SALUTE, prevenzione. Tumore al collo dell’utero: come anticipare la neoplasia

L’argomento è stato trattato nel corso di un’intervista dal dottor Roberto Senatori, esperto in patologia cervico vaginale, responsabile inoltre del Centro HPV della Clinica Villa Margherita, che ha indicato le tre fasi della prevenzione e lo «screening organizzato». Prima dei trent’anni il virus è molto diffuso ma, dato che tende a negativizzarsi spontaneamente, effettuare direttamente l’HPV genererebbe inutili allarmismi, mentre valutarne solo le alterazioni più pericolose risulta maggiormente efficace ai fini della prevenzione e della cura

Gennaio 2024 è stato il mese dedicato alla prevenzione del cervico carcinoma, meglio conosciuto come «tumore al collo dell’utero», neoplasia estremamente diffusa che colpisce prevalentemente le donne tra i cinquantacinque e i sessantaquattro anni, pur non escludendo quelle più giovani, che tuttavia, oggi, grazie alle moderne tecniche di screening e alla più recente diffusione del vaccino, è possibile evitare.

PREVENZIONE DEL TUMORE AL COLLO DELL’UTERO

Ludovica Palmieri, giornalista specializzata nella materia, ne ha discusso con il dottor Roberto Senatori, medico ginecologo e consigliere del direttivo della Società italiana di Colposcopia e Patologia cervico vaginale, responsabile inoltre del Centro HPV della Clinica Villa Margherita. Egli da anni si batte per trasmettere ai più giovani e alle loro famiglie l’importanza della prevenzione: «Il tumore alla cervice dell’utero si sviluppa in un lungo lasso di tempo – afferma al riguardo -, soltanto in seguito a una lesione dovuta all’acquisizione del virus dell’HPV. Scoperta che, nel 2008, valse il Nobel al suo autore il dottor Harald zur Hausen, che nello specifico identificò l’HPV,  papillomavirus umano, quale agente eziologico del cancro della cervice uterina».

IL REGRESSO DELL’INFEZIONE

«Tuttavia, – prosegue Senatori –, va tenuto presente che, malgrado la diffusione dell’HPV sia statisticamente alta, nella maggior parte dei casi l’infezione regredisce spontaneamente nell’arco di due anni, persistendo nel tempo e solo nel 10% – 15% delle donne colpite provocando lesioni. Infatti, come dimostra la ricerca, la presenza del virus è una condizione necessaria ma non sufficiente allo sviluppo del tumore, quindi eliminando il virus si azzera anche il rischio di incorrere in patologie più gravi.  Quindi, grazie alla prevenzione che si compone attualmente di tre fasi, nei paesi più industrializzati è possibile abbattere l’incidenza della malattia».

PRIMO INTERVENTO POSSIBILE: LA VACCINAZIONE

«La prevenzione primaria è rappresentata della vaccinazione, da effettuare preferibilmente in età preadolescenziale, ovvero prima dei contatti sessuali che aumentano notevolmente il rischio di contagio, in ragazzi di ambo i sessi. Si tratta di una procedura essenziale dal momento che i vaccini di ultima generazione coprono i nove sierotipi più pericolosi del virus. Sono estremamente sicuri ed efficaci: possono prevenire oltre il 90% delle forme tumorali associate all’HPV e sono stati somministrati in sicurezza a milioni di ragazze e ragazzi in tutto il mondo. Per aumentarne l’adesione, la vaccinazione è offerta gratuitamente a tutte le ragazze fino ai ventisei anni d’età non compiuti; e dal 2020 per tutte le donne precedentemente trattate per lesioni di alto grado al fine di ridurne le recidive. Per le donne al di sopra dei ventisei anni il vaccino è disponibile a un social price che varia di regione in regione per tutte e tre le dosi.  Tuttavia, benché si ambisca a vaccinare il 95% della popolazione, a oggi la copertura vaccinale è ancora bassa e si aggira attorno al 60 per cento».

IL MASCHIO È PORTATORE DEL VIRUS

Va inoltre rilevato, che per abbattere in modo sostanziale i contagi la campagna vaccinale dovrebbe coinvolgere in modo importante anche i ragazzi, in quanto portatori del virus, ma la sensibilità dei giovani e delle loro famiglie è ancora scarsa a riguardo. L’ideale sarebbe seguire l’esempio australiano ove è stata introdotta la vaccinazione a tappeto in ambito scolare, intorno agli undici anni di età, per tutti i ragazzi di ambo i sessi

SECONDA E TERZA FASE DI PREVENZIONE

«La prevenzione secondaria – aggiunge Senatori –, che consiste in screening periodici, varia a seconda delle età. Nelle donne entro i trenta anni si basa sul PAP test, attraverso il quale si evidenzia, non la presenza del virus, bensì le alterazioni cellulari che potrebbero essere da esso provocate. Dopo i trenta anni si procede direttamente all’HPV test, volto a individuare la presenza del virus. Se esso risulta negativo, lo screening organizzato prevede la ripetizione del test dopo cinque anni, altrimenti, qualora positivo, viene effettuato il PAP test. Se quest’ultimo dovesse attestare alterazioni si procede all’esame colposcopico e, ove necessario, alla terza fase di prevenzione, ovvero il trattamento delle lesioni».

UNO SCREENING ORGANIZZATO

«La differenziazione degli screening in base all’età è dovuta al fatto che prima dei trent’anni il virus è molto diffuso ma, dato che tende a negativizzarsi spontaneamente, effettuare direttamente l’HPV genererebbe inutili allarmismi, mentre valutarne solo le alterazioni più pericolose risulta maggiormente efficace ai fini della prevenzione e della cura. La terza fase della prevenzione subentra in caso di lesioni istologicamente comprovate e consiste nella loro rimozione chirurgica. Date queste considerazioni – ha quindi concluso il responsabile inoltre del Centro HPV della Clinica Villa Margherita – iniziative come questa sono fondamentali per sensibilizzare l’intera popolazione sull’importanza della prevenzione».

Condividi: