora Repubblica jugoslava. [88] Il confine in Oriente fu tracciato dalle quattro grandi potenze vittoriose, le richieste dell’Italia non furono prese in seria considerazione, lamenta Paola Romano. [89]

L’esatta definizione del confine rimase aperta per anni. La parte nord-occidentale dell’Istria fu assegnata inizialmente al Territorio Libero di Trieste. Solo nel 1954 il Territorio Libero fu diviso tra la Jugoslavia e l’Italia. La parte jugoslava fu divisa tra le repubbliche di Slovenia e Croazia. La maggior parte degli italiani emigrò a causa delle misure repressive di Tito.

Il trattato di Osimo del 10 novembre 1975 ancorò definitivamente il confine per i territori fin lì indeterminati della Zona franca di Trieste e suggellò infine la rinuncia dell’Italia ai territori ora jugoslavi. Il trattato fu ratificato in Italia con la legge n. 73 del 14 marzo 1977. Sul piano interno, il governo raccolse durissime critiche perché non aveva ancorato alcuna protezione concreta per le minoranze italiane nei territori di un tempo. [90] Nonostante questo l’Italia riuscì, in base ai trattati internazionali e al Patto dell’ONU sui diritti civili e politici, a stipulare un Trattato nel 1996 con la Croazia, che assicura alla comunità italiana storicamente stanziata sul territorio croato una tutela, [91] fino allora ancora senza diritto alla cittadinanza. Il rifiuto del governo italiano di concedere una reciprocità di trattamento alla minoranza slovena impedì la conclusione di un analogo trattato con la Slovenia.[92]

Il riacquisto della cittadinanza nei territori dell’Istria nel 2006

Soltanto molti anni dopo, nel 2006, l’Italia inviò un segnale visibile alla sua minoranza.

Il Trattato di pace tra gli Alleati e l’Italia, [93] firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, prevedeva, infatti, che i cittadini italiani residenti il 10 giugno 1940 nei territori ceduti dall’Italia a un altro Stato e i loro figli diventino cittadini dello Stato al quale tale territorio è trasferito, con pieni diritti civili e politici. Non appena diventano cittadini dello Stato interessato, perdevano la cittadinanza italiana. Allo stesso tempo, era stato previsto il diritto di optare per la cittadinanza italiana per un periodo di un anno per le persone “la cui lingua ufficiale è l’italiano”. Chiunque optava in tal senso conservava la cittadinanza italiana e non era considerato come acquirente della cittadinanza dello Stato al quale il territorio fu ceduto.   Tuttavia, chi era rimasto nei territori ceduti, perse la nazionalità italiana.

Varie iniziative legislative in Parlamento italiano, ricorda Bruno Nascimbene (2005),[94] miravano a riconoscere il diritto alla cittadinanza italiana ai connazionali e loro discendenti residenti in Slovenia e Croazia, cioè nei territori ceduti alla Iugoslavia a seguito del trattato di pace di Parigi del 1947 o nei territori, già facenti parte di quello nazionale, oggetto del trattato di Osimo del 1975. Si voleva introdurre nuovamente la facoltà di opzione e riacquisto, prevista dall’art. 17 della nuova disciplina organica sulla cittadinanza (legge n. 91/1992) o comunque prevedere il diritto al riconoscimento dello status civitatis italiano, prima negato con motivazioni diverse, a favore di chi non aveva potuto esercitare tale facoltà di opzione e riacquisto. Da queste iniziative infine scaturì la legge n. 124 dell’8 marzo 2006, che concesse agli ex cittadini italiani nei territori dell’Istria, di Fiume, ora Rijeka, e della Dalmazia, ceduta alla Jugoslavia, l’opportunità di acquisire la cittadinanza italiana. Anche i bambini e i discendenti in linea retta di ex cittadini italiani hanno lo stesso diritto di acquisire la cittadinanza.

La normativa per gli italiani in Istria e Dalmazia

La suddetta legge sulla possibilità di riacquisizione della cittadinanza italiana per i territori ceduti alla Jugoslavia è stata, come si diceva, la ragione che ha aperto la discussione in Alto Adige ed è stata presa evidentemente come modello per l’iniziativa analoga da parte di Vienna. Ma era un modello poco felice. Aveva pesantemente aggravato le relazioni dell’Italia con gli Stati successori della Jugoslavia, la Croazia e la Slovenia. Come l’attuale programma del governo austriaco, è basato sull’appartenenza etnica. La possibilità di riacquisizione della cittadinanza italiana è concessa ai seguenti soggetti in base all’articolo 1 della legge 8 marzo 2006, n. 124.[95]

  1. a) ai soggetti che siano stati cittadini italiani, già residenti nei territori facenti parte dello Stato italiano successivamente ceduti alla Repubblica jugoslava in forza del Trattato di pace firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, reso esecutivo dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 28 novembre 1947, n. 1430, ratificato dalla legge 25 novembre 1952, n. 3054, ovvero in forza del Trattato di Osimo del 10 novembre 1975, reso esecutivo dalla legge 14 marzo 1977, n. 73, alle condizioni previste e in possesso dei requisiti per il diritto di opzione di cui all’articolo 19 del Trattato di pace di Parigi e all’articolo 3 del Trattato di Osimo;
  2. b) alle persone di lingua e cultura italiane che siano figli o discendenti in linea retta dei soggetti di cui alla lettera a).

Il regime si applica quindi ai discendenti di ex cittadini italiani di “lingua e cultura italiane”.[96]   È proprio questa restrizione etnica sui discendenti, che ha essenzialmente provocato le polemiche e la resistenza in Croazia e Slovenia, ma anche nella comunità italiana. Il quotidiano La Repubblica ha catturato l’atmosfera quando si è aperta la fase delle domande come segue: [97]

“C’è molto fermento nell’Istria e a Fiume nella comunità italiana,” scriveva Silvio Forza su Repubblica – “perché solo a loro e non alla popolazione slava di quelle terre che cinquant’ anni fa era di cittadinanza italiana è destinata l’offerta della legge 91 del 1992.” [98]

I termini per la richiesta di riacquisizione della cittadinanza erano limitati e scadevano il 15 agosto successivo. Fino allora, gli italiani di Croazia dovevano dimostrare la loro appartenenza nazionale. Come hanno reagito, si è chiesto Silvio Forza, Croazia e Slovenia al fatto che la legislazione riguardava la minoranza italiana residente sul loro territorio. “Male” fu la risposta succinta. “Hanno immediatamente frapposto ostacoli alla via che porta al passaporto bordeaux. La Slovenia ha negato ai propri cittadini il diritto alla doppia cittadinanza. La Croazia ha invece voluto arginare la marea di richieste al consolato di Fiume negando agli interessati il rilascio dei documenti necessari, creando mille intoppi burocratici. Solo dopo un’interpellanza parlamentare del deputato della minoranza italiana al Sabor (Parlamento di Croazia) e l’interessamento dell’ambasciata italiana a Zagabria, la situazione si è sbloccata.”

Durissima la reazione croata, prosegue Forza: “La doppia cittadinanza, vista dalla Croazia, è un’esca gettata dall’Italia imperialista, ma fa gola a molti”. Per i croati dell’Istria, “riscopertisi di recente solo istriani e accusati di scarso patriottismo, è un’occasione per riabilitare il proprio standard sociale minacciato dalla crisi economica.”

Le accuse degli Stati confinanti colpiti spaziavano dall’ingerenza negli affari interni alle accuse d’imperialismo. Le reazioni non potevano essere più pesanti!

Le condizioni generali per la cittadinanza in Italia

Oltre alle suddette e ad altre leggi speciali, la cittadinanza italiana è attualmente disciplinata dalla legge 5 febbraio 1992, n. 91. Le disposizioni di attuazione adottate a tal fine disciplinano i dettagli: in particolare il DPR n. 572 del 12 ottobre 1993 e il DPR n. 362 del 18 aprile 1994. A differenza della precedente legge del 1983, è rafforzata la volontà dell’individuo di acquisire e perdere la cittadinanza ed è riconosciuto il diritto di possedere più cittadinanze contemporaneamente (sic). [99]

I principi su cui si basa la cittadinanza italiana sono:

  • la trasmissibilità della cittadinanza per discendenza (principio dello “ius sanguinis”);
  • l’acquisto “iure soli” (per nascita sul territorio) solo in alcuni casi;
  • la possibilità della doppia cittadinanza;
  • la manifestazione di volontà per acquisto e perdita;

Lo “ius sanguinis”, cioè la discendenza da almeno un genitore con cittadinanza italiana, è il modo principale per acquisire la cittadinanza italiana.

Lo “ius soli”, cioè la nascita sul territorio italiano, è riservato esclusivamente ai figli di genitori apolidi o sconosciuti o la cui cittadinanza non si estende ai loro successori. È inoltre possibile ai minori acquisire la cittadinanza, la cui ascendenza da parte di un cittadino italiano è riconosciuta o stabilita da un tribunale, oppure adottati o i cui genitori acquisiscono la cittadinanza. Ulteriori possibilità sono offerte, dopo un certo periodo di tempo, dal matrimonio, dalla convivenza civile, dalla residenza, dalla residenza, da meriti speciali e da leggi speciali. [100]

Una soluzione storica invece che etnica

Come evitare le tensioni con l’Italia e l’accusa della divisione etnica in Alto Adige? La critica riguarda principalmente il conferimento del passaporto ai soli cittadini di lingua tedesca e ladina, perché – così si lamenta – traccia una linea di demarcazione etnica.

Scegliendo una soluzione storicamente fondata invece di una divisione etnica, si potrebbero togliere molte critiche alle vele e disinnescare le polemiche. Ciò renderebbe anche più distesa e obiettiva la discussione e faciliterebbe una possibile soluzione. Una tale soluzione, infatti, l’ha scelta proprio l’Italia per la concessione della cittadinanza ai propri connazionali all’estero. L’Austria dovrebbe solamente seguire il modello storico della legge italiana ancora in atto dal lontano 1912, che regola la cittadinanza per gli italiani e i loro discendenti nel mondo. [101]

Italiani all’estero – riconoscimento grazie discendenza da antenati italiani

La nuova legge sulla cittadinanza del 1992 (n. 91/1992) non menziona una possibilità di acquisire la cittadinanza, anzi, spesso è dimenticata e poco conosciuta. In realtà però si tratta di una possibilità particolarmente interessante per la discussione sulla cittadinanza austriaca. La cittadinanza italiana, infatti, è concessa a tutti che, indipendentemente da dove vivono nel mondo, e abbiano altre cittadinanze, discendono da un antenato di cittadinanza italiana. Non importa neanche quante generazioni siano passate. In pratica, un cittadino all’estero che abbia avuto un avo con passaporto italiano, generazioni fa, può acquisire la cittadinanza italiana.  Agli italiani residenti all’estero sono stati addirittura riservati seggi in Parlamento, sei in Senato e dodici nella Camera dei deputati. [102]

Il regime della cittadinanza risale al lontano anno 1912 (legge n. 555/1912), ma è ancora applicabile per il riconoscimento della cittadinanza a discendenti di antenati italiani. Sebbene la legge 555 sia stata espressamente abrogata dalla riforma del 1992 (articolo 26 della legge 91/1992), essa si applica ai precedenti rapporti giuridici. L’articolo 20 della nuova legge conferma, infatti, espressamente che “lo stato di cittadinanza acquisito anteriormente alla presente legge non si modifica se non per fatti posteriori alla data di entrata in vigore della stessa.” (articolo 20 della legge n. 91/1992). [103]

In pratica, si parte dal presupposto che i discendenti di cittadini italiani conservano sempre la cittadinanza sulla base dello ius sanguinis, anche se hanno ottenuto altre cittadinanze sulla base dello ius soli, salvo che non abbiano espressamente rinunciato alla cittadinanza italiana. Quindi, anche se questi discendenti sono lontani di molte generazioni e non si sono mai preoccupati della cittadinanza italiana, non l’hanno praticamente mai persa e possono chiedere il riconoscimento.

La possibilità di riconoscimento sulla base della legge del 1912 è stata disciplinata con precisione da una circolare del Ministro dell’Interno del 27 maggio 1991, confermata espressamente dopo l’entrata in vigore della nuova legge sulla cittadinanza n. 91/1992.  La circolare è stata emanata in conformità a vari pareri del Consiglio di Stato, in particolare l’ultimo del 7 novembre 1990, n. 1060.

Come spiega il Ministero dell’Interno, la legge fa riferimento al riconoscimento della cittadinanza agli stranieri che discendono da un antenato italiano emigrato in paesi dove vige lo ius soli. [104]

La legge del 1912 prevede all’art. 1 il principio del riconoscimento della cittadinanza italiana sulla base della discendenza paterna al figlio del cittadino, indipendentemente dal luogo di nascita, come già previsto dal codice civile del 1865. In deroga, l’articolo 7 mirava a mantenere il legame tra i figli degli emigrati italiani e il paese di origine dei loro antenati e introduceva un’importante eccezione al principio dell’unicità della cittadinanza:

Art. 7. – Salvo speciali disposizioni da stipulare con trattati internazionali il cittadino italiano nato e residente in uno stato estero, dal quale sia ritenuto proprio cittadino per nascita, conserva la cittadinanza italiana, ma divenuto maggiorenne o emancipato, può rinunziarvi.[105]

Molti stati stranieri, nei quali erano immigrati espatriati italiani (p.es. tutti i paesi del continente americano, l’Australia, ecc.) concedono lo “status civitatis” sulla base dello ius soli. L’articolo 7 della legge 555/1912 consentiva quindi al figlio nato in uno Stato estero da cui aveva acquisito la cittadinanza secondo il principio del ius soli di mantenere la cittadinanza italiana acquisita alla nascita, anche se il padre l’aveva persa dopo la nascita del figlio, e questo era ancora minorenne. La prima cittadinanza derivava all’interessato iure sanguinis da uno dei genitori; la seconda dall’essere nato in uno Stato che gliene l’aveva attribuita iure soli.

Questa norma speciale si discostava non solo dal principio dell’unicità della cittadinanza, ma anche dal principio della dipendenza della nazionalità del figlio minorenne dal destino del padre, che, di norma, era sancito dall’articolo 12 della legge n. 555/1912. [106]

Le persone con doppia cittadinanza che rientrano in questa norma non sono obbligate a optare per una sola nazionalità, come è stato successivamente previsto dall’articolo 5 della legge n. 123/1983. Questa restrizione non è comunque più applicabile dopo la riforma del 1992.

Attraverso l’applicazione combinata degli articoli 1 e 7 della legge n. 555/1912 e delle disposizioni relative alla cittadinanza degli Stati di emigrazione, i discendenti nati in questi Stati (Argentina, Brasile, Uruguay, Stati Uniti d’America, Canada, Australia, Australia, Venezuela, etc.) hanno acquisito  la cittadinanza italiana (da parte del padre) e la cittadinanza del paese di nascita e sono rimasti nello stato di “bipoliti” (doppia cittadinanza), anche se il padre successivamente ha cambiato cittadinanza per naturalizzazione (acquisizione della cittadinanza) ed è diventato straniero durante il periodo minorile del bambino. [107]

Poiché esisteva la possibilità, ma non l’obbligo, di rinunciare alla cittadinanza al raggiungimento della maggiore età, la maggior parte l’ha mantenuta o almeno non ha rinunciato alla cittadinanza italiana. La cittadinanza (secondo l’interpretazione della legge) è stata quindi trasferita di generazione in generazione, anche se le persone non se ne sono interessati o non ne erano addirittura consapevoli. La legge prevede pertanto la possibilità di riconoscere loro il diritto alla cittadinanza.

