All’uccisione del colonnello Hassan Sayad Khodayari sono seguite le minacce di ritorsioni di Teheran nei confronti di Israele, al punto da indurre il governo di Gerusalemme a mettere in guardia riguardo a una «minaccia tangibile per gli israeliani in Turchia, oltreché a un livello di minaccia ancora più elevato in altri paesi confinanti con l’Iran», una dinamica che alcuni analisti ritengono essere un’escalation del «conflitto ombra» tra i due paesi mediorientali.
ELEVATO LIVELLO DI PERICOLO ATTENTATI
L’annuncio è stato diffuso una settimana dopo l’eliminazione dell’ufficiale del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC), colpito da un gruppo di fuoco non identificato in un quartiere residenziale di Teheran, dopo che il comandante dell’IRGC, maggior generale Hossein Salami, aveva accusato lo Stato ebraico di essere responsabile dell’assassinio. Accuse che sarebbero state confermate da un successivo rapporto pubblicato dal quotidiano statunitense “New York Times” attraverso il quale venivano fatte trapelare informazioni asseritamente rese da un anonimo funzionario americano, che avrebbe rivelato come Gerusalemme avesse informato Washington di aver compiuto l’azione.
RETORICA DI CIRCOSTANZA E MINACCE CONCRETE
In un approfondito articolo di Aaron Rosenthal – ricercatore presso l’Università di Edimburgo e The Media Line, pubblicata il 6 febbraio 2022 su “The Media Line” https://themedialine.org/top-stories/assassination-of-revolutionary-guards-officer-is-new-phase-in-iran-israel-shadow-war/ -, viene riportata l’opinione sull’argomento di una serie di analisti della materia, come quella del professor Tugba Bayar, docente di relazioni internazionali presso la Bilkent University in Turchia, il quale ha eccepito come le misure di ritorsione annunciate dagli iraniani raramente siano all’altezza della loro forte retorica. “La retorica degli iraniani è sempre piuttosto offensiva – afferma Bayar -, essi giurano vendetta, come avvenuto dopo l’assassinio del generale Soleimani e di diversi scienziati nucleari, tuttavia, l’unica volta che abbiamo visto la Repubblica Islamica in azione è stato quando ha attaccato alcuni obiettivi in Iraq definendoli centri di spionaggio israeliani», aggiungendo infine di non essere del tutto convinto del fatto che Teheran possa prendere di mira dei civili, «né in Turchia e né altrove».
LA «GUERRA OMBRA» TRA GERUSALEMME E TEHERAN
Di diverso avviso Mark Fitzpatrick, professore associato presso l’International Institute for Strategic Studies ed ex direttore esecutivo di IISS-America, oltreché in passato tra i responsabili dell’istituto sulla non proliferazione. Egli ritiene infatti come invece sia molto probabile il verificarsi di una serie di sabotaggi e omicidi. «A seguito dell’eliminazione di Khodayari – ha preconizzato – la “guerra grigia” tra Iran e Israele è destinata a intensificarsi ulteriormente». Insomma, una fase incrementale della cosiddetta “guerra ombra” o, appunto, “guerra grigia”, combattuta negli ultimi anni dalle due potenze regionali del Medio Oriente, che registra reciproci attacchi segreti o indiretti contro obiettivi nemici specifici, senza però un impegno esplicitamente dichiarato né a fronte di un riconoscimento ufficiale dello stato di guerra aperta. Prima della sua eliminazione fisica, Israele aveva ripetutamente indicato Khodayari come un alto ufficiale della task force militare clandestina iraniana, l’Unità 840, accusata di avere compiuto sequestri di persona e omicidi di cittadini stranieri, ma della quale il governo della Repubblica Islamica non ha mai formalmente riconosciuto l’esistenza.
KHODAYARI E L’ATTENTATO DI NEW DELHI DEL 2012
Il professor Ely Karmon, ricercatore senior presso l’Istituto internazionale antiterrorismo dell’Università Reichman di Herzliya, sottolinea come l’assassinio di Khodayari per Israele assuma un significato sia sul piano tattico che su quello strategico, poiché «in qualità di presunto vice capo dell’Unità 840, Khodayari era coinvolto in una lunga lista di attacchi, incluso quello compiuto nel febbraio nel 2012 a New Delhi contro l’auto dell’addetto militare israeliano in India». Secondo la sua opinione riportata nell’articolo di “The Media Line”, «il 13 febbraio 2012 Tal Yehoshua Koren, moglie di un rappresentante del ministero della Difesa israeliano in India, venne presa di mira dai sicari del governo, che la ferirono gravemente». Sempre secondo Karmon, nell’ultimo decennio l’intelligence dello Stato ebraico ha scoperto numerosi complotti orditi da parte dell’Unità 840 iraniana, sventandone la maggior parte grazie alla sua profonda penetrazione nelle reti nemiche. «Oltre a quello di Nuova Dehli, infatti – ricorda il ricercatore della Reichman –, sono stati sventati un’altra trentina di attacchi».
