AFRICA, Ciad. Le elezioni presidenziali in un clima teso, il presidente uscente si presenta per il suo sesto mandato consecutivo

Idriss Deby Itno, presidente uscente in competizione per un sesto mandato consecutivo, affronta sei avversari, con la maggioranza dell’opposizione che è però divisa e ha chiesto il boicottaggio di un voto di cui, sostiene che «i risultati sono già scritti»

Cresce la tensione in Ciad alla vigili delle elezioni presidenziali. La campagna elettorale si conclude infatti tra gli arresti e i complotti, veri o presunti.

Diverse persone, tra cui esponenti politici dell’opposizione, sono state arrestate tra martedì e ieri in Ciad, dove domani, domenica 11 aprile, avranno luogo le elezioni presidenziali. Il ministero della pubblica sicurezza e dell’immigrazione sostiene che si tratta di arresti di persone «che hanno pianificato atti terroristici, tra cui l’attacco con esplosivi alla sede della commissione elettorale e il saccheggio delle urne elettorali».

Il comunicato del ministero, secondo Alwihda Info, afferma inoltre che il gruppo degli arrestati «aveva anche pianificato l’assassinio dei leader dei partiti politici dell’opposizione democratica e delle associazioni della società civile allo scopo di far ricadere la colpa sul governo in carica».

Idriss Deby Itno, presidente uscente in competizione per un sesto mandato consecutivo, affronta sei avversari, con la maggioranza dell’opposizione che è però divisa e ha chiesto il boicottaggio di un voto di cui, sostiene, i risultati sono già scritti.

Elezioni senza Internet

Interrotti i servizi Internet con la conseguenza che alle manifestazioni partecipano pochissime persone, questa la denuncia sporta ad Amnesty International da un attivista dell’opposizione.

Ma non è solo il blocco di Internet a preoccupare le organizzazioni per i diritti umani, poiché in questi ultimi mesi gli attacchi alla libertà d’espressione e di manifestazione pacifica si sono intensificati.

Lo scorso dicembre, la polizia ha fatto irruzione negli studi di un’emittente radiofonica privata alcuni minuti dopo che un difensore dei diritti umani aveva criticato in diretta il divieto imposto dal governo allo svolgimento di un forum della società civile sulle proposte di riforme istituzionali. Il 6 febbraio il governo ha poi vietato una manifestazione di protesta contro la crisi economica e molti dei promotori di essa sono stati arrestati.

Infine, l’8 aprile il ministro dell’Interno ha annunciato lo smantellamento di una presunta rete terroristica guidata da cinque dirigenti del Partito socialista senza frontiere, la formazione dell’opposizione al presidente in carica che ha candidato alla carica l’ex ministro Yaya Dillo.

Domenica 11 aprile i ciadiani chiamati alle urne

Il presidente uscente Idriss Deby Itno, 69 anni, corre per un sesto mandato; in tutto sono state dieci le candidature presentate, però saranno soltanto sei i candidati che effettivamente si disputeranno nelle urne la carica di capo dello Stato.

Deby, al potere ininterrottamente da più di trent’anni, è uno dei leader più longevi dell’Africa, essendo salito al potere nel 1990, a seguito di una ribellione armata. Nel 2018 è poi riuscito a far approvare una nuova costituzione che potrà consentirgli di rimanere al potere fino al 2033. Deby è il grande favorito, soprattutto dopo che il suo principale avversario e storico rivale, Saleh Kebzabo, ha annunciato il proprio ritiro denunciando «l’evidente militarizzazione del clima politico».

Quest’ultimo, alla fine di febbraio aveva riferito di essere stato aggredito in casa sua da militari della Guardia presidenziale e che cinque membri della sua famiglia sono stati uccisi, inclusa sua madre.

Il governo ha invece dichiarato che le forze di sicurezza stanno cercando di arrestare Dillo perché si è rifiutato di consegnarsi dopo la notifica di due mandati giudiziari emessi nei suoi, mentre «i suoi sostenitori praticano la violenza armata».

La denuncia di Amnesty International

In vista del voto di domenica, l’organizzazione Amnesty International ha pubblicato un durissimo rapporto nel quale denuncia le crescenti restrizioni allo spazio di espressione civica negli ultimi mesi in Ciad e la sistematica violazione dei diritti umani, tra cui l’oscuramento di Internet, arresti arbitrari e attacchi alle libertà di manifestazione e riunione pacifica.

In particolare, secondo Amnesty, negli ultimi cinque anni organizzazioni come Netblocks, Internet Sans Frontieres e Access Now hanno registrato una cifra cumulativa di 911 giorni di interruzioni, mentre tra il febbraio e il marzo scorsi l’accesso a Internet, le telefonate e i messaggi di testo inviati da un telefono all’altro sono stati interrotti per due settimane.

Già nel 2020 Internet era stato interrotto per un totale di 192 giorni. A luglio 2020 e a febbraio 2021, denuncia l’organizzazione sulla base di testimonianze dirette raccolte dai suoi studiosi, per la prima volta dopo l’assassinio di un giovane meccanico nel mercato di N’Djamena da parte di un colonnello dell’esercito, poi durante l’intervento delle forze di sicurezza presso l’abitazione del candidato alla presidenza Yaya Dillo Djerou che, secondo le autorità, avrebbe rifiutato di rispondere a diverse convocazioni dai tribunali.

Attacchi alla libertà di espressione

Amnesty ha inoltre documentato numerosi attacchi alla libertà di espressione e alla libertà di manifestazione e riunione pacifica. L’interesse per le elezioni presidenziali di domenica prossima in Ciad va ben oltre i confini ciadiani.

Alleato della Francia, il paese saheliano è un partner fondamentale delle potenze occidentali nella tormentata regione, divenuta il nuovo epicentro del terrorismo jihadista internazionale in seguito alla recrudescenza senza precedenti che l’ha interessata negli ultimi anni.

Investito in pieno nella lotta contro i jihadisti, il Ciad fornisce militari e sostegno finanziario alle forze internazionali, tra cui la forza G5 Sahel e la Forza multinazionale congiunta (FMM) nell’area del lago Ciad, e sta combattendo al fianco dei francesi nell’operazione Barkhane, che ha la sua sede centrale proprio a N’Djamena.

Nel febbraio scorso Deby ha annunciato l’invio di 1.200 militari ciadiani nella cosiddetta «area dei tre confini», tra Mali, Niger e Burkina Faso, centro dell’insorgenza jihadista nella regione.

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