Le condizioni per tale riconoscimento si fondano quindi, da un lato, sulla prova della discendenza dalla persona originariamente dotata dello status di cittadino (l’antenato emigrato) e, dall’altro, sulla prova dell’assenza di interruzioni nel trasferimento della cittadinanza. Il trasferimento poteva essere interrotto solo da una rinuncia esplicita, che di norma nessuno presentava.

La procedura di riconoscimento

La procedura per il riconoscimento del possesso iure sanguinis della cittadinanza italiana è stata formalizzata nella citata circolare n. K.28.1 dell’8 aprile 1991 del Ministero dell’Interno, la cui validità giuridica non è, come già sottolineato, pregiudicata dalla successiva entrata in vigore della legge 91/1992.

Per il riconoscimento è necessario seguire le seguenti fasi:

  • garantire che i discendenti provengano da un antenato di nazionalità italiana (non ci sono vincoli generazionali);
  • assicurarsi che l’antenato italiano abbia conservato la sua nazionalità fino alla nascita del discendente;
  • La mancata naturalizzazione (acquisizione della cittadinanza straniera) o la data di qualsiasi naturalizzazione dell’antenato deve essere comprovata da un certificato dell’autorità straniera competente;
  • provare l’ascendenza dell’antenato italiano mediante certificati di nascita e di matrimonio; in questo contesto, va ricordato che il trasferimento della cittadinanza italiana, anche da parte della madre, può essere effettuato solo per i figli nati dopo il 1° gennaio 1948, data di entrata in vigore della Costituzione;
  • confermare che né il richiedente né i suoi antenati hanno mai rinunciato alla cittadinanza italiana e non hanno infranto la catena di trasferimento della cittadinanza presentando gli opportuni certificati delle competenti autorità diplomatiche italiane.

Il richiedente deve presentare la domanda al Consolato nella cui circoscrizione ha vissuto lo straniero italiano di origine, unitamente a tutta la documentazione necessaria a comprovare i suddetti requisiti. [108]

La successione da parte della madre

La legge del 1912 prevedeva il trasferimento della cittadinanza jure sanguinis solo da parte del padre (art. 1 legge n. 555/1912), secondo la tradizione familiare patriarcale dell’epoca. Tuttavia, la Corte Costituzionale Italiana, con sentenza n. 30 del 9 febbraio 1983, ha dichiarato tale restrizione anticostituzionale nell’articolo 1 della legge n. 555/1912 e quindi ha dato piena attuazione al principio di uguaglianza tra uomini e donne nel trasferimento dello “status civitatis”.

Ciò significa che i figli nati da una madre che era cittadina possono ottenere la cittadinanza italiana, a condizione che la possedesse al momento della nascita dei figli. Tuttavia, secondo un’interpretazione delle Sezioni Unite della Corte Suprema (Cassazione), [109] ciò può essere concesso solo nei casi in cui la nascita sia avvenuta dopo il 1° gennaio 1948, data di entrata in vigore della Costituzione italiana, perché per il periodo precedente vale l’ordinamento giuridico in vigore in quel tempo.

Possibilità di ricorso anche al periodo precedente l’unità d’Italia

E’ già stato sottolineato che non esiste un vincolo generazionale per il quale è possibile fornire la prova di un antenato di nazionalità italiana. Valgono anche cittadinanze di Stati predecessori che si unirono dopo il 1861 per formare il Regno d’Italia.

Infatti, il codice civile del 1865, che regolava la cittadinanza prima della legge n. 555/1912, non escludeva dalla cittadinanza italiana le persone emigrate prima della formazione del Regno d’Italia. Ciò vale, tuttavia, solo per gli Stati che sono diventati parte del Regno, ovviamente.

Il Codice Civile del 1865 e la successiva legge sull’emigrazione n. 23 del 31.1.1901, prevedevano che il discendente minorenne di una persona che aveva acquisito la cittadinanza straniera all’estero, perdendo così la cittadinanza italiana, seguisse il destino della cittadinanza del genitore e perdesse così l’originario status di civitatis.

Prima dell’entrata in vigore della legge n. 555/1912, il bambino non poteva conservare la cittadinanza, anche se il padre aveva acquisito la cittadinanza straniera solo dopo la nascita del bambino. Il figlio minorenne seguì la nazionalità del padre. Questa possibilità di preservare la cittadinanza originariamente acquisita da ius sanguinis si è aperta solo con l’art. 7 della legge 555/1912.

Al di là dei semplici requisiti, va osservato che l’Italia non impone alcuna condizione culturale o linguistica alle persone che possono dimostrare di avere un antenato con cittadinanza italiana,[110] anche all’estero, senza limitare le generazioni che trasferiscono la cittadinanza e a prescindere dalla nazionalità che possiedono. La prova dell’origine e che la catena non sia stata interrotta da una rinuncia esplicita, sono sufficienti.

Suggerimenti per l’Austria dall’esperienza italiana

Nel programma governativo del primo governo Kurz l’Austria prevedeva essenzialmente una disciplina simile a quella che l’Italia aveva emanato per gli italiani in Istria e Dalmazia, con tutti i problemi e le resistenze che anche la legge italiana aveva riscontrato. Meno noto, ma anche molto meno problematico, è il riconoscimento della cittadinanza agli stranieri con un antenato in possesso della cittadinanza italiana. Tale soluzione potrebbe soprattutto risolvere il problema della separazione etnica che sorge se si concede il beneficio unilateralmente sulla base di una dichiarazione etnica.

La dichiarazione linguistica come base per la cittadinanza?

Una limitazione etnica della cittadinanza non potrebbe fare altro, infatti, che riferirsi alla dichiarazione del gruppo linguistico (italiano, tedesco e ladino), che in provincia di Bolzano è rilevato in occasione di ogni censimento generale della popolazione. Il nuovo Statuto di autonomia (DPR 670/1972) ha, infatti, connesso al censimento la c.d. proporzionale etnica,[111] cioè la riserva di posti pubblici (art. 89) e stanziamenti a fini assistenziali, sociali e culturali (art. 15, oltre al bisogno) ai tre gruppi linguistici “in rapporto alla consistenza dei gruppi stessi, quale risulta dalle dichiarazioni di appartenenza rese nel censimento generale della popolazione.” La sua prima applicazione (in base alla norma di attuazione DPR 752/1976, art. 18 nella sua versione originale) aveva provocato controversie e polemiche, quale la campagna del “Comitato contro le opzioni” del 1981, la Clamorosa Protesta Di Eugen Galasso e le battaglie di Alexander Langer contro le “gabbie etniche”.[112]  La dichiarazione di allora prevedeva l’obbligo (a pena di essere esclusi dai relativi benefici) di dichiararsi a uno dei tre gruppi ufficiali, anche per persone mistilingue o di altra lingua, e la diretta connessione tra la dichiarazione individuale e il censimento. I problemi sono stati risolti con successive norme.[113]

Coloro che ritengono di non appartenere ad alcuno dei predetti tre gruppi lo dichiarano e rendono soltanto una dichiarazione di aggregazione ad uno di essi (DPR 752/1976, art. 18 attuale). La dichiarazione è assolutamente anonima. Qualora un cittadino intenda beneficiare degli effetti giuridici, che in base allo Statuto di autonomia sono riservati ai tre gruppi linguistici,[114] per esempio concorrere per un posto pubblico o accedere a un beneficio sociale, deve rendere una dichiarazione distinta (di appartenenza o aggregazione), che è conservata in cancelleria del tribunale in una busta chiusa e a sua disposizione nel caso che ne voglia fare uso.[115]

Da queste disposizioni derivano tre conseguenze:

  1. La dichiarazione resa al censimento in modo anonimo non deve per niente corrispondere alla dichiarazione individuale per beneficiare delle conseguenze giuridiche, una discrepanza poco logica che permette di rendere la dichiarazione secondo propria opportunità.
  2. La dichiarazione è assolutamente libera e una pura espressione di volontà di voler appartenere o aggregarsi a un gruppo linguistico, senza una necessaria corrispondenza ai fatti.
  3. Se un cittadino non s’identifica con nessuno dei tre gruppi linguistici ufficiali, può omettere di dichiarare il gruppo linguistico e rendere una dichiarazione di aggregamento a uno di questi ai fini giuridici.

Ne consegue, che l’Austria dovrebbe accettare domande da chiunque si dichiari del gruppo di lingua tedesca o ladina (o magari anche si aggreghi), anche da chi lo facesse per sola opportunità. L’appartenenza linguistica, infatti, rilevante nella Provincia di Bolzano ai fini della c.d. “proporzionale etnica”, conclude anche Lino Panzeri (2018)[116] rappresenta una variabile soggettiva priva come tale di un’effettiva attitudine selettiva. Essa costituisce infatti “una scelta personalissima dell’individuo”, tanto che la stessa dichiarazione di appartenenza ad un gruppo linguistico può essere liberamente modificata dall’interessato.[117]

Il ius sanguinis come base

L’Austria, che – a parte qualche eccezione – non prevede la doppia cittadinanza, dovrebbe in ogni caso adattare la propria legislazione agli obiettivi preposti. Questa revisione legislativa potrà anche prevedere i modi concreti e i limiti di applicazione. Ma in linea di principio si presentano le due alternative: Quella prospettata nel programma del primo governo Kurz in base al gruppo linguistico e territoriale o quella del ius sanguinis, che come per l’Italia anche per l’Austria costituisce la via maestra di acquisizione. Il riferimento alla normativa italiana per i discendenti di cittadini italiani all’estero potrebbe indicare un possibile approccio che si discosti dalle restrizioni etniche e superi le relative riserve.

La legge austriaca che regola la cittadinanza risale al 1985, varie volte modificata successivamente, prevede tre modi di acquisizione della cittadinanza:[118]

  1. Discendenza da madre o padre cittadina/o austriaca/o (§ 7), o legittimazione di figlio legittimo (§ 7 a),
  2. Conferimento (e estensione del conferimento) per stranieri residenti da almeno dieci anni, a varie condizioni (§ 10), o residenza per sei anni, per cittadini UE, o sposati con cittadino/a austriaca/o oppure conoscenti della lingua tedesca e altre norme dettagliate (§ 11a), nonché (secondo una norma costituzionale) per meriti speciali (§ 10.6).
  3. Denuncia: Uno straniero acquisisce la cittadinanza se denuncia all’autorità di essere stato trattato erroneamente come cittadino da un’autorità austriaca almeno negli ultimi quindici anni e non ne è responsabile.

La normativa austriaca sulla cittadinanza segue il principio di evitare la cittadinanza multipla. Questo principio è anche alla base della menzionata Convenzione del Consiglio d’Europa n. 43 sulla riduzione dei casi di nazionalità multipla e sugli obblighi di servizio militare in caso di nazionalità multipla, di cui l’Austria è parte contraente.

L’Austria già prevede una soluzione simile all’Italia per i suoi emigranti, ad esempio in Sud America. Negli ultimi trenta anni (dal 1987 al 2017), secondo il Consolato di Treze Tílias / Dreinzehnlinden, 1.309 famiglie hanno ottenuto la cittadinanza austriaca solo in base al principio di discendenza.

I cittadini austriaci conservavano la loro cittadinanza (o acquisivano quella della Repubblica austriaca) se all’entrata in vigore del trattato di St. Germain (20 luglio 1920) possedevano il diritto di residenza in un comune rimasto alla Repubblica d’Austria. Erano esclusi invece i cittadini che avevano acquisito la cittadinanza dello Stato successore. Così i sudtirolesi vennero due volte esclusi da questa possibilità, non tenendo la residenza in un comune rimasto all’Austria e acquisendo la cittadinanza italiana.[119]

Le barriere giuridiche sono comunque da superare, come il divieto tuttora vigente in Austria di due cittadinanze. Un problema che si potrebbe porre è che l’Impero austro-ungarico si estendeva ben oltre l’area d’insediamento di lingua tedesca e comprendeva anche buone parti dell’Italia settentrionale e dell’Europa centrale e orientale, come la Slovenia, l’Ungheria o la Cechia. Una preoccupazione in tal senso deriva proprio dalla problematica, che il “conferimento a cittadini sloveni, ungheresi e cechi non sarebbe praticabile da un punto di vista giuridico-politico.” [120]

Anche questo rischio però, di domande di cittadini di cultura non espressamente austriaca, non deve essere sopravvalutato. Ci si dovrebbe rendere conto di chi possa essere effettivamente interessato alla cittadinanza austriaca e ne faccia veramente richiesta. Si tratterebbe inoltre quasi esclusivamente di cittadini dell’Unione europea che condividono comunque la stessa cittadinanza europea.  L’Italia, molto generosa con la sua regolamentazione, non ha mai dovuto registrare grandi abusi, che comunque possono essere evitati con un’adeguata procedura di approvazione.

Se, tuttavia, si dovesse temere una diffusione troppo ampia, si potrebbero prevedere restrizioni giuridiche e territoriali, ad esempio limitando il benefico alle ex terre ereditarie austriache di lungo periodo (österreichische Erblande), cioè escludendo quelle conquistate per combattimento o matrimonio. Ricordiamoci la politica non solo della grande imperatrice austriaca Maria Theresia (1717-1780): “Bella gerant alii, tu felix Austria nube.” Gran parte dei territori dell’Impero derivava da matrimoni.

Rischioso e possibile motivo di conflitto sarebbe limitare la misura al solo territorio del Trentino-Alto Adige, se non si trovasse l’accordo da parte italiana, perché ciò porterebbe essere giudicato ancora una volta come una possibile intromissione in affari dell’Italia, anche se in questo caso mancherebbe la dimensione etnica. Ancora più problematica si presenterebbe una restrizione al territorio della provincia di Bolzano, data la maggioranza tedesca del 70% e le riserve già espresse dall’Italia. Né una tale limitazione renderebbe giustizia alla dimensione storica ed escluderebbe i tanti trentini tirolesi che ancora oggi si sentono e si professano tali.

La soluzione meno problematica, tuttavia, sarebbe quella di non prevedere alcuna restrizione territoriale (se non quella di riservarla eventualmente agli österreichischen Erblande), come dimostra anche la legge italiana. Nessuno in Italia potrebbe avanzare accuse d’interferenza negli interessi nazionali se la misura si riferisse ai discendenti di antenati austriaci in tutto il mondo.

In ogni caso, il riconoscimento di discendenza da antenati austriaci (per i cittadini in provincia di Bolzano e oltre) si collocherebbe comunque molto più indietro nel tempo, perché si limiterebbe a antenati del periodo precedente all’annessione della parte Sud del Tirolo all’Italia nel 1919, che risale a più di 100 anni fa.

L’argomentazione secondo cui ciò consentirebbe anche a tanti italiani di beneficiare della misura non dovrebbe costituire un problema. Si tratterebbe comunque solamente di cittadini che già risiedevano in queste zone prima del fascismo, naturalmente anche di tanti italiani, ma chi ne farebbe uso? Probabilmente coloro che non solo discendono da cittadini austriaci, ma che si sentono particolarmente legati all’Austria e alla loro storia comune, come i trentini tirolesi o gli italiani di lunga data in provincia di Bolzano e forse a Trieste! La linea di demarcazione, tuttavia, non sarebbe basata sull’etnia, ma sull’ascendenza e su ragioni storiche. Interessante da notare, che la proposta qui discussa e sostenuta tra altri anche dall’ex-presidente della provincia di Bolzano, Luis Durnwalder,[121] ha trovato l’appoggio del partito sudtirolese più intransigente e maggior promotore del doppio passaporto, la “Südtiroler Freiheit”, che ha dichiarato pubblicamente di non intravvedere nessun problema se il passaporto austriaco fosse conferito anche a italiani che lo richiedono.[122]

E a cosa potrebbe obiettare Roma se l’Austria facesse lo stesso che l’Italia sta facendo in tutto il mondo, dove – a differenza della soluzione in Istria – non provocò nessuna polemica? Rimangono i motivi e i timori nascosti, alimentati dalle tendenze antieuropee, che mettono in dubbio il progetto di superamento delle frontiere e che alimentano pur inconsciamente il desiderio di appartenenti alle minoranze di una connessione più stretta con lo Stato madre.[123]A questi timori si può solamente rispondere come suggerisce Panzeri (2018) con “l’urgenza di rilanciare il progetto europeo, che, pur attraversato da limiti e contraddizioni, costituisce una garanzia per la convivenza delle diversità.”[124]

 

[1] Il termine “Südtiroler” o tradotto “sudtirolesi” di regola si riferisce ai discendenti dell’ex Tirolo storico a sud del Brennero, prima dell’annessione al Trentino, e ora agli appartenenti delle minoranze tedesche e ladine. Senza riferimento al gruppo linguistico rimane però ambiguo, perché potrebbe riferirsi anche a tutti gli abitanti del “Südtirol” o “Sud Titolo” in senso territoriale.

[2] Palermo, Francesco (2018): Doppio Passaporto: Le domande scomode, in: quotidiano Alto Adige del 3 agosto 2018, https://palermofrancesco.wordpress.com/2018/08/06/doppio-passaporto-domande-scomode/, ultimo accesso 16.12.2019.

[3] La legge cost. 18.10.2001, n.3, art. 2, ha riformato l’art. 116 della Costituzione introducendo tra l’altro il nome tedesco “Südtirol” in Costituzione, che fino allora era previsto solamente come traduzione tedesca nello Statuto speciale di autonomia del Trentino Alto Adige, dall’entrata in vigore della riforma dello Statuto del 1972 (legge cost . 10.11.1971, n.1), TU DPR 31.8.1972, n.670, art. 114.

[4] Caprotti, Giuseppe (1988): Alto Adige o Südtirol?, Franco Angeli, Milano, 11.

[5] Nelle traduzioni dei testi austriaci si lascia la versione originale “Südtirol”, senza tradurla in Sudtirolo o Alto Adige, il che potrebbe essere arbitrario.

[6] Bernasconi, Francesca: L’Austria dice sì al doppio passaporto per i cittadini sudtirolesi, in: Il Giornale.it, 20.9.2019, http://www.ilgiornale.it/news/cronache/laustria-dice-s-doppio-passaporto-i-cittadini-sudtirolesi-1755823.html, ultimo accesso 21.9.2019. Unser Tirol.com: Überraschendes „Ja“ im Nationalrat zum Doppelpass, 19.9.2019, https://www.unsertirol24.com/2019/09/19/ueberraschendes-ja-im-nationalrat-zum-doppelpass/, ultimo accesso 4.11.2019.

[7] La proposta è stata inserita come emendamento a una mozione presentata dalla SPÖ (Socialdemocratici), volta a offrire ai discendenti degli espulsi dal regime nazista l’opportunità di acquisire la doppia cittadinanza in modo semplificato: Nationalrat, XXVI. GP, 88 Sitzung /1, A – 21:50:51, seduta del 19.9.2019, Entschließungsantrag der Abgeordneten Neubauer, Gahr, Kolleginnen und Kollegen betreffend „enge bilaterale Gespräche zur Doppelstaatsbürgerschaft für Südtiroler“,  https://www.parlament.gv.at/PAKT/VHG/XXVI/NRSITZ/NRSITZ_00088/A_-_21_50_51_00207363.pdf, ultimo accesso 4.11.2019. Vedi anche nota 12.

[8] Heiss, Hans (2011): Annus semper mirabilis: Das 200.Anniversar der Tiroler Erhebung, Cap. 6. Finale furioso: Doppelpass als Eigentor, in: Grote, Georg / Siller, Barbara (a cura di): Südtirolismen, Universitätsverlag Wagner, Innsbruck, 79-81.

[9] Olt, Reinhard (2018): Herzensangelegenheit Südtirol, in: Genius, Gesellschaft für friedliches Denken, 28.1.2018, http://www.genius.co.at/index.php?id=875, ultimo accesso 12.12.2018, cap. Rückblende.

[10] Heiss (2011), nota 8; anche Olt (2018), nota 9, cap. “Umfaller” e “Bremser”.

[11] Vedi nota 5.

[12] Traduzione dell’autore, come tutti i seguenti testi tradotti. Nationalrat XXVI. GP 19. September 2019 88. Sitzung / 1, la parte deliberante:  “Der Bundesminister für Inneres und der Bundesminister für Europa, Integration und Äußeres werden aufgefordert, zeitnah mit ihrer italienischen Kollegin und ihrem italienischen Kollegen sowie den Vertreterinnen und Vertretern der Bevölkerung in Südtirol in bilaterale Gespräche zu treten, um das Thema “Doppelstaatsbürgerschaft für Südtiroler” zu erörtern. Nach diesen Gesprächen wird der Bundesminister für Inneres aufgefordert, dem Nationalrat einen Gesetzesvorschlag für eine Doppelstaatsbürgerschaft für Südtiroler vorzulegen.” https://www.parlament.gv.at/PAKT/VHG/XXVI/NRSITZ/NRSITZ_00088/A_-_21_20_57_00207250.pdf, ultimo accesso 5.11.2019. Vedi anche nota 7.

[13]  „Für die Realisierung dieses Vorhabens bedarf es einer guten Abstimmung zwischen Österreich und Italien, die im europäischen Geist erfolgen muss. Österreich sollte hier keine Alleingänge unternehmen. Die Rechtspraxis zeigt, dass Fragen der Doppelstaatsbürgerschaft ein sensibles Thema sind, deren Durchsetzung oft zu bilateralen Verstimmungen führen können. Dies ist in jedem Fall zu vermeiden, dennoch sollte dieses Anliegen, das viele Südtirolerinnen und Südtiroler hegen, geprüft werden.“ Entschließungsantrag der Abgeordneten Werner Neubauer, Hermann Gahr, Nationalrat, XXVI. GP 19. September 2019, 88. Sitzung / 3.

[14] Si veda più avanti cap. 4 L’Istria – uno modello poco felice.

[15] Muser, Ivo (2017): “Il doppio passaporto? Dico no a ciò che divide” (Doppelpass? Ich sage Nein, zu allem, was trennt), intervista, Alto Adige 22.12.2017, http://www.altoadige.it/cronaca/muser-il-doppio-passaporto-dico-no-a-ci%C3%B2-che-divide-1.1478557, ultimo accesso 21.9.2019.

[16] Sul concetto di minoranza cfr. tra altri Piergigli, Valeria (2005): Minoranze e lingue, tra questioni interpretative ed esigenze di tutela giuridica, in Piergigli, Valeria (a cura di): L’autoctonia divisa, La tutela giuridica della minoranza italiana in Istria, Fiume e Dalmazia, CEDAM, Padova, 135-136.

[17] Zusammen. Für unser Österreich. Regierungsprogramm 2017-2022, 33, „Doppelstaatsbürgerschaft neu denken ▪ Doppelstaatsbürgerschaft Südtirol und Alt-Österreicher: Im Geiste der europäischen Integration und zur Förderung einer immer engeren Union der Bürgerinnen und Bürger der Mitgliedstaaten wird in Aussicht genommen, den Angehörigen der Volksgruppen deutscher und ladinischer Muttersprache in Südtirol, für die Österreich auf der Grund- lage des Pariser Vertrages und der nachfolgenden späteren Praxis die Schutzfunktion ausübt, die Möglichkeit einzuräumen, zusätzlich zur italienischen Staatsbürgerschaft die österreichische Staatsbürgerschaft zu erwerben.”

https://www.oeh.ac.at/sites/default/files/files/pages/regierungsprogramm_2017-2022.pdf, ultimo accesso 16.12.2019:

[18] Dolomiten, 18.12. 2017, 3.

[19] Vikoler, Thomas: Bedrohter Frieden, Neue Südtiroler Tageszeitung, 2./3.12.2017; Kofler, Matthias: Spaltpilz oder Chance?, Neue Südtiroler Tageszeitung, 1.12.2017, interviste con i consiglieri provinciali Roberto Bizzo (PD), Riccardo Dello Sbarba (Verdi), Alessandro Urzì (Alto Adige nel Cuore), Christian Tommasini (PD), Michaela Biancofiore (Forza Italia), 4 und 5.

[20] Oberhofer Artur: “Nicht mit der Brechstange” (Non a colpi di mazza), intervista al Segretario politico Philipp Achammer, “l’Obman” dell’SVP chiede di porre fine alle provocazioni politiche e chiarisce che il doppio passaporto non sarebbe fattibile senza l’accordo con gli italiani, Neue Südtiroler Tageszeitung, 22.11.2019, 6.

[21] Apollis – Istituto di ricerca sociale & demoscopia” di Bolzano per conto della Società Michael Gaismair Gesellschaft Bolzano/Bozen, presentato a Vienna il 23.10.2019, http://www.michael-gaismair.it/pressekonferenz-zum-thema-doppelstaatsburgerschaft/, ultimo accesso 11.12.2019.

[22] Neue Südtiroler Tageszeitung  26/27.10.2019, 2-3;  UnserTirol.com, 23.10.2019: https://www.unsertirol24.com/2019/10/23/136-000-suedtiroler-beantragen-laut-umfrage-doppelpass/, ultimo accesso 11.2.2019.

[23] Tabullati nella Neue Südtiroler Tageszeitung  26/27.10.2019, 3,

[24] Palermo, Francesco (2017): A proposito di un doppia cittadinanza per gli altoatesini di lingua tedesca, Rompere ciò che funziona?, in: Il Mulino, 21 dicembre 2017, https://www.rivistailmulino.it/news/newsitem/index/Item/News:NEWS_ITEM:4204, ultimo accesso 16.12.2019.

[25] Camera dei deputati, 27.9.2018. Mozione approvata (sul doppio passaporto) del 27.9.2018, su iniziativa di Francesco D’Uva (CinqueStelle) e Riccardo Molinari (Lega) n. 1- 00047, parere favorevole del governo e approvata dalla Camera il 27.9.2018, https://www.camera.it/leg18/410?idSeduta=0051&tipo=stenografico, ultimo accesso 21.9.2019.

[26] Nota del Ministro degli Affari Esteri del 15.2.2019 al Presidente della Camera dei deputati sull’attuazione della mozione della Camera del 27.9.2018; cfr. anche Dolomiten 18.3.2019, 3.

[27] Ibid.

[28] Faist, Thomas (2019): Local and Transnational Citizenship, Europa Ethnica 1/2, 2019, Facultas, Wien, 12.

[29] Groppi, Tania / Simoncini, Andrea (2017): Introduzione allo studio del diritto pubblico e delle sue fonti, 4a ed. Giappichelli, Torino, 165-167.

[30] Falcon, Domenico (2008): Lineamenti di diritto pubblico, 112.

[31]Autonome Provinz Bozen Südtirol (2009): Das neue Autonomiestatut, http://www.provinz.bz.it/lpa/download/statut_dt.pdf, ultimo accesso 4.12.2019.

[32] Tosato, Egidio (1957): Studi De Francesco, 23, in Bartole, Sergio / Bin, Roberto (2008): Commentario breve alla Costituzione, CEDAM, Padova, 1.

[33] Bin, Roberto / Pitruzzella, Giovanni (2016): Diritto pubblico, Giappichelli, Torino, 15.

[34] D’Atena, Antonio (2010), Diritto regionale, Giappichelli, Torino, 73.

[35] Barbera, Augusto / Fusaro, Carlo (2014): Corso di diritto pubblico, Il Mulino, Bologna, 131.

[36] Faist, Thomas (2019), nota 28, 12.

[37] Doehring, Karl (2004): Völkerrecht, 2., neu bearbeitete Auflage, C.F. Müller, Heidelberg, 30.

[38] League of Nations O. J. 847 (1930): Convention on Certain Questions Relating to the Conflict of Nationality Laws, 12 April 1930 https://www.refworld.org/docid/3ae6b3b00.html, ultimo accesso 6.11.2019.

[39] Gornig, Gilbert (2019): Doppelte Staatsangehörigkeit und Völkerrecht, Europa Ethnica 1/2 2019, Facultas, Wien, 16.

[40] Bundeszentrale für politische Bildung: Doppelte Staatsangehörigkeit in Deutschland: Zahlen und Fakten, http://www.bpb.de/gesellschaft/migration/laenderprofile/254191/doppelte-staatsangehoerigkeit-zahlen-und-fakten?p=al, ultimo accesso 21.9.2019.

[41] Oesterreich.gv.at 2019: Doppelstaatsbürgerschaft, Ihr Wegweiser durch die Ämter und Behörden in Österreich, https://www.help.gv.at/Portal.Node/hlpd/public/content/26/Seite.260430.html , ultimo accesso 21.9.2019.

[42] Cfr. Geistlinger, Michael / Hilpold, Peter et al. (a cura di) (2019): Schwerpunkt: Doppelte Staatsbürgerschaft – aktuelle Entwicklungen im internationalen Vergleich, Europa Ethnica 1/2; (2016): Schwerpunkt: Doppelte Staatsbürgerschaft 1/2, Facultas, Wien.

Kollmann, Cristian (a cura di) (2017): Doppelte Staatsbürgerschaft als Mittel des Minderheitenschutzes im europäischen bzw. internationalen Vergleich, Landtagsfraktion der Süd-Tiroler Freiheit, Bozen.

Hilpold, Peter (2016): Die doppelte Staatsbürgerschaft im Völkerrecht, in: Europa Ethnica 1/2 2016, Facultas, Wien, 2.

[43] Raffeiner, Andreas (2019): Die doppelte Staatsbürgerschaft in den 28 Mitgliedsstaaten der Europäischen Union, Europa Ethnica 1/2, 2019, Facultas, Wien, 2-11.

[44] Convention on the nationality of married women, Opened for signature and ratification by General Assembly resolution 1040 (XI) of 29 January 1957 entry into force 11 August 1958, http://dirittiumani.donne.aidos.it/bibl_2_testi/b_patti_conv_protoc/e_altre_conv_e_protoc/c_conv_nazion_donne_sposate/conv_naz_donne_sposate_engl.pdf, ultimo accesso 22.11.2019.

[45] Consiglio d’Europa, Trattato n. 43, Convenzione sulla diminuzione dei casi di doppia nazionalità e sugli obblighi militari in caso di doppia nazionalità, entrata in vigore il28.03.1968,   https://www.coe.int/it/web/conventions/full-list/-/conventions/treaty/043, ultimo accesso 9.12.2019.

[46] Hannappel, Wolfgang (1996): Staatsangehörigkeit und Völkerrecht, Die Entwicklung des Völkerrechtes auf das Staatsangehörigkeitsrecht in der Bundesrepublik Deutschland, Frankfurt am Main, 79.

[47] Consiglio d’Europa, Trattato n°166, Convenzione europea sulla nazionalità, Strasburgo, 6.1.1997, https://www.coe.int/it/web/conventions/full-list/-/conventions/treaty/166, ultimo accesso 23.11.2019.

[48] Palermo, Francesco (2011): National Minorities in Inter-State Relations, in: Palermo, Francesco / Sabanadze, Natalie (a cura di): National Minorities in Inter-State Relations, Leiden-Boston, Nijhoff, 3.

[49] Palermo, Francesco / Sabanadze, Natalie (2011), nota 48.

[50] High Commissioner on National Minorities-HCNM (2008): The Bolzano/Bozen Recommendations on National Minorities in Inter-State Relations & Explanatory Note, Publisher Organization for Security and Co-operation in Europe (OSCE), https://www.osce.org/hcnm/bolzano-bozen-recommendations?download=true, ultimo accesso 12.12.2019, tradotto, nota 12.

[51] Palermo (2011), nota 48, 5.

[52] Caravita, Beniamino (2019): Knowledge of national language and citizenship: Is there still space to build a multicultural citizenship in Europe?, federalismi.it n. 6, marzo 2019, 4.

[53] HCNM (2008), nota 50, 19.

[54] Milano, Enrico (2011): The Conferral of Citizenship en masse by Kin-States: Creepíng Annexation or Responsibility to Protect?”, ín: Palermo, Francesco / Sabanadze, Natalie (a cura di): National Minorities in Inter-State Relations, Leiden-Boston, Nijhoff, 145-163.

[55] Cfr. nota 52.

[56] Milano (2011), nota 54, 160-162.

[57] Hilpold, Peter (2019): Die doppelte Staatsbürgerschaft im Völkerrecht, in: Europa Ethnica 1/2, Facultas Wien, S.3-4

[58] Index Mundi: Hungary Demographics Profile 2018, https://www.indexmundi.com/hungary/demographics_profile.html, secondo l’ultimo censimento del 2011, esattamente 9.937.628 abitanti,   http://www.ksh.hu/nepszamlalas/tables_regional_00, ultimo accesso 29.11.2019.

[59] Oltay, Edit (2018): Wende in der Regierungspolitik, Verhältnis zu den ungarischen Minderheiten in den Nachbarländern, Budapester Zeitung, 11.10.2019, 21 ° anno, n.36, 26-29.

[60] Oltay, Edit (2018), 26.

[61] The Fundamental Law Of Hungary (25 April 2011), Traduzione inglese della versione consolidata della legge fondamentale, del 1° ottobre 2013. https://www.kormany.hu/download/e/02/00000/The%20New%20Fundamental%20Law%20of%20Hungary.pdf, ultimo accesso 29.11.2019, art. D.

[62] Bota, Alice / Bittner, Jochen: Europäische Union, Ungarn überall, Die Zeit, 27.05.2010 Nr. 22,   https://www.zeit.de/2010/22/Ungarn-Slowakei, ultimo accesso 29.11.2019.

[63] Ozsváth, Stephan: Ungarn und die doppelte Staatsbürgerschaft. Konservative Regierung verärgert Slowakei, 27.05.2010, https://www.deutschlandfunk.de/ungarn-und-die-doppelte-staatsbuergerschaft.795.de.html?dram:article_id=118788,  ultimo accesso 29.11.2019.

[64]ORF: Doppel-Staatsbürgerschaft, 8.04.2017, https://oe1.orf.at/artikel/245846/Doppel-Staatsbuergerschaft, ultimo accesso 29.11.2019.

[65] Ozsváth (2019), nota 63.

[66] Oltay (2018), nota 59, 28.

[67] Spiegel Online: Putin-Erlass, Russland weitet umstrittene Passvergabe für Ukrainer aus, 17.7.2019, https://www.spiegel.de/politik/ausland/russland-weitet-umstrittene-passvergabe-fuer-ukrainer-aus-a-1277831.html, ultimo accesso 21.9.2019.  

[68] Vedi nota 39.

[69]  Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (Versione Consolidata), del 26.10.2012,  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/it/TXT/PDF/?uri=CELEX:12012E/TXT&from=IT, ultimo accesso 21.9.2019.

[70] Republik Österreich, das Parlament, Vor 20 Jahren: Abschluss des EU-Beitrittsvertrags und der EU.

[71] Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 31.7.2006 IT, Regolamento (CE) N. 1082/2006, del 5 luglio 2006 relativo a un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT), https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32006R1082&from=EN, ultimo accesso 21.9.2019.

[72] Cfr. Bußjäger, Peter / Gamper, Anna / Happacher, Esther / Woelk, Jens (Hg) (2011): Der europäische Verbund territorialer Zusammenarbeit (EVTZ): Neue Chancen für die Europaregion Tirol-Südtirol-Trentino, Institut für Föderalismus, Band 113, Braumüller, Wien.

Woelk, Jens /Bußjäger, Peter (2010): Il Trattato di Lisbona e le Regioni: il controllo di sussidiarietà, EURAC book 59, Bozen.

Engl, Alice / Zwilling, Carolin (Hg) (2014): European Grouping of Territorial Cooperation – EGTC, EURAC book 63, Bozen.

Rosini, Monica (Autrice, ital.) / Peterlini, Oskar (versione tedesca) (2019): Europa delle Regioni, Cooperazione transfrontaliera e GECT / Europa der Regionen, Anwendung des EU-Rechtes und Euregio, Libera Università di Bolzano, lezioni e presentazione PowerPoint.

[73] Peterlini, Oskar (2000e it): Autonomia e tutela delle minoranze nel Trentino-Alto Adige, Cenni di storia e cultura, diritto e politica ,Consiglio della Regione Autonoma del Trentino Alto Adige, Bolzano Trento.

[74] Il Trattato è stato ratificato dall’Assemblea costituente con legge del 8 agosto 1947, n. 811.

[75] Kofler, Matthias (mat.): Kein Alleingang Österreichs; Österreich will Südtirol zurück, Neue Südtiroler Tageszeitung, 17.1.2018, 1,2,3.

Oberhofer, Artur: Nicht den Mund verbieten, Neue Südtiroler Tageszeitung, 3.3.2018, 10.

Dolomiten 8.3.2018: Italien zu Doppelpass: Reden nur mit Wien, Alfano kein Vormund für Südtiroler, 13;

Gonzato, Francesca (fr.g.): Moavero strappa con Vienna, “Minata la Fiducia reciproca”, Alto Adige 18.9.2018, 19.

Caccia, Fabrizio: Passaporti, scontro con Vienna, Scoppia il caso dei rimpatri flop, Corriere della Sera, 18.9.2018, 6.

Angelucci, Marco.: Doppio passaporto, Farnesina gelida, Corriere dell’Alto Adige, 18.9.2018, 3.

[76] Congresso SVP del 24 marzo 2012, nel capitolo Europa della risoluzione principale: “La Südtiroler Volkspartei si batte per la doppia cittadinanza per i sudtirolesi come espressione dello stretto legame con la patria Austria nello spirito europeo”. Confronta varie altre iniziative, non sempre condivise da tutti, in: UnserTirol.com: SVP-Altmandatare veröffentlichen Informationsschrift zum Doppelpass, 15.02.2018   https://www.unsertirol24.com//2018/02/15/svp-altmandatare-veroeffentlichen-informationsschrift-zum-doppelpass/, ultimo accesso 3.1.2019.

[77] Cfr. tra altri Scanniello, Desirée (2018): Minoranze germanofone e doppia cittadinanza I casi di Slesia, Südtirol e Ungheria, Facoltà di lettere e filosofia, Corso di Laurea in Mediazione linguistica ed interculturale, Diplomarbeit bei Prof. Andrea Carteny, La Sapienza – Università di Roma, anno academico 2017/2018.

[78] Cfr. Peterlini, Oskar (2019d): (Wie) Kann die Europa-Skepsis bekämpft werden? Appelle eines besorgten Europäers, in Zeitschrift für Parlamentsfragen (ZParl), Heft 4/2019, S 898-911,

 

[79] Palermo (2017), nota 24.

[80] Palermo (2017), nota 24.

[81] Fu esattamente dopo l’approvazione della citata legge che i deputati SVP Siegfried Brugger e Karl Zeller lanciarono l’analoga idea anche per i sudtirolesi, idea poi ripresa dalla “Landesversammlung” (congresso provinciale) della SVP nel 2012. Cfr. Grote, Georg / Siller, Barbara (a cura di) (2011): Südtirolismen, Universitätsverlag Wagner, Innsbruck, Cap. “6. Finale furioso: Doppelpass als Eigentor”.

[82] President Woodrow Wilson’s Fourteen Points, 8 January 1918, point IX: „A readjustment of the frontiers of Italy should be effected along clearly recognizable lines of nationality”, https://www.ourdocuments.gov/doc.php?flash=false&doc=62, ultimo accesso 22.11.2019.

[83] Romano, Paola (2005): La questione del confine orientale e le due guerre mondiali, in Piergigli, Valeria (a cura di): L’autoctonia divisa, La tutela giuridica della minoranza italiana in Istria, Fiume e Dalmazia, CEDAM, Padova, 223-232.

[84] Riosa, Alceo (2011): Confini armati e divisioni immaginate La Venezia Giulia e il confine orientale, in: Storicamente 7 – 2011 Rivista del Dipartimento di Discipline Storiche, Antropologiche e Geografiche – Università di Bologna.

[85] Cecovini, Manlio (2005): Il romanzo di Trieste, Storia di un autonomismo, Bastogi Editrice Italiana, Foggia, 76-80.

[86] Romano (2005), 247, nota 83.

[87] 42.      Peterlini, Oskar (2000): Autonomia e tutela delle minoranze nel Trentino-Alto Adige, Cenni di storia e cultura, diritto e politica, Consiglio della Regione Autonoma del Trentino Alto Adige, Bolzano Trento, 64-67.

[88] Messina, Dino (2017): Come i confini d’Italia furono ridisegnati nel 1947, Corriere della Sera, 5. 2. 2017, https://www.corriere.it/extra-per-voi/2017/02/03/come-confini-d-italia-furono-ridisegnati-1947-8a510ad2-e9f2-11e6-a07b-65e8492406d6.shtml, ultimo accesso 22.11.2019.

[89] Romano (2005), nota 83, 246-261.

[90] Riosa, Alceo (2011): Confini armati e divisioni immaginate. La Venezia Giulia e il confine orientale, in: Storicamente 7 – 2011, Rivista del Dipartimento di Discipline Storiche, Antropologiche e Geografiche, Università di Bologna, https://storicamente.org/riosa_confine_orientale,ultimo accesso 22.11.2019.

[91] Mancini, Marina (2005): La tutela della minoranza italiana in Slovenia e Croazia: Lo stato dei rapporti internazionali, in Piergigli, Valeria (a cura di): L’autoctonia divisa, La tutela giuridica della minoranza italiana in Istria, Fiume e Dalmazia, CEDAM, Padova, 268, 263-

[92] Mancini 2005, 285.

[93] Treaty of Peace with Italy, Art. 19, https://www.loc.gov/law/help/us-treaties/bevans/m-ust000004-0311.pdf; ultimo accesso 21.9.2019.

[94] Nascimbene, Bruno (2005): “Proposte a favore dell’acquisto o riacquisto della cittadinanza italiana da parte di connazionali residenti in Slovenia e Croazia”, in: Rivista di diritto internazionale privato e processuale, no. 2, 41, 371-376.

 

[95] Le innovazioni sono state inserite come art. 17 bis e 17 ter nella legge sulla cittadinanza n. 91 del 5 febbraio 1992.

[96] Cfr. anche Tremul, Maurizio (2017): Die Wiedererlangung der italienischen Staatsbürgerschaft für die Angehörigen der italienischen Minderheit in Kroatien und Slowenien, in Kollmann, Cristian (Hg): Doppelte Staatsbürgerschat als Mittel des Minderheitenschutzes im europäischen bzw. internationalen Vergleich, Landtagsfraktion der Süd-Tiroler Freiheit, Bozen, 33-39.

[97] Forza, Silvio:  Doppio Passaporto agli Italiani di Istria e Dalmazia, La Repubblica.it 14.5.1994, https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1994/05/14/doppio-passaporto-agli-italiani-di-istria-dalmazia.html, ultimo accesso 22.9.2019.

[98] Legge sulla cittadinanza n. 91 del 5.2.1992, che incorpora le modifiche alla legge n. 124 dell’8.3.2006 sul recupero della cittadinanza.

[99] Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale: Cittadinanza, https://www.esteri.it/mae/it/servizi/italiani-all-estero/cittadinanza.html, ultimo accesso 22.9.2019.

[100] Legge 5 febbraio 1992, n. 91, Art. 1-21, e i relativi regolamenti di esecuzione: in particolare il DPR 12 ottobre 1993, n. 572 e il DPR 18 aprile 1994, n. 362.

[101] Articolo 7 della legge n. 555/1912 e della „Circolare n. K.28.1 dell’8 aprile 1991 del Ministero dell’Interno“.

[102] Inserito in costituzione dalla legge costituzionale del 23.1.2001, n. 1, per la Camera all’art. 56, comma 2, per il Senato all’art. 57, comma 2.

[103] Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale: Cittadinanza, https://www.esteri.it/mae/it/servizi/italiani-all-estero/cittadinanza.html, ultimo accesso 22.9.2019.

[104] Ibid.

[105] Legge 13 giugno 1912, n.555, Art. 7.

[106]Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale: Cittadinanza https://www.esteri.it/mae/it/servizi/italiani-all-estero/cittadinanza.html, ultimo accesso 22.9.2019.

[107] Ibid.

[108] Ministero degli Affari Esteri: Cittadinanza.

[109] Sezioni Unite della Corte di Cassazione, sentenza n. 12091, 26.6.1998.

[110] Sulla questione del presupposto linguistico per la concessione di cittadinanza cfr. Caravita, nota 52.

[111] Cfr. Peterlini, Oskar (1980 de): Der ethnische Proporz in Südtirol, Athesia Bolzano.

[112] Poggeschi, Giovanni (2001): Il censimento e la dichiarazione di appartenenza linguistica, in Marko, Joseph / Ortino, Sergio / Palermo, Francesco (a cura di): L’ordinamento speciale della Provincia autonoma di Bolzano, CEDAM, Padova, 657 ss.

[113] L’art. 18 era stato modificato dall’articolo unico del D.P.R. 24 marzo 1981, n. 216, dall’art. 12 del D.P.R. 29 aprile 1982, n. 327 e dall’art. 1 del D.P.R. 3 aprile 1985, n. 108, quindi sostituito dall’art. 1 del D. Lgs. 1 agosto 1991, n. 253. Gli artt. 18-bis e 18-ter erano stati introdotti rispettivamente dall’art. 2 e dall’art. 3 del D. Lgs. 1 agosto 1991, n. 253. L’attuale art. 18 sostituisce gli art. 18, 18-bis e 18-ter per effetto dell’art. 1, comma 1, del D. Lgs. 23 maggio 2005, n. 99.

[114] TU, DPR 31.8.1972, n. 670, art 89 e 15 ed altri, DPR 752/1976.

[115] DPR 752/1976, art. 20 ter.

[116] Panzeri, Lino (2018): Sulla doppia cittadinanza in Alto Adige/Südtirol: brevi note a margine di una (annunciata) proposta di legge austriaca, in: Osservatorio Costituzionale, Fasc. 3/2018 7 dicembre 2018.

[117] Poggeschi, Giovanni (2001): La proporzionale “etnica”, in Marko, Joseph et al., nota 112, 686-716.