UNICA FORMA DI CONFLITTO ATTUALMENTE PRATICABILE
«Soprattutto negli ultimi due anni – prosegue Karmon -, abbiamo assistito ad attacchi a Cipro e in Colombia, tutti probabilmente sventati dal Mossad, che è stato in grado di neutralizzare le cellule che avrebbero dovuto portarli a termine». Il docente israeliano ci tiene a sottolineare come nella sua intervista resa al Rosenthal non abbia menzionato la Corea quale obiettivo degli iraniani, a differenza dei casi . dell’Etiopia (gennaio 2021, attacco all’ambasciata degli Emirati Arabi Uniti), la Germania (la vittima fu un generale americano) e la Francia (il filosofo ebreo Bernard Henri Levi), questi ultimi nella primavera del 2022. «La Turchia ha funto spesso da trampolino di lancio per il compimento di attività ostili contro obiettivi israeliani. Ad esempio, un membro dell’IRGC, Mansour Rasouli, pianificò l’assassinio di un diplomatico dello Stato ebraico presso il consolato di Istanbul, attentato sventato dal Mossad».
Non si tratterebbe del primo tentativo di attaccare obiettivi israeliani in Turchia, ricorda Karmon, «sappiamo che in passato gli iraniani hanno cercato di assassinare il nostro console a Istanbul; negli anni Novanta e, recentemente, hanno tentato di uccidere uno dei più ricchi uomini d’affari ebrei che è anche cittadino israeliano». Lo scorso febbraio i servizi di intelligence di Ankara hanno tratto in arresto otto persone sospettate di avere ordito un complotto ai danni di Yair Geller quale rappresaglia per l’eliminazione dei uno dei massimi responsabili del programma nucleare iraniano Mohsen Fakhrizadeh, avvenuta nel 2020 e attribuita al Mossad.
MENTI SOTTILI E TATTICHE INTRICATE
L’articolo di Rosenthal prosegue quindi con l’opinione di Alam Saleh (docente di studi iraniani presso il Center for Arab and Islamic Studies dell’Australian National University), che ritiene come la guerra ombra, dunque non convenzionale, sia attualmente l’unica forma di guerra praticabile dalle due parti in conflitto, anche alla luce dell’attuale assenza di disponibilità al negoziato delle parti in causa. In questo senso, numerosi osservatori hanno ipotizzato un legame tra l’eliminazione fisica di Khodayari e le trattative in corso sul programma nucleare iraniano, evidenziando come uno dei punti chiave della difficile trattativa in corso tra Teheran e Washington, che viene utilizzato anche per ostacolare il raggiungimento di una accordo, sia proprio l’inclusione da parte americana dell’IRGC nell’elenco delle organizzazioni terroristiche. Israele ha dunque inteso minare i colloqui in corso a Vienna attraverso l’assassinio di Khodayari richiamando la posizione americana sull’IRGC?
I PASDARAN NELLA LISTA NERA DI WASHINGTON
Secondo Saleh questa è la prima volta che un membro delle Guardie Rivoluzionarie viene preso di mira dai servizi di intelligence dello Stato ebraico, ergo, l’eliminazione mirata di Khodayarin potrebbe rispondere a una tattica israeliana tesa a indurre gli iraniani a premere sugli americani per la rimozione dell’IRGC dall’elenco delle organizzazioni terroristiche, «perché, se le Guardie Rivoluzionarie risultano ancora in quella lista, questo legittima gli omicidi mirati, almeno agli occhi di Washington».
«Ma, dal momento che l’accordo nucleare è effettivamente morto, l’assassinio non avrà alcun impatto su di esso», Fitzpatrick dal canto suo respinge questa lettura dei fatti sulla base del pregresso fallimento dei colloqui di Vienna, «che dunque non era necessario sabotare. Ha sostegno della sua tesi, l’analista dell’IISS argomenta attraverso la supposta riluttanza di Israele nel sabotare gli impianti nucleari iraniani durante i colloqui a Vienna, «e sarebbe improbabile che tenti di minarli ora, mentre sono tecnicamente ancora in corso. Una reticenza che probabilmente durerà ancora un po’». I convincimenti in materia di negoziati con l’Iran divergono tra Washington e Gerusalemme, con quest’ultima decisamente contraria a un accordo con gli ayatollah sul nucleare.