SANITÀ, epidemie. Regno Unito: oltre alla SARS-Cov2 adesso anche l’aviaria

Le isole britanniche sono attualmente interessate da un significativo focolaio del virus ad alta patogenicità influenzale, diffusosi mediante la popolazione di uccelli migratori selvatici a partire dall’ottobre scorso; esso ha quindi colpito il pollame degli allevamenti in batteria. Dal 18 gennaio in Inghilterra sono stati segnalati 68 casi della variante H5N1, 5 in Scozia, 3 in Galles e 5 in Irlanda del

Il Regno Unito è attualmente interessato da un focolaio significativo di aviaria ad alta patogenicità influenzale, diffusosi nelle isole britanniche mediante la popolazione di uccelli migratori selvatici a partire dall’ottobre scorso; il virus ha quindi colpito il pollame degli allevamenti in batteria. Dal 18 gennaio 2022 in Inghilterra sono stati segnalati 68 casi della variante H5N1, 5 in Scozia, 3 in Galles e 5 in Irlanda del Nord. Cifre che vanno raffrontate con quelle registrate in precedenza, nella stagione invernale 2020-21, quando il totale dei casi di infezione ammontò soltanto a 26 locali.

Il 6 gennaio l’Agenzia nazionale per la sicurezza sanitaria (HSA) ha poi confermato un caso di trasmissione da uccello a uomo, segnalando quindi il rischio aviaria, seppure questo tipo di influenza continui a mantenersi a livelli di contagi molto bassi.

AVIARIA: ORMAI UN PROBLEMA PERENNE

Al  pari di numerosi altri paesi europei vicini al Regno Unito, l’Highly Pathogenic Avian Influenza (HPAI), negli ultimi quindici anni divenuta un problema perenne per Londra, viene diffusa dagli uccelli selvatici che in estate si fermano nelle regioni settentrionali della Russia, luoghi dove si mescolano con altre specie di uccelli incrementando i livelli di infezione prima di tornare in Europa occidentale in inverno, dove infettano la popolazione di uccelli selvatici domestici, così come quelli domestici e il pollame in allevamenti.

Se nelle isole britanniche l’incidenza dei casi di aviaria è elevata, nel resto d’Europa i focolai sono limitati nella consistenza, in Italia ne sono stati segnalati trecento casi confermati.

DANNI AL SETTORE ZOOTECNICO

Il settore industriale zootecnico, pesantemente colpito da questa epidemia, al fine di evitare i costi di un blocco della produzione e di quelli di un eventuale abbattimento dei capi di bestiame, ha volontariamente rafforzato i propri protocolli di biosicurezza, di  per sé già rigorosi, andando oltre i parametri imposti dalla normativa emergenziale varata dal governo di Sua Maestà britannica.

Una volta che l’infezione viene confermata dalle autorità sanitarie, queste ultime dispongono l’abbattimento degli uccelli superstiti all’infezione e la sanificazione del sito allo scopo di limitare la diffusione del virus. Inoltre, a seguito della conferma di ogni caso di HPAI, intorno al sito interessato viene delimitata una zona di protezione dell’estensione pari a tre chilometri quadrati e una di sorveglianza di dieci.

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