Gridare allo scandalo perché Recep Tayyip Erdoğan ha ricevuto i vertici di Hamas non aiuta a comprendere cosa il presidente turco stia davvero facendo. Forse sta riuscendo a ottenere un’intesa tra l’organizzazione islamista radicale e Israele, ponendo sul tavolo dei negoziati, da un lato la liberazione di tutti gli ostaggi sequestrati il 7 ottobre dello scorso anno e il disarmo della milizia palestinese, dall’altro, quale contropartita, l’impegno dello Stato ebraico a non attaccare la città di Rafah, nella striscia di Gaza.
L’ATTIVISMO DI ERDOĞAN IN MEDIO ORIENTE
Se riuscisse a fare questo, argomenta Mario Giro, si dovrebbe considerare Erdoğan un vero game changer. Questo, sottolinea sempre l’ex viceministro degli Esteri e autorevole esponente della Comunità di Sant’Egidio, mentre di segno diverso è il tentativo posto in essere da Mohamed bin Salman, che intenderebbe invece riprendere la via degli Accordi di Abramo a seguito di una distruzione totale del gruppo islamista palestinese filiazione dei Fratelli musulmani.
RIYADH E IL SUO NEMICO STORICO
«In altre parole – conclude Giro -, mentre il presidente turco vuole che i fondamentalisti rimangano in gioco, il principe ereditario saudita vorrebbe prenderne il posto. Ma, da entrambi, e in particolare dal leader turco, ci si dovrà sempre attendere sorprese».