ARTE, pittura. Mostre: Wessel Huisman

In contemporanea con la mostra al Nuovo Museo del Foro Romano “Un pittore olandese a Roma: Wessel Huisman e lo spazio generoso”, l'artista olandese esporrà alcune delle sue opere presso il Koninklijk Nederlands Instituut Rome (KNIR)

Il focus dell’esposizione allestita dal Reale Istituto olandese di Roma (che verrà inaugurata oggi, 12 aprile 2024 alle ore 17:00 alla presenza dell’artista) viene concentrato sugli studi condotti da Huisman sulla luce e sulla prospettiva nei famosi dipinti di Michelangelo Merisi da Caravaggio (1571-1610). Le opere in mostra al KNIR fanno parte di una collezione realizzata da Huisman in un decennio di lavoro. Ed è proprio lui a descrivere la genesi e lo sviluppo del suo progetto nella pagina web del Koninklijk Nederlands Instituut Rome, https://www.knir.it/en/evenementen/opening-exhibition-wessel-huisman/.

STUDI SULLA LUCE E LA PROSPETTIVA

Durante il nostro primo incontro a Firenze nel 2013, il professor Francesco Buranelli, già direttore dei Musei Vaticani e attuale presidente della Commissione permanente per la tutela dei monumenti storici e artistici della Santa Sede, mi pose la semplice ma accattivante domanda su come, in qualità di pittore olandese, con il mio trattamento specifico della luce e dello spazio raffiguravo i siti iconici di Roma. A distanza di undici anni da allora è giunto il momento di presentare in questa città i risultati della mia ricerca. La collezione, basata sulle foto che ho scattato durante una serie di passeggiate con Buranelli per Roma nel 2016, include trentatré opere ispirate a luoghi storici, interni di chiese e musei».

IL RICHIAMO DI CARAVAGGIO

«Nel corso di queste passeggiate – prosegue Huisman – mi sono confrontato ancora una volta con l’opera di Michelangelo Merisi da Caravaggio, detto semplicemente Caravaggio, la cui opera mi era già stata ampiamente presentata nel settembre 2006 in occasione dell’inaugurazione della mostra retrospettiva al Kunstpalast Düsseldorf. Ciò che mi ha colpito particolarmente è stata la disconnessione tra i dipinti sublimi e le, a mio avviso, introduzioni superficiali da parte di professionisti museali, storici dell’arte e rappresentanti della politica locale e nazionale. Mi pareva che tutti utilizzassero l’opera di Caravaggio per pubblicizzare i propri programmi. In quel momento ho sentito il desiderio di approfondire il lavoro del pittore barocco spogliandolo di tutti gli orpelli di natura storico-artistica che ritenevo irrilevanti».

LE OPERE A SAN LUIGI DEI FRANCESI QUALE STRUMENTO DI COMPRENSIONE

Dunque, un moto che ha preso avvio da una ricerca personale sugli scopi e gli obiettivi che si era posti Caravaggio. Nella mostra allestita al KNIR una particolare attenzione viene dedicata agli studi di Huisman sui dipinti della Cappella Contarelli nella chiesa di San Luigi dei Francesi. «Nell’assemblare la collezione romana – spiega l’artista -, ho inizialmente scelto di introdurre Caravaggio in un contesto contemporaneo. Quando nel 2016 ho visitato la Cappella Contarelli a San Luigi dei Francesi, il dipinto a destra, cioè Il martirio di San Matteo, era sottoposto a lavori di restauro. Tuttavia, gradualmente, sono rimasto sempre più affascinato dal quell’opera, nonché dal suo collegamento con le altre due presenti nella cappella, che assieme raffigurano tre fasi della vita dell’apostolo Matteo. Quindi ho deciso di concentrarmi interamente sui suoi dipinti e di analizzare le sue rappresentazioni della luce e dello spazio dall’interno. In altre parole, i miei studi non sono copie vagamente dipinte che fanno riferimento alle immagini finali di Caravaggio, bensì resoconti di ricerche attraverso le quali, mediante la pittura, provo a comprendere le decisioni del grande pittore riguardo alla composizione, al movimento e alla scelta del colore».

RAGGIUNGIMENTO DELL’INDIPENDENZA DA PERIODI E CRITERI

Da decenni – conclude Huisman – mi interrogo se sia possibile creare dipinti con la qualità spaziale e la coerenza tematica che rinvengo nelle opere degli artisti del primo Rinascimento, in quelle di Vermeer, in alcune impressioniste o nelle xilografie dei giapponesi del XIX secolo. Un elenco che potrebbe sembrare casuale, ma certamente non lo è. Ho sempre ricercato delle costanti nell’evoluzione del linguaggio pittorico attraverso i secoli e, qui, lo storico si fa valere. Dopo anni di osservazione e riflessione ho scoperto che nel tempo alcuni pittori sono stati in grado di permeare il loro lavoro con una profondità intrigante e astratta, indipendente dalla periodizzazione o dai criteri storici dell’arte. Questa spazialità non è il risultato di leggi prospettiche, ma nasce da una delicata disposizione degli elementi visivi e il risultato è una sensazione mentale generosa che prende forma nella mente dello spettatore. In questa luce, le pitture tombali etrusche sono preziose quanto gli affreschi italiani del XV secolo, le opere di alcuni costruttivisti russi o di pittori cinesi del XIV secolo. È questo spazio generoso che ora prende forma nel contesto di questa serie romana.

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