[118] “Bundesgesetz über die österreichische Staatsbürgerschaft (Staatsbürgerschaftsgesetz 1985, StbG), https://www.ris.bka.gv.at/GeltendeFassung.wxe?Abfrage=Bundesnormen&Gesetzesnummer=10005579, ultimo accesso 9.12.2019.

[119]Altmayer, Everton (2017): Brasilianisch-österreichische Doppelstaatsbürgerschaft in Dreizehnlinden: eine positive Realität, in Kollmann, Cristian (Hg): Doppelte Staatsbürgerschat als Mittel des Minderheitenschutzes im europäischen bzw. internationalen Vergleich, Landtagsfraktion der Süd-Tiroler Freiheit, Bozen, 15.

[120] Obwexer, Walter, in un’intervista con Varesco, Barbara (bv): Doppelpass für Italiener schwierig, quotidiano Dolomiten del 13.11.2019, 13.

[121]Kofler, Matthias: Doppelpass für Italiener; e Durnwalder, Luis, in un‘intervista con Matthias Kofler: „Saubere Lösung“, Neue Südtiroler Tageszeitung 12.11.2019, 1-3.

[122] UnserTirol.com: Doppelte Staatsbürgerschaft unterstreicht Verbundenheit zu Österreich, https://www.unsertirol24.com/2019/11/12/doppelte-staatsbuergerschaft-unterstreicht-verbundenheit-zu-oesterreich/, ultimo acceso 11.12.2019.

[123] Cfr. cap. 3.3.2 L’Europa come nuova preoccupazione?

[124] Panzeri (2018), nota 116, 549.

Ein Pass für Nachfahren österreichischer Staatsbürger

Statt ethnischer Trennung eine historische Lösung nach dem Muster der Italiener im Ausland

 

Peterlini, O. (2019c): Ein Pass für Nachfahren österreichischer Staatsbürger – Statt ethnischer Trennung eine historische Lösung nach dem Muster der Italiener im Ausland, in Europa Ethnica, Nr 1/2-2019, Facultas Verlags- und Buchhandels AG, Wien, ISSN 0014-2492, S. 23-43.

Inhalt

1        Die Problematik. 2

2        Das Programm Österreichs – Bedenken und Widerstand. 3

2.1     Polemik gegen die angepeilte ethnische Lösung. 3

2.2     Die Reaktion Italiens gegen das Österreichische Vorhaben. 3

2.3     Trotz EU-Bürgerschaft und Europaregion notwendig?. 5

3        Istrien – ein unglückliches Vorbild. 6

3.1     Die Friedensverträge an der Ostgrenze. 6

3.1.1       Der erste Weltkrieg und der Vertrag von Saint Germain. 6

3.1.2       Der zweite Weltkrieg und die Abtretung Istriens an Jugoslawien. 7

3.2     Die Regelung für Italiener in Istrien und Dalmatien. 8

4        Die allgemeinen Voraussetzungen für die Staatsbürgerschaft in Italien. 10

5        Eine historische statt einer ethnischen Lösung. 11

5.1     Auslandsitaliener – Anerkennung dank Abstammung von italienischem Vorfahren. 11

5.2     Das Verfahren zur Anerkennung. 13

5.3     Die Nachfolge mütterlicherseits. 14

5.4     Rückgriffmöglichkeit auch auf die Zeit vor der Einigung Italiens. 15

6        Fazit aus dem italienischen Gesetz für Auslandsitaliener. 15

6.1     Mögliche Anwendung in Österreich. 15

 

 

 

Oskar Peterlini

1       Die Problematik

In Südtirol schwelt schon seit Jahren eine politische Diskussion um die Frage, ob Österreich den Südtirolern die österreichische Staatsbürgerschaft gewähren soll. Die Positionen dazu sind kontrovers. Italien stellt sich kompromisslos dagegen. Im September 2018 hat die Abgeordnetenkammer einen harten Beschluss gegen dieses Unterfangen gefasst.[1] Im Februar 2019 hat der italienische Außenminister die ablehnende Haltung Italiens in einer Note ans Parlament erneut unmissverständlich bekräftigt.[2] In Österreich wurde das Thema lange Zeit mit Zurückhaltung betrieben, weil man die guten Beziehungen zu Italien nicht kompromittieren will. In Südtirol sehen heimatbewusste Kreise darin eine Möglichkeit sich stärker an das Mutterland Österreich anzunähern. Andere befürchten einen möglichen Spaltpilz, der die ethnischen Beziehungen zwischen den Volksgruppen belasten und neue Barrieren aufbauen könnte. Sogar der Bischof hat seine Bedenken kundgetan.[3]

Es geht in diesem Beitrag nicht darum, für die eine oder andere Meinung Partei zu ergreifen. Es soll vielmehr ergründet werden, ob es Lösungen gibt, mit denen die Diskussion entkrampft werden könnte. Die These, die hier zur Behandlung kommen soll, ist folgende: Die Befürchtungen, Vorbehalte und Ablehnungen könnten, wenn schon nicht ganz überwunden, so doch gemildert werden, wenn man eine solche Maßnahme nicht ethnisch begründet, sondern historisch. Es geht also nicht um ein aut aut, um ein Entweder Oder, sondern um die Form, mit der Österreich eine solche Maßnahme umsetzt. Als mögliches Modell sollte nicht, wie es bisher scheint, das italienische Gesetz für Istrien und Dalmatien dienen, das selbst Polemik geerntet hat. Problemloser erscheint die kaum bekannte Regelung für die „Italiani nel mondo“ (Italiener in der Welt). Das Gesetz ist hundert Jahre alt und ermöglicht Interessierten im Ausland, die italienische Staatsbürgerschaft zu erhalten, wenn sie einen Vorfahren mit italienischer Staatsbürgerschaft nachweisen können.

Mit dem vielfach verwendeten Begriff Doppelpass oder doppelte Staatsbürgerschaft, meint man den Besitz eines Bürgers oder einer Bürgerin von zwei verschiedenen Staatsbürgerschaften. Korrekterweise müsste man, im Gegensatz zur gängigen Sprachweise, von einer zweifachen Staatsbürgerschaft reden, weil das Wort doppelt, zwei Mal das Gleiche bedeutet. Diese sprachliche Verzerrung mag man damit rechtfertigen, dass selbst die Bundeszentrale für politische Bildung Deutschlands,[4]  sowie die Österreichische Regierung[5] den Begriff „Doppelte Staatsbürgerschaft“ verwenden, was allerdings keine Garantie für sprachliche Korrektheit darstellt.

2       Das Programm Österreichs – Bedenken und Widerstand

Seitdem flammte auch in Südtirol die Idee auf, Österreich möge die gleiche Möglichkeit den Südtirolern einräumen. Mit Rücksicht auf Italien blieb die Forderung verschiedener Kreise aus Südtirol aber lange Zeit unbehandelt. Erst die neue österreichische Bundesregierung unter Bundeskanzler Sebastian Kurz (Österreichische Volkspartei, ÖVP) und Vizekanzler Heinz-Christian Strache (Freiheitliche Partei Österreichs, FPÖ), die am 18. Dezember 2017 ihr Amt angetreten hatte, beschloss für die Südtiroler Minderheit in Italien, diesen Punkt ins Regierungsprogramm aufzunehmen. Die Südtiroler sollten zusätzlich zu deren italienischer Staatsbürgerschaft, die österreichische Staatsbürgerschaft erwerben können.

2.1      Polemik gegen die angepeilte ethnische Lösung

Aber die angepeilte Form hat eine Polemik und einen entsprechend harten Widerstand in Rom ausgelöst, die man vermeiden oder zumindest stark mindern hätte können. Warum: Die im Regierungsprogramm von ÖVP und FPÖ verankerte Lösung sieht nämlich vor, „den Angehörigen der Volksgruppen deutscher und ladinischer Muttersprache in Südtirol (…) die Möglichkeit einzuräumen, zusätzlich zur italienischen Staatsbürgerschaft die österreichische Staatsbürgerschaft zu erwerben.“[6] Man hat also bewusst diese Möglichkeit auf die Angehörigen der Volksgruppen deutscher und ladinischer Muttersprache eingegrenzt und das Thema damit zu einer ethnischen Frage hochstilisiert. In den einführenden Worten zum Programm wird zwar der europäische Integrationswillen in den Vordergrund gestellt: „Im Geiste der europäischen Integration und zur Förderung der immer engeren Union der Bürgerinnen und Bürger der Mitgliedsstaaten wird in Aussicht genommen, den Angehörigen der Volksgruppen deutscher und ladinischer Muttersprache (…), die Möglichkeit einzuräumen (…)“.[7]

Auch Südtirols Politiker versuchten das Ziel im europäischen Sinne darzustellen.[8] Gelungen ist das bisher allerdings nicht. Trotz der Beteuerungen wird von Kritikern das Thema „Doppelpass“ als Spaltpilz zwischen den Sprachgruppen beurteilt.[9] Die Mehrheitspartei im Lande, die Südtiroler Volkspartei (SVP), will keinen Bruch mit der italienischen Regierung und mahnt zum Frieden, unterstützt aber die Forderung, auch aufgrund internen Druckes und dem Druck einiger deutscher Oppositionsparteien.[10]

2.2      Die Reaktion Italiens gegen das Österreichische Vorhaben

Die italienische Abgeordnetenkammer hat sich mit dem erwähnten Beschluss vom 27. September 2018 dezidiert gegen die Pläne der österreichischen Regierung zur Verleihung des Passes an die Südtiroler ausgesprochen.[11] In den Prämissen wird auf die positiven Erfahrungen der Autonomie und der grenzüberschreitenden Zusammenarbeit hingewiesen und die Sorge über diese Initiative geäußert. Im beschließenden Teil wir die Regierung verpflichtet, auch auf europäischer Ebene die Risiken aufzuzeigen, „die sich für die italienische Bevölkerung ergeben würden, und das Modell des friedlichen Zusammenlebens zu verteidigen.“

Abgesehen von verschiedenen Stellungnahmen in den Medien, hat der italienische Außenminister, Enzo Moavero Milanesi, in einer Note ans Parlament, die verschiedenen Schritte aufgezeigt, die er gegen dieses österreichische Ansinnen unternommen hat.[12] Die italienische Regierung habe ihren Standpunkt mit aller Klarheit in verschiedenen Pressemitteilungen ausgedrückt. Aufgrund der anhaltenden Reibungen, habe er auch, am vergangenen 17. September 2018, die Einladung der österreichischen Außenministerin Karin Kneissl zu einem bilateralen Gespräch abgelehnt. Den italienischen Botschafter in Wien habe er beauftragt, an allen geeigneten Stellen die feste Position Italiens zu bekräftigen, auch um eine stillschweigende Duldung gegenüber der Entwicklung des Projektes zu vermeiden. Der Botschafter solle auch die politischen und parlamentarischen Kräfte in Wien über die konkrete Gefahr sensibilisieren, „dass im Falle der Verwirklichung, die bilateralen Beziehungen zu Italien gefährdet würden.“ In allen Stellungnahmen – betont das Schreiben weiter – wurde auch unterstrichen, dass die Maßnahme Gefahr laufe, „trennende Elemente einzuführen und den sozialen Zusammenhalt und das friedliche Zusammenleben der Gemeinschaften in der Provinz zu untergraben, mit dem Risiko den Erfolg der Autonomie zu gefährden,“ ein Modell des Schutzes und des entspannten Zusammenlebens der verschiedenen Sprachgruppen, das die beiden Länder als Vorbild für die internationale Gemeinschaft bezeichnen.

„Angesichts der Zusicherungen von österreichischer Seite nur im Einvernehmen mit Rom mit der Initiative fortfahren zu wollen, wurde zeitgerecht die mangelnde Bereitschaft Italiens in Erinnerung gerufen, in irgendeiner Form oder auf welcher Ebene auch immer über dieses Thema zu diskutieren, dessen rechtliche und politische Grundlagen nicht geteilt werden.“

„Angesichts der potentiellen Auswirkungen der von der Wiener Regierung verfolgten Maßnahme aus europäischer Sicht, hat das Ministerium auch die zuständigen Stellen der Europäischen Kommission informiert,“ heißt es weiter in der Mitteilung des Ministeriums für Äußere Angelegenheiten und internationale Kooperation.[13]

Kompromissloser und härter hätte eine offizielle Stellungnahme Italiens wohl nicht ausfallen können! Interessant ist zu vermerken, dass im Beschluss selbst, negative Auswirkungen auf die italienische Bevölkerung befürchtet werden, und in der Stellungnahem des Ministeriums die Gefährdung des Zusammenlebens als Begründung angeführt wird. Das kann sich nur darauf beziehen, dass die geplante Maßnahme Österreichs für die deutsche und ladinische Sprachgruppe geplant ist, was als Trennungselement beklagt wird.

2.3      Trotz EU-Bürgerschaft und Europaregion notwendig?

In dieser Diskussion soll auch präsent gehalten werden, dass alle Bürger/innen eines EU-Mitgliedslandes bereits seit 1992 aufgrund des Maastrichter Vertrages über die zusätzliche Unionsbürgerschaft verfügen,[14] also eine zweifache Bürgerschaft bereits besitzen. Für Südtiroler, die über die italienische Staatsbürgerschaft verfügen, ist das der Fall, genauso für die Österreicher und natürlich die Tiroler. Diese Präzisierung ist für die Südtiroler von besonderer politischer Bedeutung. Seit dem Beitritt Österreichs zur Europäischen Union im Jahre 1995 gehören sie zur gleichen Europäischen Bürgerschaft wie die Österreicher selbst.[15] Die Zugehörigkeit zur gleichen Staatengemeinschaft hat nicht nur die Staatsgrenze am Brenner gemildert, sondern auch Süd-Tiroler und Nord-Osttiroler in die gleiche, übergeordnete Gemeinschaft einbezogen. Aus dieser Sicht könnte man argumentieren, dass eine dritte Bürgerschaft, nämlich jene Österreichs überflüssig wird.

Zweifelsohne steht fest, dass die Einbindung beider ehemaligen Landesteile Tirols in die Europäische Union und damit der europäische Pass wichtiger sind, als eine zusätzliche österreichische Staatsbürgerschaft, da diese Vorteile unvergleichlich größer sind als der mehr oder minder symbolische Besitz eines österreichischen Passes. Besonders das Schengener Abkommen mit dem Fall der Binnengrenzen und die Möglichkeit der engen Zusammenarbeit der ehemaligen Landesteile in einem Europäischen Verbund für Territoriale Zusammenarbeit  (EVTZ), einfacher ausgedrückt in einer Europaregion, hat die Bande verstärkt.[16]  Die (in allen EU-Staaten direkt wirksame) Verordnung der EG Nr. 1082/2006 des Europäischen Parlaments und des Rates vom 5. Juli 2006 hat dafür ein überstaatliches, festes rechtliches Fundament gegossen, das nicht mehr vom Willen der einzelnen Staaten abhängig ist.[17]

Mit diesen Argumenten kann man aber nicht die Diskussion um den österreichischen Pass für Südtiroler ganz vom Tisch fegen. Die Befürworter erwarten sich davon ein zusätzliches Bindungselement der Minderheit mit dem Mutterstaat, dem s.g. Kin-State.[18] Österreich hat über den Pariser Vertrag von 1946 und über das Paket das Recht, die Einhaltung derselben zu überwachen und einzufordern und bezeichnet sich deshalb zu Recht als Schutzmacht. Darüber hinaus den Südtirolern die Staatsbürgerschaft zu verleihen, kann als weitere Schutzmaßnahme verstanden werden, die Österreich einseitig, ohne Einverständnis Italiens, vorbehaltlich der Änderung des eigenen Rechtes, verleihen könnte.

