CULTURA, pittura. Raffaello Sanzio, un marchigiano a Roma

Alle Scuderie del Quirinale una imponente mostra sull'artista scomparso nel 1520, nel quadro dell'esposizione sono previste numerose altre attività culturali, quali lezioni, incontri, conferenze e laboratori di studio

di Roberto Filippi – Un tempo correva il detto «meglio un morto in casa che un marchigiano fuori della porta», era l’espressione della forte avversione dei romani nei riguardi degli esattori delle tasse che papa Sisto V, marchigiano, aveva scelto tra i suoi corregionali.

Ma ormai sono passati secoli e ora Roma festeggia un marchigiano illustre, Raffaello Sanzio, ospitando, nei suggestivi spazi delle Scuderie del Quirinale, una imponente mostra sull’artista.

Raffaello nacque a Urbino nel 1483, figlio di Giovanni Santi pittore, scrittore, poeta, intellettuale di valore inserito nell’ambiente umanistico della corte dei Montefeltro signori della città.

Egli iniziò il suo apprendistato presso il padre e nel 1494, dopo la morte di questi, il giovanissimo artista continuò a frequentare la bottega paterna venendo successivamente a contatto per lungo tempo con il Perugino.

Insieme con Evangelista di Piero di Meleto lavorò a Città di Castello, decorando uno stendardo con la Santissima Trinità; passò poi a Perugia dipingendo la “Pala Colonna” e la “Pala Oddi”; si spostò quindi a Siena collaborando con il Pinturicchio negli affreschi della Libreria Piccolomini e anche a Firenze, dove dipinse lo “Sposalizio della Vergine” ed ebbe i primi rapporti con la pittura di Leonardo da Vinci.

La fama raggiunta lo portò a lavorare in varie città dell’Italia Centrale, finché papa Giulio II Della Rovere lo chiamò a Roma per affrescare le stanze dell’appartamento papale.

Contemporaneamente dipinse nel 1507 la famosa “Pala Baglioni” e il noto ritratto di Giulio II. Ebbe ottimi rapporti con il nuovo pontefice, Leone X Medici, che gli affidò numerose commissioni e lo nominò sovrintendente ai lavori architettonici della basilica vaticana e alle antichità archeologiche di Roma verso le quali Raffaello aveva un particolare interesse.

Fu amico di Agostino Chigi all’epoca il più noto e ricco banchiere, mercante e imprenditore dell’intero mondo occidentale, che aveva fatto costruire dall’architetto Baldassarre Peruzzi una fastosa villa extraurbana, ora nota coma “la Farnesina” dal nome dei successivi proprietari e Raffaello vi affrescò il “Trionfo di Galatea”, con i suoi aiuti, la “ Loggia di Psiche”.

Dipinse la “Fornarina” (forse una sua amante) e per vari committenti la “Madonna di Foligno” , la “Madonna Sistina,  l’”Estasi di S. Cecilia”, la “Madonna della Seggiola”; per il papa  preparò i cartoni degli arazzi della Cappella Sistina tessuti poi nelle Fiandre e come architetto si occupò dei progetti di Villa Madama, Palazzo Braconio dell’Aquila e Palazzo Alberini.

Affrescò, con i collaboratori, le Logge Vaticane e nel 1516 iniziò  a dipingere  la “Trasfigurazione” rimasta incompiuta.

Raffaello morì improvvisamente il 4 aprile 1520, un venerdì santo. Come da suo desiderio fu sepolto nel Pantheon; una settimana dopo morì il suo grande amico e mecenate Agostino Chigi.

La sua scomparsa gettò nella costernazione l’intero mondo artistico e intellettuale dell’epoca, in quanto egli era stimato e apprezzato dagli uomini e adorato dalle donne, che l’artista frequentava con un impegno sovente eccessivo come maliziosamente citato dalle fonti contemporanee.

Il «Divino Pittore» era affabile e di buon carattere, ben diverso dallo scontroso Michelangelo. Frequentava la corte pontificia e le famiglie nobili apprezzato per le sue qualità, la cultura e le buone maniere.

Aveva organizzato una fiorente bottega con aiutanti di gran valore il che gli permetteva di produrre opere in gran numero e di ottima qualità; i suoi principali collaboratori furono Giovanni Penni, Perin del Vaga, Giulio Romano, Giovanni da Udine, l’incisore Marcantonio Raimondi e lo scultore Lorenzetto, tutti destinati in futuro a buona fama.

La mostra è stata organizzata per ricordare i cinquecento anni trascorsi dalla morte dell’artista ed espone circa duecento opere, delle quali centoventi assegnate alla mano dell’Urbinate.

I quadri sono poco più di una ventina, il resto sono disegni e bozzetti. Purtroppo la parte più grandiosa di quanto prodotto dalla bottega di Raffaello è costituita da affreschi per loro natura inamovibili; il resto di quanto esposto  è costituito  da reperti archeologici, incisioni, disegni, riproduzioni di altri artisti per far comprendere quale fosse il mondo artistico dell’epoca.

La mostra si articola in maniera singolare, infatti si svolge in ordine cronologico al contrario, partendo quindi dalla morte dell’artista e risalendo fino ai suoi esordi.

Anche nel titolo, le date di nascita e morte sono invertite 1520-1483. Essa, coerentemente si apre con la riproduzione a grandezza reale della tomba sovrastata dalla Madonna scolpita da Lorenzetto e prosegue esibendo un autoritratto di Raffaello sulla trentina, con una inconsueta barba, oltre ai dipinti di due suoi grandi amici, gli intellettuali umanisti Pietro Bembo e Baldassarre Castiglione, mentre il ritratto di un altro amico, Fedra Inghirami, è esposta al piano superiore.

In una bacheca è esposta una lunga lettera, scritta di pugno dal pittore e conservata all’Archivio di Stato di Mantova, nella quale, coadiuvato dal Bembo,  scrisse a papa Leone X lamentando l’incuria nella quale erano tenute le antichità romane.

Il pontefice accolse la sua proposta e Raffaello divenne il sovraintendente alla curatela delle antichità archeologiche, che amava intensamente e che erano per lui fonte inesauribile di ispirazione.

Una sala espone due arazzi, tessuti nelle Fiandre, predisposti per la decorazione della Cappella Sistina ed ora nei Musei Vaticani; Raffaello ne dipinse i cartoni; i sette rimasti sono ora in Inghilterra e in mostra è esposta la riproduzione di uno di essi, a grandezza naturale, posta di fronte al corrispondente arazzo vaticano.

Il piano superiore accoglie i visitatori con tre ritratti di donne: una sconosciuta (opera giovanile) e due notissime, la “Fornarina” e la “Velata”.

Altre sale esaminano le attività dell’Urbinate in campo architettonico, con molti suoi disegni per progetti relativi alla basilica di San Pietro e alla Villa Madama. Su una parete spicca la riproduzione della facciata del non più esistente Palazzo Braconio dell’Aquila in Borgo.

In altre sale diverse Madonne, tra le quali quelle “della Rosa” , “dell’Impannata” e “Tempi”, corredate da numerosi interessanti disegni preparatori.

Con i vivaci toni rossi delle vesti spiccano i ritratti di papa Giulio II e di Leone X; la grande tela dell’“Estasi di Santa Cecilia” è posta a confronto con un busto di Iside che condivide con la Santa la singolare acconciatura dei capelli.

Le ultime sale espongono dipinti giovanili ancora legati allo stile dei pittori dell’ultimo Quattrocento e prima dell’incontro con l’innovativa arte di Leonardo.

La mostra si chiude con il famosissimo autoritratto all’età di circa vent’anni, affiancato dal quadro della “Dama con l’Unicorno” e dalle immagini di due giovani nobiluomini purtroppo anonimi.

Si tratta di una esposizione piacevole, interessante e scientificamente valida, che rinviene quale suo unico piccolo neo (come comunque accade sovente) nei cartellini esplicativi, che risultano spesso illeggibili.

Nel quadro dell’esposizione sono previste numerose altre attività culturali, quali lezioni, incontri, conferenze e laboratori di studio.

Raffaello 1520-1483

dove: Roma, Scuderie del Quirinale

quando: dal 5 marzo al 2 giugno 2020; orario: da domenica a giovedì dalle 10:00 alle 20:00, venerdì e sabato dalle 10:00 alle 22:30

info: call center 0292897722; info@scuderiequirinale.it

Condividi: