POLITICA, Prima Repubblica. Il Partito socialista italiano e l’esplosione del debito

I conti di Craxi: la finanza pubblica nella IX legislatura tra menzogne e verità: proposte alcune chiavi di lettura ulteriori, utili a collocare il periodo della Presidenza del Consiglio dei ministri del leader socialista nel quadro più ampio dell’elaborazione programmatica del Psi tra la fine degli anni Settanta e l’inizio dei Novanta

È disponibile il nuovo numero speciale della rivista “leSfide” dal titolo: “I conti di Craxi, la finanza pubblica nella IX legislatura tra menzogne e verità”.

Si tratta del frutto del lavoro di ricerca storico-documentale promosso dalla Fondazione Bettino Craxi, un saggio collettaneo curato da Filippo Mazzotti, Gianfranco Polillo e Maurizio Sacconi, che è possibile leggere gratuitamente sul sito www.lesfide.org.

Martedì 16 febbraio alle ore 18:00 avrà luogo online la  presentazione del volume, essa vedrà la partecipazione di Maurizio Sacconi, Alberto Mingardi, Giovanni Orsina, Fabio Pammolli, Giovanni Tria e Paolo Reboani; i saluti introduttivi saranno di Margherita Boniver.

L’evento sarà trasmesso in diretta streaming sul sito web www.fondazionecraxi.org,

su Facebook: www.facebook.com/FondazioneCraxi/

da Youtube: https://bit.ly/2M81c6K

Un’appassionata difesa

Secondo Fabio Pammolli e Antonio Piana, curatori dell’articolo di introduzione del numero della rivista della Fondazione Craxi, il percorso di rilettura del “Craxismo” e della sua politica economica troverebbe esiti diversi a seconda di come si definisca, innanzitutto da un punto di vista temporale, il periodo di Craxi.

«Craxi – affermano gli autori dell’introduzione – divenne segretario del Partito socialista italiano nel luglio 1976, si collocò in una posizione centrale nella scena politica a partire dal 1979, come “ago della bilancia” dopo la fase dei governi di solidarietà nazionale, sino alla guida del partito nel 1981: furono di quegli anni le battaglie per la governabilità, per la pari dignità nel governo tra partiti laici e DC e per il superamento della pregiudiziale verso un premier non democristiano».

Essi affermano di avere deciso di concentrarsi su un periodo più lungo, «che ricomprende anche il quadriennio precedente (1979-1983 – descritto come inerte) e i cinque anni successivi (1987-1992 – definiti di rivalsa sociale). La capacità degli autori di ricostruire e documentare le grandi linee dell’azione di Craxi nel periodo di governo, l’attenzione nel rendere attraverso i dati relativi ai conti e attraverso gli effetti che ebbe su di essi quel cambio di passo culturale impresso da Craxi e dal Partito socialista, fa sì che il volume non corra il rischio di essere derubricato a Manifesto di rivendicazione e di testimonianza di parte».

Vengono proposte alcune chiavi di lettura ulteriori, utili a collocare il periodo della Presidenza del Consiglio dei ministri di Craxi nel quadro più ampio dell’elaborazione programmatica del Psi tra la fine degli anni Settanta e l’inizio dei Novanta.

Gli autori si soffermano sugli effetti per la finanza pubblica del vincolo esterno (il Sistema monetario europeo, approvato nel 1978 e istituito l’anno successivo) e del vincolo interno, (il “divorzio” tra Tesoro e Banca d’Italia, che esonerava l’Istituto centrale dall’obbligo di acquistare le quote non collocate dei titoli del debito pubblico, deciso nel 1981 con uno scambio di lettere tra il ministro del tesoro Andreatta e il Governatore Ciampi, senza coinvolgere collegialmente il Governo, né tantomeno investire il Parlamento.

Politica e finanza pubblica

I due vincoli si proponevano di costringere “la politica” a un atteggiamento più responsabile verso la finanza pubblica e il debito.

Si prefigurò dunque in quei passaggi l’acuirsi di quel dualismo tra tecnocrazia e politica che, nel corso dei decenni, ha dimostrato di poter unicamente coesistere quando si è trovata una sintesi e si sono determinate le sinergie tra i due “poteri” – secondo la formula di “rigore con il consenso” – già sperimentata nel 1947 con Einaudi e De Gasperi, come negli anni Sessanta con Carli e Colombo.

Negli anni Ottanta, invece, questa sintesi non poté realizzarsi in modo compiuto. Baffi prima e Ciampi poi spinsero con decisione per il divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia, pensando che il ricorso al mercato per l’acquisto e il rinnovo delle emissioni di debito pubblico avrebbero agito da deterrente rispetto alle decisioni di spesa del legislatore e all’espansione del deficit.

Al di là di ogni giudizio di valore, è indubitabile che l’introduzione dei due vincoli impresse una discontinuità nel funzionamento dell’economia italiana.

Una diversa chiave di lettura

Gli autori hanno incentrato il loro lavoro sull’azione e sui risultati di finanza pubblica dei quarantaquattro mesi di governo del leader socialista, tra il 1983 e il 1987. Bene si comprendono le motivazioni di questa scelta, se è vero che l’operato dei governi Craxi in materia di conti pubblici sia oggetto da decenni di una intensa delegittimazione, che ha visto cimentarsi politici, studiosi, intellettuali e giornalisti, nella costruzione di una narrazione negativa.

In realtà, la campagna sui «governi del debito» è stata rivolta prevalentemente contro la persona di Bettino Craxi, poiché a lui è stato imputato il debito pubblico generato da molti governi lungo un percorso durato numerosi anni. Una personalizzazione della responsabilità di un incarico di governo che nella storia della Prima Repubblica accomuna Craxi forse soltanto a Paolo Cirino Pomicino, ministro del Bilancio per tre anni.

La ricostruzione degli autori presenta invece in modo ordinato e puntuale una serie di evidenze utili a riconsiderare il ruolo del Craxi Presidente del Consiglio.

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