Aber gerade in der Beziehung zu Italien und dem genannten Pariser Vertrag liegt ein Problem, weil Italien eine solche Maßnahme als einen über diesen Vertrag hinaus gehenden Eingriff betrachten könnte. Und genau das ist tatsächlich geschehen, wie die verschiedenen Stellungnahmen von italienischen Regierungsvertretern beweisen, sowie die Vorsicht, mit der österreichische Repräsentanten darauf reagierten.[19]

3       Istrien – ein unglückliches Vorbild

Im Gegensatz dazu stellt sich hingegen das bereits erwähnte Gesetz für die Italiener in Istrien und Dalmatien, das zu den Diskussionen in Südtirol Anlass gegeben hat und – so mutet es an – bewusst oder unbewusst bei der Ausarbeitung des aktuellen Regierungsprogramms Pate gestanden hat. Tatsächlich hat man sich in der Diskussion immer wieder auf dieses italienische Vorbild Istrien bezogen. Deshalb sei zunächst auf die Lage in den ehemaligen italienischen Gebieten in Istrien und Dalmatien eingegangen und das Gesetz zur Wiedererlangung der Staatsbürgerschaft erläutert.

3.1      Die Friedensverträge an der Ostgrenze

3.1.1     Der erste Weltkrieg und der Vertrag von Saint Germain

Nach dem Zusammenbruch des Kaiserreiches Österreich Ungarn, kämpfte Italien 1919 auf der Friedenskonferenz von St. Germain nicht nur um die Nordgrenze, sondern auch um jene im Osten. Südtirol fiel bekannter Weise an Italien. Im Osten, wo der neue Staat Jugoslawien entstehen sollte, gab es härteren Widerstand, weil sich Frankreich und Großbritannien dagegen stellten, und die Forderung Italiens nach Istrien auch dem Prinzip der Selbstbestimmung des amerikanischen Präsidenten Woodrow Wilson widersprach, das bereits gegenüber Südtirol verletzt worden war.[20] Aber mit der Unterzeichnung des Vertrages von Rapallo im November 1922 gelang Italien der Durchbruch und es erhielt ganz Istrien und Zadar (Zara) mit verschieden Inseln zugewiesen. Die Stadt Rijeka (italienisch Fiume) blieb zunächst im freien Status, ging aber mit den Verträgen von Rom 1924 später ebenfalls an Italien.[21]

3.1.2     Der zweite Weltkrieg und die Abtretung Istriens an Jugoslawien

Im 2. Weltkrieg kämpfte Italien bis 1943 an der Seite Hitler, nach dem Sturz Mussolinis besetzte die deutsche Wehrmacht Istrien. Hitler bombardierte und zerstörte zwischen 1943-1944 die Stadt Zadar.  Kroatische und slowenische Partisanen richteten blutige Massaker (Foibe) an Italienern an, 200.000 bis 300.000 Italienern flüchteten über die Grenze nach Italien.  Das erschreckend schlechte Verhältnis der Kroaten gegen Italiener und Deutsche schlug sich auch in der Diplomatie nieder.[22]

Nach dem Ende des 2. Weltkrieges, am 10. Februar 1947 teilten die Alliierten in Paris die Welt neu auf. Südtirol, das schon 1919 mit dem Zusammenbruch des Habsburgerreiches zu Italien geschlagen worden war, blieb bei Italien, trotz der Bemühungen Österreichs und Südtirols um Selbstbestimmung.[23] Italien selbst erhob seinen Gebietsanspruch über die ehemals italienischen Gebiete in Istrien, Rijeka und Dalmatien, verlor diese aber (auf Druck Russlands) an die damalige jugoslawische Republik.[24] Die Grenze im Osten wurde von den vier großen Siegermächten gezeichnet, die Forderungen Italiens wurden nicht ernsthaft in Erwägung gezogen.[25]

Die genaue Grenzfrage blieb jahrelang offen. Der nordwestliche Teil Istriens gehörte zunächst zum Territorium des Freien Territoriums Triest. Erst 1954 wurde das Gebiet des Freien Territoriums zwischen Jugoslawien und Italien aufgeteilt. wurde der jugoslawische Anteil seinerseits unter den Teilrepubliken Slowenien und Kroatien aufgeteilt. Der Großteil der Italiener wanderte aufgrund der repressiven Maßnahmen Titos aus.

Durch den Vertrag von Osimo vom 10. November 1975 wurde die Grenze um die noch undefinierten Gebiete der Freien Zone Triest völkerrechtlich verankert und der Verzicht Italiens auf die inzwischen jugoslawischen Gebiete endgültig besiegelt. Der Vertrag wurde mit Gesetz Nr. 73 vom 14. März 1977 in Italien umgesetzt. Innerstaatlich erntete die Regierung heftige Kritik dafür, weil sie für die Italiener in den ehemaligen Gebieten keinen konkreten Minderheitenschutz verankert hatte.[26]

Erst viele Jahre später, im Jahre 2006 setzte Italien ein sichtbares Zeichen für seine Minderheit: Mit Gesetz Nr. 124 vom 8. März 2006 gewährte es den ehemaligen italienischen Staatsbürgern in den Gebieten von Istrien, Fiume, dem heutigen Rijeka, und Dalmatien, die an Jugoslawien abgetreten worden waren, die Möglichkeit, die italienische Staatsbürgerschaft zu erwerben. Auch die Kinder und Nachkommen in gerader Linie ehemaliger italienischer Staatsbürger sind dazu ermächtigt.

3.2      Der Friedensvertrag von 1947 und die Staatsbürgerschaft

Im Friedensvertrag der Alliierten mit Italien, [27] der am 10. Februar 1947 in Paris unterzeichnet worden war, war für die italienischen Staatsangehörigen, die am 10. Juni 1940 in den Gebieten ihren Wohnsitz hatten, die von Italien an einen anderen Staat abgetreten werden, sowie für deren Kinder vorgesehen worden, dass sie Staatsangehörige mit vollen bürgerlichen und politischen Rechten des Staates werden, an den dieses Gebiet übergeht. Sobald sie Staatsangehörige des betreffenden Staates werden, verloren sie ihre italienische Staatsangehörigkeit.

Für Personen, „deren Gebrauchssprache italienisch ist“, wurde gleichzeitig aber auch das Recht vorgesehen, innerhalb eines Zeitraums von einem Jahr für die italienische Staatsangehörigkeit zu optieren. Jede Person, die so optiert, soll die italienische Staatsangehörigkeit behalten und nicht als Erwerber der Staatsangehörigkeit des Staates betrachtet werden, dem das Gebiet abgetreten wird.[28]  Wer in den abgetretenen Gebieten blieb, verlor aber die italienische Staatsbürgerschaft. Aber auf jene, die die Optionsmöglichkeit hatten, bezieht sich das nachfolgende Gesetz zur Wiedererlangung.

 

3.3      Die Regelung für Italiener in Istrien und Dalmatien

Die bereits erwähnte Möglichkeit des Wiedererwerbs der italienischen Staatsbürgerschaft für die an Jugoslawien abgetretenen Gebiete, sollte aber nicht als Muster herangezogen werden. Sie hat die Beziehungen zu den Nachfolgestaaten Jugoslawiens, Kroatien und Slowenien, erheblich belastet. Sie beruht, ähnlich dem aktuellen österreichischen Regierungsprogramm auf der ethnischen Zugehörigkeit. Die Möglichkeit des Wiedererwerbs der italienischen Staatsbürgerschaft wird, aufgrund des Art. 1 des Gesetzes Nr. 124 vom 8. März 2006 folgenden Personen eingeräumt:[29]

„a) Personen, die italienische Staatsangehörige waren, die in den Gebieten des italienischen Staates bereits ihren Wohnsitz hatten, die aufgrund des am 10. Februar 1947 in Paris unterzeichneten Friedensvertrags (….)[30] oder aufgrund des Vertrags von Osimo vom 10. November 1975 (….)[31] an die jugoslawische Republik abgetreten wurden, unter den festgelegten Bedingungen und unter Erfüllung der Bedingungen für das Optionsrecht nach Art. 19 des Pariser Friedensvertrags und Art. 3 des Vertrags von Osimo;

  1. b) Personen der italienischen Sprache und Kultur, die Kinder oder Nachkommen in einer geraden Linie der in Buchstabe a) genannten Personen sind.“

Die Regelung gilt demnach für die Nachkommen der ehemaligen italienischen Staatsbürger „italienischer Sprache und Kultur“.[32] Genau diese ethnische Beschränkung für die Nachkommen, und um die geht es im Wesentlichen, hat entsprechende Polemiken und Widerstände in Kroatien und Slowenien hervorgerufen, aber auch in der italienischen Gemeinschaft. Die italienische Tageszeitung La Repubblica fing die Stimmung, als die Gesuchstellung eröffnet wurde, folgendermaßen ein:[33]

„Es gärt in Istrien und in Rijeka in der italienischen Gemeinschaft,“ schrieb La Repubblica, [34]  „denn nur für sie und nicht für die slawische Bevölkerung jener Länder, die vor fünfzig Jahren die italienische Staatsbürgerschaft hatten, ist das Angebot des Gesetzes 91 von 1992 bestimmt.“[35] Die Fristen für das Gesuch um Wiedererlangung der Staatsbürgerschaft waren beschränkt und sollten am darauffolgenden 15. August ablaufen. Bis dahin mussten die Italiener Kroatiens ihre nationale Mitgliedschaft nachweisen. Wie haben Kroatien und Slowenien auf die Tatsache reagiert, dass die Gesetzgebung die auf ihrem Territorium ansässige italienische Minderheit betraf, fragte sich La Repubblica. „Schlecht“, war die bündige Antwort. Sie stellten „dem bordeaux-farbenen (italienischen) Pass sofort Hindernisse in den Weg.“ Slowenien hat seinen Bürgern das Recht auf doppelte Staatsbürgerschaft verweigert. „Kroatien hingegen wollte die Flut von Anträgen an das Konsulat in Rijeka eindämmen, indem es den Betroffenen die Ausstellung der notwendigen Dokumente verweigerte und tausend bürokratische Hindernisse schuf.“ Erst nach einer parlamentarischen Befragung durch den Angehörigen der italienischen Minderheit im Sabor (Parlament von Kroatien) und auf Druck der italienischen Botschaft in Zagreb wurde die Situation freigegeben. Die doppelte Staatsbürgerschaft ist aus der Sicht Kroatiens „ein Köder, der vom imperialistischen Italien ausgeworfen wird, aber für viele verlockend ist.“ Für die istrischen Kroaten, die sich in letzter Zeit „nur als Istrier wiederentdeckt hatten und des Mangels an Patriotismus beschuldigt wurden, ist es eine Gelegenheit, ihren eigenen Sozialstandard zu rehabilitieren,“ der von der Wirtschaftskrise bedroht ist.[36] Die Vorwürfe der betroffenen Staaten reichten von der Einmischung in innere Angelegenheiten bis zum Vorwurf des Imperialismus. Die Reaktionen waren entsprechend hart.

4       Die allgemeinen Voraussetzungen für die Staatsbürgerschaft in Italien

Abgesehen von dem genannten und anderen Sondergesetzen, wird die italienische Staatsbürgerschaft derzeit durch das Gesetz Nr. 91 vom 5. Februar 1992 geregelt. Die dazu erlassenen Durchführungsbestimmungen regeln die Details: insbesondere der Präsidialerlass DPR Nr. 572 vom 12. Oktober 1993 und der Präsidialerlass DPR Nr. 362 vom 18. April 1994. Im Gegensatz zum vorherigen Gesetz von 1983[37] wird der individuelle Willen beim Erwerb und Verlust der Staatsbürgerschaft aufgewertet und das Recht auf den gleichzeitigen Besitz mehrerer Staatsbürgerschaften anerkennt (sic).[38]

Die Grundsätze, auf denen die italienische Staatsbürgerschaft beruht, sind:

– die Übertragbarkeit der Staatsbürgerschaft durch Abstammung (Prinzip des “Jus sanguinis”);

– der Erwerb “iure soli” (durch Geburt auf dem Territorium) nur in einigen Ausnahme-Fällen;

– die Möglichkeit der doppelten Staatsbürgerschaft;

– die Willenskundgebung beim Erwerb und Verlust.[39]

Das “Jus sanguinis”, also durch Abstammung von mindestens einem Elternteil mit italienischer Staatsbürgerschaft, ist der grundsätzliche Weg zum Erwerb der italienischen Staatsbürgerschaft.

Daneben gibt es verschiedene andere Möglichkeiten. Das „Ius soli“, also durch die Geburt auf italienischem Staatsgebiet, ist ausschließlich Kindern von staatenlosen oder unbekannten Eltern vorbehalten oder solchen, deren Staatsbürgerschaft sich nicht auf die Nachfolger erstreckt. Weiters ist der Erwerb Minderjährigen möglich, deren Abstammung von einem italienischen Staatsbürger anerkannt oder gerichtlich festgestellt wird, oder adoptiert werden oder deren Eltern die Staatsbürgerschaft erwerben. Weitere Möglichkeiten sind, nach einer gewissen Zeit, durch Eheschließung, bürgerlich-eingetragenes Zusammenleben, durch Ansässigkeit, durch besondere Verdienste und Sondergesetze vorgesehen.[40]

5       Eine historische statt einer ethnischen Lösung

Wie könnten die Spannungen mit Italien und der Vorwurf der ethnischen Frontstellung in Südtirol vermieden werden? Im Kreuzfeuer steht vor allem die Verleihung nur an die deutsch- und ladinischsprachigen Bürger, weil damit eine ethnische Trennlinie gezogen wird.

Mit einer historisch begründeten, statt einer ethnischen Lösung, könnte man viel Kritik aus den Segeln nehmen. Auch könnte man die ethnische Diskussion entspannen, was die Realisierbarkeit wesentlich erleichtern und die Diskussion auf eine sachlichere Ebene heben könnte.

Eine solche Lösung hat nämlich Italien für die Verleihung der Staatsbürgerschaft an Bürger im Ausland gewählt. Österreich bräuchte nur dem historisch begründeten Muster des aus dem fernen Jahre 1912 immer noch anwendbaren italienischen Gesetzes folgen,[41] das die Staatsbürgerschaft für die Auslandsitaliener regelt.

5.1      Auslandsitaliener – Anerkennung dank Abstammung von italienischem Vorfahren

Im neuen Gesetz zur Staatsbürgerschaft aus dem Jahre 1992 (Nr. 91/1992) wird diese Möglichkeit zum Erwerb der Staatsbürgerschaft nicht erwähnt, die deshalb vielfach vergessen und wenig bekannt ist. Aber gerade diese Möglichkeit ist, mit Blick auf die Diskussion um die österreichische Staatsbürgerschaft für Südtiroler, besonders interessant. Die italienische Staatbürgerschaft wird nämlich all jenen zuerkannt, die ganz gleich wo in der Welt leben, andere Staatsbürgerschaften haben, aber einen Vorfahren (ganz gleich vor wie vielen Generationen) mit italienischer Staatsbürgerschaft nachweisen können. Den Auslandsitalienern wurden sogar eigene Sitze im Parlament reserviert, sechs Sitze im Senat und zwölf in der Abgeordnetenkammer.[42]

Die Regelung geht auf das ferne Jahr 1912 (Gesetz Nr. 555/1912)[43] zurück, ist aber immer noch für die Anerkennung der Staatsbürgerschaft wirksam. Das Gesetz 555 wurde zwar von der Reform im Jahre 1992 ausdrücklich abgeschafft (Art. 26 Gesetz Nr. 91/1992), gilt aber für die vorher entstandenen Rechtsverhältnisse. Der Art. 20 des neuen Gesetzes bestätigt ausdrücklich „den Status der Staatsangehörigkeit, der vor diesem Gesetz erworben wurde, außer in Bezug auf Ereignisse, die nach dem Datum des Inkrafttretens dieses Gesetzes eintreten“ (Art. 20 Gesetz Nr. 91/1992). Man geht praktisch von der Annahme aus, dass Nachkommen von italienischen Staatsbürgern deren Staatsbürgerschaft aufgrund des Jus sanguinis immer beibehalten, auch wenn sie aufgrund des Jus soli andere Staatsbürgerschaften erhalten haben, es sei denn sie haben ausdrücklich auf die italienische Staatsbürgerschaft verzichtet. Also auch wenn diese Nachkommen viele Generationen weit entfernt sind und sich niemals um die italienische Staatsbürgerschaft gekümmert haben, sie haben sie praktisch nie verloren und können um die Anerkennung ansuchen.

Die Möglichkeit der Anerkennung aufgrund des Gesetzes aus dem Jahre 1912 wurde durch ein Rundschreiben des Innenministers vom 27. Mai 1991 genau geregelt, [44] das nach dem Inkrafttreten des neuen Staatsbürgerschaftsgesetzes Nr. 91/1992 ausdrücklich bestätigt wurde.[45] Das Rundschreiben wurde aufgrund verschiedener Gutachten des Staatsrates erlassen, besonders des letzten vom 7. November 1990, Nr. 1060.

Wie das Innenministerium erläutert, bezieht sich das Gesetz auf die Anerkennung der Staatsbürgerschaft für Ausländer, die von einem italienischen Vorfahren abstammen, der in Länder ausgewandert ist, in denen das Ius soli in Kraft ist.[46]

Das Gesetz von 1912 sieht im Art. 1 den Grundsatz der Anerkennung der italienischen Staatsbürgerschaft aufgrund väterlicher Abstammung an das Kind des Staatsbürgers unabhängig vom Geburtsort vor, wie es bereits im Bürgerlichen Gesetzbuch von 1865 festgelegt war. In Abweichung davon bezweckte der Art. 7, den Kindern italienischer Auswanderer die Verbindung mit dem Herkunftsland der Vorfahren aufrecht zu erhalten, und führte eine wichtige Ausnahme vom Grundsatz der Einzigartigkeit der Staatsbürgerschaft ein:

„Art. 7. – Abgesehen von besonderen Bestimmungen, die in internationalen Verträgen festzulegen sind, behalten italienische Staatsbürger, die in einem ausländischen Staat geboren und ansässig sind und aufgrund der Geburt als deren Staatsbürger anerkannt sind, die italienische Staatsbürgerschaft, können aber bei Erreichen der Volljährigkeit oder Mündigkeit darauf verzichten.“ [47]

Viele ausländische Staaten ehemaliger italienischer Auswanderung (z.B. alle Länder des amerikanischen Kontinents, Australien usw.), verleihen den „Status civitatis“ aufgrund des Jus soli. Art. 7 des Gesetzes 555/1912 erlaubte es also dem Kind eines italienischen Staatsbürgers, das in einem ausländischen Staat geboren wurde, von dem es die Staatsbürgerschaft nach dem Grundsatz von Jus soli erhalten hatte, die bei der Geburt erworbene italienische Staatsbürgerschaft zu behalten, auch wenn der Vater diese nach der Geburt des Kindes, auch solange es minderjährig war,  verloren hatte.

Diese Sonderregel wich, neben dem Grundsatz der Einzigartigkeit der Staatsbürgerschaft auch vom Grundsatz der Abhängigkeit der Staatsangehörigkeit des minderjährigen Kindes vom Schicksal des Vaters ab, der für den Regelfall im Art. 12 des Gesetzes Nr. 555/1912 verankert war.[48]

Die Personen mit zweifacher Staatsbürgerschaft, die unter diese Regel fallen, waren nicht verpflichtet, sich für eine einzige Staatsangehörigkeit zu entscheiden, wie es später im Art. 5 des Gesetzes Nr. 123/1983 vorgesehen wurde. Aufgrund der Reform von 1992 gilt diese Beschränkung sowieso nicht mehr.

Durch die kombinierte Anwendung der Art. 1 und 7 des Gesetzes Nr. 555/1912 und der Bestimmungen über die Staatsbürgerschaft der Auswanderungsstaaten, erwarben die in diesen Staaten geborenen Nachkommen (Argentinien, Brasilien, Uruguay, Vereinigte Staaten von Amerika, Kanada, Australien, Venezuela usw.) die italienische Staatsbürgerschaft  (von Seiten des Vaters) und die Staatsbürgerschaft des Geburtsstaates und blieben im Zustand der „Bipolidie“ (der zweifachen Staatsbürgerschaft), auch wenn der Vater während der Zeit der Minderjährigkeit des Kindes durch Naturalisation (Erwerb der Staatsbürgerschaft) die Staatsbürgerschaft wechselte und zum Ausländer wurde.[49]

Da es zwar bei Erreichen der Volljährigkeit die Möglichkeit, aber keinen Zwang gab, auf eine Staatsbürgerschaft zu verzichten, behielten die meisten die italienische Staatsbürgerschaft bei, oder verzichteten jedenfalls nicht darauf. Die Staatsbürgerschaft übertrug sich (laut der Auslegung des Gesetzes) so von Generation zu Generation, auch wenn die Betroffenen sich nicht darum kümmerten oder überhaupt derselben bewusst waren. Das Gesetz sieht deshalb die Möglichkeit der Anerkennung derselben vor.

Die Voraussetzungen für eine solche Anerkennung beruhen daher zum einen auf dem Nachweis der Abstammung von der ursprünglich mit dem Status eines Staatsbürgers ausgestatteten Person (dem ausgewanderten Vorfahren) und zum anderen auf dem Nachweis des Fehlens von Unterbrechungen bei der Übertragung der Staatsbürgerschaft. Diese konnte nur durch ausdrücklichen Verzicht unterbrochen werden.

5.2      Das Verfahren zur Anerkennung

Das Verfahren zur Anerkennung des Besitzes iure sanguinis der italienischen Staatsbürgerschaft wurde im erwähnten Rundschreiben Nr. K.28.1 vom 8. April 1991 des Innenministeriums formalisiert, dessen Rechtsgültigkeit durch das spätere Inkrafttreten des Gesetzes Nr. 91/1992 nicht berührt wird.

Die Anerkennung erfolgt unter Beachtung der folgenden Schritte:

  • sicherstellen, dass die Nachkommen von einem Vorfahren mit italienischer Staatsbürgerschaft abstammen (dabei gibt es keine Generationenbeschränkungen);
  • sicherstellen, dass der italienische Vorfahre seine Staatsbürgerschaft bis zur Geburt des Nachkommen beibehalten hat;
  • Die fehlende Naturalisation (Erwerb der fremden Staatsbürgerschaft) oder das Datum einer evtl. Naturalisation des Vorfahren muss durch eine Bescheinigung der zuständigen ausländischen Behörde nachgewiesen werden;
  • die Abstammung vom italienischen Vorfahren durch die Geburts- und Heiratsurkunden nachweisen; In diesem Zusammenhang sei daran erinnert, dass die Übertragung der italienischen Staatsbürgerschaft auch mütterlicherseits nur für Kinder erfolgen kann, die nach dem 1. Januar 1948, dem Datum des Inkrafttretens der Verfassung, geboren wurden;
  • bestätigen, dass weder der Antragsteller noch die Vorfahren jemals auf die italienische Staatsbürgerschaft verzichtet und die Kette der Übertragung der Staatsbürgerschaft nicht unterbrochen haben, in dem geeignete Bescheinigungen der zuständigen italienischen diplomatischen Behörden vorgelegt werden.

Der Antragsteller muss das Gesuch mit allen vorgeschriebenen Unterlagen, die den Nachweis obgenannter Voraussetzungen belegen, beim Konsulat einreichen, in dessen Bezirk der ursprüngliche italienische Ausländer wohnte.[50]

5.3      Die Nachfolge mütterlicherseits

Das Gesetz von 1912 sah die Übertragung der Staatsbürgerschaft jure sanguinis nur väterlicherseits vor (Art. 1 Gesetz Nr.555/1912), wie es der damaligen patriarchalischen Familientradition entsprach. Der italienische Verfassungsgerichtshof (VfGH) hat allerdings mit Urteil Nr. 30 vom 9. Februar 1983 diese Beschränkung im Art. 1 des Gesetzes Nr. 555/1912 als verfassungswidrig erklärt und damit den Grundsatz der Gleichstellung von Männern und Frauen bei der Übertragung des „Status civitatis“ vollständig umgesetzt.

Dadurch können also Kinder, die von einer Mutter geboren wurden, die Staatsbürgerin war, die italienische Staatsbürgerschaft erhalten, sofern sie diese zum Zeitpunkt der Geburt der Kinder besaß. Laut einer Auslegung der Vereinigten Sektionen des Obersten Gerichtshofes (Kassation)[51] kann diese allerdings nur in Fällen gewährt werden, in denen die Geburt nach dem 1. Januar 1948, dem Datum des Inkrafttretens der italienischen Verfassung, erfolgte, weil für die Zeit vorher die damals geltende Rechtsordnung aufrecht bleibt. [52]

5.4      Rückgriffmöglichkeit auch auf die Zeit vor der Einigung Italiens

Es wurde bereits darauf hingewiesen, dass es keine Beschränkung generationenmäßig gibt, für die man den Nachweis eines Vorfahren mit italienischer Staatsbürgerschaft erbringen kann. Es gelten sogar Staatsbürgerschaften von Vorgänger-Staaten, die sich erst 1861 zum Königreich Italien zusammengeschlossen haben.

Tatsächlich schloss das Zivilgesetzbuch von 1865, das die Staatsbürgerschaft vor dem Gesetz Nr. 555/1912 geregelt hatte, die Personen, die vor der Bildung des italienischen Königreiches ausgewandert waren, nicht von der italienischen Staatsbürgerschaft aus. Allerdings gilt das nur für Staaten, die Teil des Königreichs geworden sind.

Das Zivilgesetzbuch von 1865 sowie das anschließende Auswanderungsgesetz Nr. 23 vom 31.1.1901, sahen allerdings vor, dass der minderjährige Nachkomme einer Person, die eine ausländische Staatsbürgerschaft im Ausland erwarb und damit ihre italienische Staatsbürgerschaft verlor – dem Schicksal der Staatsbürgerschaft des Elternteils folgte und somit den ursprünglichen Status civitatis verlor.

Vor dem Inkrafttreten des Gesetzes Nr. 555/1912 konnte nämlich das Kind die Staatsbürgerschaft nicht behalten, auch wenn der Vater erst nach der Geburt des Kindes die ausländische Staatsbürgerschaft erworben hatte. Das minderjährige Kind folgte der Staatsbürgerschaft des Vaters. Diese Möglichkeit, die ursprünglich durch Jus sanguinis erworbene Staatsbürgerschaft auf jeden Fall zu bewahren, wurde erst mit dem Art. 7 des Gesetzes 555/1912 eröffnet.

6       Fazit aus dem italienischen Gesetz für Auslandsitaliener

Abgesehen von den, im Prinzip einfachen, Voraussetzungen, bleibt festzuhalten, dass Italien den Personen, die einen Vorfahren mit italienischer Staatsbürgerschaft auch im Ausland nachweisen können, ohne Beschränkung der Generationen, die italienische Staatsbürgerschaft verleiht, ohne kulturelle oder sprachliche Bedingungen zu stellen und unabhängig von der Staatsbürgerschaft, die diese Personen innehaben. Der Nachweis der Abstammung und die ununterbrochene Kette, die nicht durch einen ausdrücklichen Verzicht unterbrochen wurde, genügen.

6.1      Mögliche Anwendung in Österreich

Österreich sieht im aktuellen Regierungsprogramm im Wesentlichen eine ähnliche Regelung vor, wie sie Italien für die Italiener in Istrien und Dalmatien erlassen hatte, mit allen Problemen und Widerständen, die auch das italienische Gesetz erlebte. Weniger bekannt, aber auch wesentlich unproblematischer ist die Verleihung der Staatsbürgerschaft an Ausländer mit einem Vorfahren, der die italienische Staatsbürgerschaft besaß. Vor allem könnte mit so einer Lösung die ethnische Problematik entspannt werden, die bei einer einseitigen Vergabe nach ethnischer Erklärung entsteht. Eine ethnische Begrenzung müsste sich auf die Sprachgruppenerklärung berufen. Dabei darf aber nicht übersehen werden, dass die Sprachgruppenerklärung in Südtirol aufgrund der Durchführungsbestimmungen zum Autonomiestatut, dem Präsidialerlass DPR 752/1976 auf einer rein willentlichen Erklärung beruht, die keinen Bezug zur tatsächlichen Sprachgruppe zu haben braucht. Ein Gesetz, das darauf Bezug nimmt, nimmt also auf jeden Fall dieses Risiko in Kauf.

Wie eine Lösung für Österreich im Konkreten gestaltet werden kann, geht über die Ziele dieser Überlegungen hinaus und wäre Aufgabe einer vertieften Studie. Wohl aber sollte der Hinweis auf die italienische Regelung einen möglichen Weg für die Gewährung der Staatsbürgerschaft aufzeigen, der von der ethnischen Beschränkung abrückt und die entsprechenden Vorbehalte überwindet.

Eine ähnliche Lösung wie Italien sieht auch Österreich für seine Auswanderer vor, so beispielsweise in Südamerika. In den vergangenen 30 Jahren (1987-2017) wurden, nach Auskunft des Konsulates von Dreizehnlinden, allein über dasselbe an 1.309 Familien die österreichische Staatsbürgerschaft nach dem Prinzip der Abstammung verliehen. Altösterreichische Staatsbürger behielten ihre Staatsbürgerschaft (bzw. erwarben jene der Republik), wenn sie beim Inkrafttreten des Staatsvertrages von St. Germain (am 20. Juli 1920) das Heimatrecht in einer bei der Republik Österreich verbliebenen Gemeinde besaßen. Ausgeschlossen waren jene Staatsbürger, die die Staatsbürgerschaft des Nachfolgestaates erwarben.[53] Damit sind die Südtiroler gleich zwei Mal von dieser Möglichkeit ausgeschlossen.[54]

Abgesehen von den rechtlich zu überwindenden Schranken, wie dem grundsätzlichen Verbot von zwei Staatsbürgerschaften, stellte sich für Österreich mit so einer Regelung das Problem, dass das Kaiserreich Österreich-Ungarn weit über das deutschsprachige Siedlungsgebiet hinaus reichte, ja auch gute Teile Oberitaliens und Mitteleuropas umfasste. Aber auch dieses Risiko sollte nicht überschätzt werden. Man sollte sich nämlich vor Augen halten, wer denn überhaupt ein Interesse an einer österreichischen Staatsbürgerschaft haben kann und darum ansucht. Auch geht es fast ausschließlich um EU-Bürger, die sowieso die gleiche EU-Bürgerschaft teilen.  Italien, das mit seiner Regelung sehr großzügig verfährt, hat nie einen unliebsamen Missbrauch verzeichnen müssen, dem man mit einem entsprechenden Genehmigungsverfahren sowieso vorbeugen kann.

Wenn man aber ein allzu weites Ausufern befürchtet, könnte man gesetzliche und gebietsmäßige Einschränkungen vorsehen, so beispielsweise auf die ehemaligen österreichischen Erblande. Sehr gewagt wäre eine Eingrenzung auf das Gebiet Trentino Südtirol, weil man damit wieder einem möglichen Konflikt mit Italien, wenn auch ohne ethnische Dimension, zusteuert. Umso mehr gilt das für eine Beschränkung auf das Gebiet Südtirols, angesichts der 70%igen deutschen Mehrheit und der bereits geäußerten Vorbehalte Italiens. Auch würde man der historischen Dimension nicht gerecht und die vielen Trentiner Tiroler, die sich heute noch als solche fühlen und bekennen, ausschließen.

Am wenigsten problematisch allerdings wäre es, keine gebietsmäßige Beschränkung vorzusehen, so wie es auch das italienische Gesetz zeigt. Niemand könnte einen Vorwurf des Eingriffs in innerstaatliche Grenzen erheben könnte.

Zeitlich würde die Anerkennung von österreichischen Vorfahren sowieso viel weiter zurückgreifen, da e sich um die Zeit vor 1919 handelt, die über 100 Jahre zurückliegt.

Das Argument, dass dadurch auch Italiener die Maßnahme in Anspruch nehmen könnten, sollte nicht überschätzt werden. Das wären sowieso nur Bürger, die vor dem Faschismus schon in diesen Gebieten ansässig waren. Davon wären wohl auch Italiener betroffen, aber wer würde von diesen wohl Gebrauch gemacht? Jene, die tatsächlich von österreichischen Staatsbürgern abstammen und sich mit Österreich und mit der gemeinsamen Geschichte besonders verbunden fühlen, wie die Trentiner Tiroler oder alteingesessene Italiener in Südtirol und möglicherweise in Triest! Aber die Trennlinie würde eben nicht durch die ethnische Zugehörigkeit laufen, sondern gemäß der Abstammung und der historischen Begründung.

Und was könnte schon Rom einwenden, wenn Österreich dasselbe tut wie es Italien auf die ganze Welt bezogen praktiziert, wo es – zum Unterschied von der Lösung in Istrien – keine Polemik gibt?

 

Literaturverzeichnis

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Corriere dell’Alto Adige, Tageszeitung (2018-2019) zum Doppelpass: Doppio passaporto, Farnesina gelida, 3.

Corriere della Sera, Tageszeitung (2018) zum Doppelpass: 18.9.2018: Passaporti, scontro con Vienna, Scoppia il caso del rimpatrio flop, 6.

Dolomiten, Tageszeitung (2017-2019) zum Doppelpass: 18.12.2017: Mit 7 Zeilen-Passus zum Doppelpass; Doppelpass: Die Passage im Regierungsprogramm von ÖVP-FPÖ; Persönliche Entscheidung ohne politische Aussagekraft, Historischer Schritt ganz im Zeichen Europas, 3; 8.3.2018:Italien zu Doppelpass: Reden nur mit Wien, Alfano kein Vormund für Südtiroler, 13; 18.3.2019: Doppelpass: Striktes Nein aus Rom, 3.

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Gonzato, Francesca (fr.g.): Moavero strappa con Vienna, “Minata la Fiducia reciproca”, Alto Adige 18.9.2018, 19.

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Legge 13 giugno 1912, n.555, siehe Fn. 36, Übersetzung des Verfassers.

Messina, Dino (2017): Come i confini d’Italia furono ridisegnati nel 1947, Corriere della Sera, 5. 2. 2017, https://www.corriere.it/extra-per-voi/2017/02/03/come-confini-d-italia-furono-ridisegnati-1947-8a510ad2-e9f2-11e6-a07b-65e8492406d6.shtml, letzter Abruf 15.3.2019.

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Muser, Ivo (2017): “Il doppio passaporto? Dico no a ciò che divide” (Doppelpass? Ich sage Nein, zu allem, was trennt), im Interview in der Tagreszeitung Alto Adige vom 22.12.2017, http://www.altoadige.it/cronaca/muser-il-doppio-passaporto-dico-no-a-ci%C3%B2-che-divide-1.1478557, letzter Abruf 20.3.2019.

Neue Südtiroler Tageszeitung (2017-2019) zum Doppelpass: 2./3.12.2017 Bedrohter Frieden, 2; 14.12.2017: Spaltpilz oder Chance?, 4-5; 8.3.2018: Nicht den Mund verbieten, 10;

Note des Außenministers vom 15.2.2019 an den Präsidenten der Abgeordnetenkammer über die Durchführung des Beschlusses der Abgeordnetenkammer vom 27.9.2018.

Oberhofer, Artur: Die Getriebenen, Neue Südtiroler Tageszeitung, 17.1.2018, 1, 2.

Oberhofer, Artur: Nicht den Mund verbieten, Neue Südtiroler Tageszeitung, 3.3.2018, 10.

Peterlini, Oskar (1997i de): Autonomie und Minderheitenschutz in Trentino-Südtirol, Überblick über Geschichte, Recht und Politik, Braumüller Wien. ISBN 3-7003116-6-4. Peterlini, Oskar (1996b de) Region Trentino-Südtirol, Bozen-Trient. ISBN 88-900077-0-2.

Ratifizierungs-Gesetz Nr 73 vom14.3.1977, Ratifica ed esecuzione del trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica socialista federativa di Jugoslavia, con allegati, nonché dell’accordo tra le stesse Parti, con allegati, dell’atto finale e dello scambio di note, firmati ad Osimo (Ancona) il 10 novembre 1975. (GU n.77 del 21-3-1977 – Suppl. Ordinario), http://www.gazzettaufficiale.it/atto/vediMenuHTML?atto.dataPubblicazioneGazzetta=1977-03-21&atto.codiceRedazionale=077U0073&tipoSerie=serie_generale&tipoVigenza=originario&action=select-all, letzter Abruf 17.3.2019.

Republik Österreich, das Parlament, Vor 20 Jahren: Abschluss des EU-Beitrittsvertrags und der EU-Beitritt Österreichs, https://www.parlament.gv.at/PERK/PE/OEINEU/EUBeitrittOE/index.shtml, letzter Abruf 20.3.2019.

Riosa, Alceo (2011): Confini armati e divisioni immaginate. La Venezia Giulia e il confine orientale, in: Storicamente 7 – 2011, Rivista del Dipartimento di Discipline Storiche, Antropologiche e Geografiche, Università di Bologna, https://storicamente.org/riosa_confine_orientale, letzter Abruf 15.3.2019.

Romano, Paola (2005) (Hg): La questione del confine orientale e le due guerre mondiali, in Piergigli, Valeria: L’autoctonia divisa, La tutela giuridica della minoranya italiana in Istria, Fiume e Dalmazia, CEDAM, Padova.

Rosini, Monica (Autorin, ital. Fassung) / Peterlini, Oskar (Übersetzung und Überarbeitung der deutschen Fassung) (2019): Europa delle Regioni, Cooperazione transfrontaliera e GECT / Europa der Regionen, Anwendung des EU-Rechtes und Euregio, Freie Universität Bozen, Vorlesungen (PowerPoint).

Rundschreibens des Innenministeriums „Circolare n. K.28.1 dell’8 aprile 1991 del Ministero dell’Interno“, https://www.esteri.it/mae/normative/normativa_consolare/serviziconsolari/cittadinanza/circk28_1991.pdf, letzer Abruf 22.3.2019.

Scanniello, Desirée (2018): Minoranze germanofone e doppia cittadinanza I casi di Slesia, Südtirol e Ungheria, Facoltà di lettere e filosofia, Corso di Laurea in Mediazione linguistica ed interculturale, Diplomarbeit bei Prof. Andrea Carteny, La Sapienza – Università di Roma, akademisches Jahr 2017/2018, https://www.academia.edu/37582042/Minoranze_germanofone_e_doppia_cittadinanza_i_casi_di_Slesia_Suedtirol_e_Ungheria, letzter Abruf 22.3.2019.

Sezioni Unite della Corte di Cassazione, Urteil Nr. 12091, vom 26.6.1998.

Staatsbürgerschaftsgesetz Nr. 91 vom 5. 2. 1992, in das die Änderungen des Gesetzes Nr. 124 vom 8.3.2006 zur Wiedererlangung eingeflossen ist.

Treaty of Peace with Italy, Art. 19, https://www.loc.gov/law/help/us-treaties/bevans/m-ust000004-0311.pdf; deutsche Übersetzung: Verfassungen der Welt, http://www.verfassungen.eu/it/frieden47-i.htm, letzter Abruf 17.3.2019.

Tremul, Maurizio (2017): Die Wiedererlangung der italienischen Staatsbürgerschaft für die Angehörigen der italienischen Minderheit in Kroatien und Slowenien, in Kollmann, Cristian (Hg): Doppelte Staatsbürgerschat als Mittel des Minderheitenschutzes im europäischen bzw. internationalen Vergleich, Landtagsfraktion der Süd-Tiroler Freiheit, Bozen.

Verf.-Gesetz Nr. 1 vom 23.1.2001, Kammer Art. 56, Absatz 2 Verf., Senat Art. 57, Absatz 2 Verf.

Vikoler, Thomas: Bedrohter Frieden, Neue Südtiroler Tageszeitung, 2./3.12.2017, 2.

Wilson, Woodrow: Fourteen Points, 8 January 1918, https://www.ourdocuments.gov/doc.php?flash=false&doc=62, letzter Abruf  22.11.2019.

Woelk, Jens /Bußjäger, Peter (2010): Il Trattato di Lisbona e le Regioni: il controllo di sussidiarietà, EURAC book 59, Bozen.

 

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Autor:

Dr. Oskar Peterlini, PhD

Dozent an der Freien Universität Bozen

I-39051 Branzoll (Bozen), von Ferrari-Pl. 5 A, Italien

oskar.peterlini@unibz.it, peterlini@gmx.net

 

[1]Abgeordnetenkammer, Beschluss 27.9.2018.

[2] Note des Außenministers 15.2.2019; Dolomiten 18.3.2019, 3.

[3] Muser 2017.

[4] Bundeszentrale für politische Bildung.

[5] HELP.gv.at 2019.

[6] Zusammen. Für unser Österreich. Regierungsprogramm 2017-2022, 33, „Doppelstaatsbürgerschaft neu denken ▪ Doppelstaatsbürgerschaft Südtirol und Alt-Österreicher: Im Geiste der europäischen Integration und zur Förderung einer immer engeren Union der Bürgerinnen und Bürger der Mitgliedstaaten wird in Aussicht genommen, den Angehörigen der Volksgruppen deutscher und ladinischer Muttersprache in Südtirol, für die Österreich auf der Grund- lage des Pariser Vertrages und der nachfolgenden späteren Praxis die Schutzfunktion ausübt, die Möglichkeit einzuräumen, zusätzlich zur italienischen Staatsbürgerschaft die österreichische Staatsbürgerschaft zu erwerben.”

https://www.oeh.ac.at/sites/default/files/files/pages/regierungsprogramm_2017-2022.pdf, ultimo accesso 16.12.2019:

[7] Ebenda.

[8] Dolomiten, 18.12. 2017, 3.

[9] Vikoler 2017, über Khol (ÖVP), 2; Kofler 2017: L. Abg. Bizzo (PD), Dello Sbarba (Grüne), Urzì (Alto Adige nel Cuore), Tommasini (PD), Biancofiore (Forza Italia), 4 und 5.

[10] Oberhofer Artur: “Nicht mit der Brechstange”, Interview mit Philipp Achammer, Obmann” der ‘SVP. Dieser fordert ein Ende der politischen Provokationen und stellt klar: Der Doppelpass sei ohne das Einvernehmen mit den Italienern nicht machbar, Neue Südtiroler Tageszeitung, 22.11.2019, 6.

[11] Abgeordnetenkammer 27.9.2018, Fn 1.

[12] Note des Außenministers 15.2.2019, Fn 2.

[13] Ebenda.

[14] Amtsblatt DE der Europäischen Union 26.10.2012.

[15] Republik Österreich, das Parlament.

[16] Vgl dazu: Bußjäger / Gamper  / Happacher / Woelk (Hg) 2011;

Woelk / Bußjäger (2010); Engl / Zwilling (Hg) 2014; Rosini / Peterlini 2019.

[17] Amtsblatt der Europäischen Union vom 31.7.2006.

[18] Vgl u.a. Scanniello 2018.

[19] Kofler / Oberhofer 17.1.2018, 1, 2, 3; Oberhofer 3.3.2018, 10; Dolomiten 8.3.2018; Gonzato 18.9.2018, 19; Caccia 18.9.2018, 6; Angelucci 18.9.2018, 3.

[20] President Woodrow Wilson’s Fourteen Points, 8 January 1918, point IX: „A readjustment of the frontiers of Italy should be effected along clearly recognizable lines of nationality”.

[21] Romano 2005, 223-232.

[22] Romano 2005, 247.

[23] Peterlini 1997, 71-74.

[24] Messina 2017.

[25] Romano 2005, 246-261.

[26] Riosa 2011.

[27] Treaty of Peace with Italy, Art. 19.

[28] Ebenda.

[29] Die Neuerungen wurden als Art. 17 bis und 17 ter in das Staatsbürgerschaftsgesetz Nr. 91 vom 5. Februar 1992 eingefügt.

[30] Treaty of Peace with Italy.

[31] Ratifizierungs-Gesetz Nr. 73 vom 14.3.1977.

[32] Vgl. auch Tremul 2017, 33-39.

[33] Forza, Silvio, La Repubblica.it 14.5.1994.

[34] Ebenda.

[35] Staatsbürgerschaftsgesetz Nr. 91 vom 5.2.1992, in das die Änderungen des Gesetzes Nr. 124 vom 8.3.2006 zur Wiedererlangung eingeflossen sind.

[36] La Repubblica.it 14.5.1994.

[37] Gesetz Nr 123 vom 21.4.1983.

[38] Ministero degli Affari Esteri: Cittadinanza.

[39] Ebenda.

[40] Staatsbürgerschaftsgesetz Nr 91, Fn 28, Art. 1-21.

[41] Art. 7 des Gesetzes Nr 555/1912, und des Rundschreibens des Innenministeriums „Circolare n. K.28.1 dell’8 aprile 1991 del Ministero dell’Interno“.

[42] Vf-Gesetz Nr 1 vom 23.1.2001, Kammer Art. 56, Absatz 2 Vf, Senat Art. 57, Absatz 2 Vf.

[43] Legge 13 giugno 1912, n.555.

[44] Circolare K 31.9 del 27 maggio 1991.

[45] Ministero degli Affari Esteri: Cittadinanza.

[46] Ebenda.

[47] Legge 13 giugno 1912, n.555, Art. 7.

[48] Ministero degli Affari Esteri, Cittadinanza, Circolare n. K. 28.1, 8 aprile 1991.

[49] Ebenda.

 

 

[50] Ministero degli Affari Esteri: Cittadinanza.

[51] Sezioni Unite della Corte di Cassazione, Urteil Nr 12091, 26.6.1998.

[52] Sezioni Unite della Corte di Cassazione, Urteil Nr 12091, 26.6.1998.

[53] Altmayer 2017, 15.

[54] Altmayer 2017, 15.

 

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