TEMI ETICI, suicidio assistito. Sentenza Cappato: telefonata «informale» della Casellati al presidente della Consulta

Al pari della furba e intraprendente suor Teresilla, al momento opportuno la manina della presidente del Senato ha fatto ruotare il disco combinatore del telefono di Palazzo Madama per comporre il numero di utenza della Corte Costituzionale. Il tempo stringe e un Parlamento inerte si è trascinato dietro la patata bollente del caso dj Fabo quasi fino al giorno della sentenza, il cui esito molti temono. Cappato: «È un insulto alla separazione dei poteri e un abuso rispetto a qualsiasi possibile interpretazione delle norme costituzionali».

In attesa della pronuncia della Consulta sul “fine vita” la presidente del Senato si è offerta di fare una telefonata informale al Presidente della Corte costituzionale Giorgio Lattanzi per chiedere più tempo prima che venga emessa la sentenza sul caso Cappato attesa  per il prossimo 24 settembre.

L’ufficio stampa della Presidenza del Senato della Repubblica ha confermato la notizia, la nota ufficiale è stata diramata da Palazzo Madama alle ore diciotto di ieri:

«La telefonata del presidente del Senato Elisabetta Casellati al presidente della Corte costituzionale Giorgio Lattanzi sul tema dell’eutanasia, alla vigilia dell’udienza fissata dalla stessa Corte costituzionale per il 24 settembre, è stata una comunicazione meramente informale sullo stato delle iniziative legislative depositate al Senato, così come concordato in sede di conferenza dei capigruppo».

Insomma, di fronte all’impasse nella calendarizzazione al Senato, vista l’imminente scadenza, la Casellati ha cercato di prendere tempo, tuttavia lo ha fatto «informalmente».

Tra pochi giorni la Corte costituzionale si riunirà e, in udienza pubblica, deciderà sul controverso caso di Marco Cappato, già parlamentare radicale e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, imputato di aiuto al suicidio, reato previsto dall’articolo 580 del Codice penale.

Cappato, autodenunciatosi ai Carabinieri, nel febbraio 2017 aveva accompagnato in una clinica svizzera dove si pratica il suicidio assistito Fabiano Antoniani, noto come dj Fabo, tetraplegico e non vedente da anni in conseguenza di un incidente stradale.

Il processo a suo carico, iniziato nel novembre 2017, si era poi concluso con un’assoluzione per il reato di istigazione al suicidio, ma con la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale a seguito di ordinanza di remissione per un giudizio di costituzionalità della parte relativa all’aiuto al suicidio.

Il 24 ottobre 2018 la Consulta si è poi pronunciata per una sospensione della decisione, rinviandola al 24 settembre dell’anno successivo, esortando il Parlamento della Repubblica a utilizzare questa congrua finestra temporale per colmare con un provvedimento di legge il vuoto normativo nella specifica materia.

Il resto è noto: a sei giorni dalla sentenza nessuna calendarizzazione in Senato e, oggi, la notizia che la presidente del Senato ha cercato informalmente di guadagnare tempo.

In assenza di un accordo, che avrebbe appunto dovuto essere raggiunto nel corso dell’assemblea dei capigruppo parlamentari di Palazzo Madama che ha avuto luogo ieri nell’Ufficio di Presidenza, per includere nel calendario dei lavori di Aula la discussione delle mozioni sull’eutanasia, la ingombrante “pendenza” sarebbe stata invece risolta mediante il conferimento di un mandato alla presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati di chiamare informalmente Lattanzi a poche ore dalla sentenza allo scopo di prendere tempo.

Se così fosse, si tratterebbe di una intromissione inconsueta e inaudita, per altro in violazione del ruolo e delle prerogative istituzionali della seconda carica dello Stato per importanza, poiché la Consulta deve essere lasciata libera di decidere sul caso, senza alcun condizionamento, lasciando successivamente al potere legislativo il compito di normare la materia.

Ma per quale ragione è potuto accadere questo? Si voleva forse evitare una pronuncia sgradita che facesse passare il precedente sul suicidio assistito?

«Il fatto che dal presidente di un’assemblea legislativa – ha commentato Marco Cappato – parta una telefonata informale al presidente del massimo organo giurisdizionale italiano è una cosa che si commenta da sola, poiché si tratta di un insulto alla separazione dei poteri e un abuso rispetto a qualsiasi possibile interpretazione delle norme costituzionali».

Il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni ha poi rincarato la dose: «Quando si dice “telefonata informale”, quell’informale peggiora la situazione, perché, se il Senato si fosse assunto la responsabilità di una mozione parlamentare diretta alla Corte costituzionale sarebbe stato comunque, politicamente, un precedente pericoloso dal punto di vista del conflitto tra i poteri, ma almeno ci sarebbe stata un’assunzione di responsabilità di chi votava, e almeno, la presidente del Senato avrebbe rappresentato, come deve fare un presidente di assemblea, la volontà di quest’ultima. Qui invece – a quanto pare con dei gruppi politici che, voglio sperare, non fossero nemmeno d’accordo – si prende l’impegno di una telefonata informale. Ma il problema che qui c’è un processo che è stato sospeso, con un imputato che rischia da cinque a dodici anni di reclusione, e il presidente di un organismo legislativo che si mette in contatto con l’organo giudicante per  interferire nel procedimento in atto. Ma il Presidente della Corte costituzionale non può difendersi da solo e pubblicamente rispetto a quanto sta accadendo, quindi mi auguro che sia il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a intervenire nella veste di garante del rispetto delle regole istituzionali, poiché in questo caso credo rientri pienamente nelle sue competenze fare chiarezza su quali siano gli ambiti della responsabilità istituzionale e del suo esercizio».

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