CANALE DI SUEZ, incidente Ever Given (3). Lo strategico «collo di bottiglia» è stato «stappato» e ora brindano tutti …ma?

Finalmente (e anche inaspettatamente presto) quel tratto è stato riaperto al transito navale, tuttavia le incognite permangono, infatti, un blocco provocato da una nave commerciale a «sbaglio premeditato» potrebbero essere viste da terze parti come un'opzione facile e veloce per colpire duramente le economie e le operazioni di sicurezza strategica degli avversari. Gli scenari delineati dal generale Giuseppe Morabito, analista della NATO Defence College Foundation

a cura del generale Giuseppe Morabito, ufficiale in ausiliaria dell’esercito italiano e attualmente membro del direttorio della NATO Defence College Foundation – La  maggior parte degli analisti che si sono affrettati a commentare l’accaduto hanno incentrato le loro attenzioni sui mercati globali del petrolio e del gas, sui possibili aumenti dei prezzi in tutto il mondo e sui maggiore tempi di distribuzione dei  prodotti, che non sarebbero stati in grado di raggiungere i mercati in Europa, Asia e Medio Oriente.

Ad avviso di altri, invece, l’attenzione dovrebbe venire posta principalmente sul ruolo svolto dal trasporto marittimo internazionale, sull’importanza dei punti di strozzatura per il commercio globale, sulla sicurezza marittima, sulla geopolitica e sulla globalizzazione.

Il Canale di Suez, capolavoro dell’ingegneria del XIX secolo progettato dell’ingegnere italiano Luigi Negrelli, gioca e ha giocato nel tempo, un ruolo importante nel potere e nelle proiezioni economiche sia delle ex potenze globali che dei giganti del commercio anche arabi, russi e asiatici. Negli ultimi decenni, dopo aver dimenticato che esso è stato bloccato già in passato (non per giorni ma per anni, quegli stessi gli analisti sembrano dimenticare anche un’altra grande questione strategica, quella che vede i punti di strozzatura come punti cardine geopolitici e strategici.

Le vulnerabilità di sistema

La crisi appena conclusa ha mostrato quanto sia vulnerabile il commercio globale. Ne avevamo già sentito il campanello d’allarme con la pandemia da virus cinese (ormai anche OMS ha dichiarato che il virus si è propagato a partire da quel paese) e delle sue ramificazioni globali. Il sogno del commercio globale, che intreccia economie e società fino a un punto di non ritorno, è stato colpito dalla realtà dei fatti.

Un «semplice» virus ha bloccato il commercio globale, ha mostrato l’enorme mancanza di resilienza del sistema e ha portato in primo piano nuovi attori di potere. Un blocco globale, anche di poche settimane nel caso della Cina, ha fermato le economie di tutto il mondo. In tale contesto si è evidenziato come i  mercati emergenti asiatici sono ancora visti come il futuro fattore per la prosperità necessaria in tutto il mondo.

L’accordo Cina-Iran di questi giorni, come parte dell’approccio OBOR (la nuova “Via della Seta” di Pechino), o le dichiarazioni della compagnia petrolifera nazionale dell’Arabia Saudita Aramco, indicano che il Golfo Arabico (o Persico) nel suo totale sarà il garante del fabbisogno energetico della Cina per i prossimi cinquanta anni e , ancora una volta, dimostra l’attenzione verso un’area singola  di interesse per la produzione globale, la finanza e persino il potere militare. Si tratta  in un’area che circonda la Cina comunista.

I «colli di bottiglia»

Partendo dal fatto che l’85-90% del commercio mondiale è ancora strutturato in una modalità trasporto molto tradizionale, non va però dimenticato che le navi  sono solo in grado di seguire rotte geografiche. Parte delle obbligate rotte marittime seguono vie d’acqua che attraversano ben noti “punti di strozzatura”, quali il Canale di Suez, lo Stretto di Hormuz, quello di Gibilterra, il Bosforo, il Mare di Bering e lo Stretto di Malacca.

Si tratta di rotte sono fondamentali non soltanto per il commercio, l’energia o il cibo, ma anche per gli accordi di sicurezza mondiali. A titolo di esempio,  per dimostrare la capacità strategica di controllo della regione del Golfi Arabico e Rosso, le forze navali Usa, NATO e quelle russe sono quasi sempre costrette a passare per il Mediterraneo (Gibilterra o Bosforo), entrare nel Canale di Suez e raggiungere l’area di operazioni.

Il principale problema di fondo al momento, quando si parla di un futuro blocco del Canale di Suez, è il fatto che la Ever Given (una nave portacontainer lunga 400 metri, cioè quattro volte il campo di calcio dello Stadio Olimpico di Roma), ha ostruito un’arteria globale fondamentale e un caso simile non è escluso che possa ripetersi.

Alcuni economisti concordano sul fatto che l’Egitto rivesta notevole importanza in termini di interesse e capacità di influenzare il benessere globale quando ci sono modifiche alla facilità con cui attraversare Suez. Tutto questo perché il canale lungo 120 miglia che collega l’Oceano Indiano al Mar Mediterraneo, oltre a portare nelle casse del Cairo sei miliardi di dollari all’anno, è per così dire vitale per le navi che cercano di viaggiare tra l’Asia e l’Europa senza dover circumnavigare l’Africa.

Quanto vale Suez

Dati alla mano, Suez vale il 12% del commercio mondiale, il 30% del traffico marittimo globale, più del 7% del transito di petrolio greggio e, soprattutto per l’Italia, circa il 40% dell’interscambio con la zona commerciale asiatica.

Il recente blocco ha avuto un effetto tsunami sul commercio globale, poiché il commercio marittimo è, come detto, vitale per l’Europa, Italia in primis, e l’Asia, ma anche per il Medio Oriente. Si è aperto subito un dibattito su un possibile cambiamento basato sia sulla pandemia sia sulla concreta disponibilità del Canale di Suez, che potrebbe (o addirittura dovrebbe) portare a nuovi hub di produzione o centri logistici che al momento sfavorirebbe in modo notevole il nostro paese.

Come già indicato, gli analisti strategici si rendono ora conto che un futuro reiterato blocco del Canale avrebbe ripercussioni negative sull’operatività delle forze navali Usa-NATO-Ue, sulle manovre navali russe o addirittura sulla stabilità della regione del Golfo Persico.

Al momento, il Canale di Suez è un’importante rotta strategica per tutti per cooperare con i paesi arabi, bloccare potenziali operazioni di Houthi, Iran o pirati dentro e intorno al Corno d’Africa, Mar Rosso e Oceano Indiano.

Come alcuni hanno avuto modo di valutare, il blocco del Canale di Suez potrebbe creare forse una pressione economico-militare ancora maggiore sul regime siriano del presidente al-Assad, poiché l’ancora di salvezza del petrolio e del carburante del regime siriano è bloccata in quanto le forniture di petrolio iraniane non sono in grado di raggiungerlo.

Valutare i rischi insiti nelle rotte commerciali

Sarebbe il caso che Usa e Europa affrontino ora un processo di analisi che porti  a valutare i rischi economici e militari insiti nelle rotte commerciali limitate da fattori geografici.

Il Canale di Suez non è l’unico punto di strozzatura da valutare. All’interno e intorno alla crisi attuale, devono essere affrontate la messa in sicurezza dell’area del Mar Rosso / Corno d’Africa, la crisi del Mediterraneo orientale che affronta le rotte commerciali russo-turche e dell’Unione europea attraverso il Bosforo, o la piccolissima rotta attraverso lo Stretto di Gibilterra.

Un blocco provocato da una nave commerciale a «sbaglio premeditato» potrebbero essere viste da terze parti come un’opzione facile e veloce per colpire duramente le economie e le operazioni di sicurezza strategica degli avversari.

Per decenni si è parlato solo dello stretto di Hormuz all’ ingresso del Mare Arabico per i rischi connessi con le forniture di petrolio e le minacce iraniane al suo blocco, dalla settimana scorsa parrebbe che l’area Suez-Mar Rosso sia molto più importante.

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