Herzliya, 11 maggio 2025 – Da dove potrebbe essere possibile, se è davvero ancora possibile, prendere le mosse per mettere un punto a questa guerra e dare vita a un embrione di ripresa del confronto in direzione di una pace davvero duratura che non sia soltanto una tregua tattica destinata prima o poi a venire posta in discussione? Dove si sta dirigendo lo Stato di Israele sotto la guida di questo governo? Come ricomporre uno straccio di equilibrio nella regione mediorientale?
Qatar: l’emiro al-Thani e il presidente Usa Trump
ELY KARMON – Intanto partiamo dall’immediato e da quello che spesso si sente dire in giro e cerchiamo di sfatare le voci prive di fondamento: io non credo che gli Stati Uniti d’America intendano concretamente assumere il controllo della striscia di Gaza, nonostante le dichiarazioni di Donald Trump. Il piano più realistico che, allo stato attuale, potrebbe avere delle concrete possibilità di realizzazione, che però il primo ministro Netanyahu non vuole realizzare, è quello che rinviene la soluzione del problema nel controllo internazionale della striscia della striscia di Gaza. Questo, se avvenisse, implicherebbe la partecipazione di una parte dei palestinesi, di un’Autorità nazionale palestinese riformata che faccia ricorso a numerosi tecnocrati, oltre alla partecipazione dell’Egitto alla ricostruzione del Territorio palestinese, resa possibile dai cinquantaquattro miliardi di dollari che verrebbero resi disponibili da vari Paesi del Golfo. Al riguardo, si ritiene che gli Emirati Arabi Uniti sarebbero disposti a schierare una forza militare o di polizia nella Striscia. Tuttavia il presupposto indefettibile è la neutralizzazione della componente militare di Hamas.
INSIDERTREND.IT – Come valuta l’inasprimento sempre maggiore della stretta israeliana alla striscia di Gaza, che incide terribilmente sulla popolazione civile palestinese?
ELY KARMON – Durante i recenti negoziati per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi il presidente statunitense Trump ha dato «carta bianca» al primo ministro israeliano Netanyahu per continuare a esercitare una pressione sia militare che umanitaria sulla striscia di Gaza. Ora, nel corso dell’ultimo anno Hamas ha ricevuto enormi quantità di aiuti umanitari, dunque per i palestinesi ci sarebbe cibo e acqua, ma è Hamas a controllarne le riserve e spesso vende gli aiuti umanitari alla popolazione. È vero che l’estrema destra israeliana preme affinché l’acqua non passi e l’energia elettrica non venga erogata alla Striscia, ma questo non si fa. Si è opposto anche il capo di stato maggiore dell’Esercito israeliano a una cosa del genere. Questo aspetto mi offre anche lo spunto di sfatare un’altra disinformazione della propaganda di Hamas, quella sulle morti di civili palestinesi a causa dei bombardamenti israeliani. Hamas vuole proseguire i combattimenti per uscire vittorioso con un cessate il fuoco permanente, ma nel frattempo ha già reclutato molti giovani nelle sue file. Se Hamas sarà vincitore non ci sarà mai una vera pace, ma neppure i Paesi arabi accetterebbero questo.
Tel Aviv: riservisti dell’Esercito israeliano protestano contro il governo presieduto da Benjamin Natanyahu
INSIDERTREND.IT – La guerra è un interesse comune agli opposti estremisti…
ELY KARMON – L’estrema destra israeliana ha nelle proprie mani il governo, poiché la fragile maggioranza che sostiene l’esecutivo presieduto da Benjamin Netanyahu si regge sui loro pochi ma vitali voti in parlamento: è questo il grande problema di Israele ed è interno. non si potrà cambiare politica finché questi (gli estremisti di Smotrich e Ben Gvir, n.d.r.) decideranno per il primo ministro e quest’ultimo, per il momento continuerà ad accettare questo stato di cose rimanendo sostanzialmente loro ostaggio. Al momento esistono due possibilità per mutare lo scenario politico in Israele. Una è una soluzione interna che deriverebbe dall’approvazione o meno alla Knesset della legge in discussione relativa al reclutamento di ulteriori soldati nei ranghi di Tsahal, perché l’Esercito israeliano non dispone di una forza sufficiente in termini numerici per poter occupare e mantenere il controllo militare sulla striscia di Gaza. Se questa legge non dovesse passare si creerebbero attriti con i partiti ortodossi che potrebbero uscire dalla coalizione di governo e, quindi, portare il Paese a elezioni anticipate. La seconda è quella di una pressione esercitata personalmente dal presidente americano Trump su Benjamin Netanyahu. Forse questa seconda ipotesi avrebbe fondate probabilità di condurre a un cambiamento della situazione, ma Trump dovrebbe intervenire energicamente per indurre il governo israeliano a un mutamento di rotta. Magari in occasione della prossima visita in Arabia Saudita, negli Emirati Arabi Uniti e nel Qatar. Ma dovrà farlo lui, perché sarebbe inutile attendersi che dall’Europa la politica e i media chiedano alll’Emirato di Doha di arrestare tutti i leader di Hamas che si trovano in Qatar. In fondo Riyadh era avviata a una normalizzazione delle relazioni con lo Stato di Israele e, nel marzo 2024, avrebbe firmato l’accordo se non fosse accaduto quello che è accaduto il 7 ottobre. Finora non è stato possibile farlo perché c’è stata la guerra con i suoi morti, ma anche a causa della politica del governo israeliano.
Qatar, Doha:
pattuglia acrobatica
nazionale
INSIDERTREND.IT – Ma, anche a Netanyahu l’opposizione israeliana ascrive delle responsabilità in ordine a una passata tacita collaborazione con il Qatar…
ELY KARMON – Già, tuttavia, attualmente nell’opinione pubblica israeliana si è formato un grande movimento di opinione che ha finalmente preso coscienza di questo. Non solo: è in corso una inchiesta da parte delle autorità dello Stato ebraico sul tentativo di sovversione posto in essere dal Qatar nei confronti di Israele stesso, ma, ancora oggi però c’è la leadership di Hamas che continua a permanere in Qatar, da dove si sposta continuamento in Turchia e in Egitto per negoziare.
INSIDERTREND.IT – Negoziare, certamente. Ma, come replica, allora, alle accuse che vengono mosse a Israele per il livello di brutalità che ha raggiunto questa guerra?
ELY KARMON – Questa è una guerra totale scatenata da Hamas con l’appoggio di Hezbollah, dell’Iran e degli Houti yemeniti. Israele la sta combattendo contro un nemico il cui capo, il segretario generale di Hamas, Mousa Abū Marzūq, va in televisione e dichiara che i cinquecento chilometri di tunnel sotterranei scavati nel sottosuolo della striscia di Gaza non servono per difendere la popolazione civile dai bombardamenti israeliani, ma servono per i combattimenti e che a difendere i civili ci devono pensare le Nazioni Unite. Hamas si mantiene al potere nella striscia con una dittatura, spara contro gli stessi civili palestinesi che sono stanchi della guerra e vi si oppongono. Uccidendo più di 1.200 israeliani e prendendo più di 240 ostaggi nell’attacco terroristico del 7 ottobre, Hamas si aspettava chiaramente una risposta militare su larga scala contro la striscia di Gaza, un’aspettativa poi confermata dall’offensiva aerea e terrestre senza precedenti dell’esercito israeliano. La morte di decine di migliaia di palestinesi e le enormi devastazioni hanno catalizzato l’attenzione dei media internazionali per settimane e, dopo anni di relegazione in secondo piano, Gaza è tornata a essere il cuore del confronto israelo-palestinese.
guerriglieri palestinesi di Hamas
INSIDERTREND.IT – Ma è davvero concepibile quanto poi, nella pratica, davvero realizzabile una eliminazione totale della componente militare di Hamas a Gaza, che conta ancora malgrado tutto su decine di migliaia di combattenti in armi. Qualcosa come avvenne nel 1945 con il Terzo Reich in Germania, che poi alla fine, però, in qualche modo dopo la morte di Hitler capitolò? E se sì, a quale costo in termini di vite umane tra la popolazione civile?
ELY KARMON – Lo ripeto: Hamas e i suoi alleati hanno scatenato questa guerra ponendosi l’obiettivo di distruggere il popolo israeliano. Si parla sempre di cifre, ma nessuno tiene mai nel dovuto conto quelle stratosferiche dei morti delle guerre e degli eccidi, ad esempio, in Siria o in Sudan. Comunque, soltanto il giorno del 7 ottobre del 2023, quando i terroristi di Hamas hanno attaccato, in un giorno sono stati uccise 1.200 persone, cioè la metà del totale dei militari dello Stato ebraico caduti durante la guerra dello Yom Kippur del 1973. Dunque non andrebbe combattuta la guerra dei numeri. Secondo un rapporto diffuso dalla Reuters, alla fine di marzo 2025 le autorità sanitarie palestinesi affermavano che la campagna aerea e terrestre di Israele a Gaza aveva provocato la morte di più di 50.000 persone, delle quali un terzo di età inferiore ai diciotto anni. Tuttavia, i rapporti sanitari di Hamas non menzionano mai il numero di terroristi uccisi durante i combattimenti. Anche l’esercito israeliano ha ammesso nei vari briefing che il numero complessivo delle vittime palestinesi nella striscia era ampiamente attendibile, ma in Israele si stima che il numero di combattenti di Hamas uccisi siano 20.000, dunque all’incirca un civile per ogni combattente. E questo anche perché Hamas ha utilizzato le strutture civili e la popolazione civile come scudi umani.