Pasqua di sangue nello Sri Lanka, alla serie di attentati coordinati compiuti contro chiese cristiane e alberghi anche da terroristi suicidi nella giornata di domenica, si è aggiunta l’esplosione di un ordigno collocato all’interno di un furgone parcheggiato di fronte a una chiesa della capitale Colombo.
Il provvisorio bilancio. Continua a crescere il bilancio delle vittime, attualmente i morti sono 321, cittadini di otto diversi paesi, mentre i feriti più di 500.
Si tratta del più grave attacco terroristico effettuato nella storia recente in Asia, poiché il bilancio delle vittime supera quello degli attentati di Bali (Indonesia) del 2002 e di Mumbai (India) del 2008.
Nella capitale sono stati colpiti il santuario di Sant’Antonio e la chiesa di San Sebastian, oltre ad alcuni grandi alberghi frequentati da cittadini stranieri, lo Shangri-La, il Kingsbury e il Cinnamon Grand Colombo; un altro albergo è stato poi attaccato nel quartiere di Dehiwala, alla periferia meridionale della città, mentre contestualmente altre chiese sono state oggetto di attentati sia a Negombo, località situata a nord di Colombo, che a Batticaloa, nella parte opposta dell’isola. Per oggi è stato dichiarato il lutto nazionale.
Le indagini e l’incapacità dell’intelligence locale. Il governo riferisce che la paternità della serie coordinata di attacchi sarebbe da attribuire a un gruppo jihadista locale, il National Tawheed Jamaat, ma anche qui per il momento non ci sono effettive conferme.
A seguito delle stragi la polizia ha arrestato più di quaranta persone, in massima parte di cittadinanza cingalese, non diffondendone però le rispettive affiliazioni religiose. Fonti ufficiali delle forze di sicurezza hanno successivamente reso noto che i sospetti si concentrano su di una organizzazione estera, che sarebbe coinvolta nella serie di attacchi contro i cristiani.
Tuttavia regna ancora l’incertezza, anche a causa del prolungarsi dell’assenza di una rivendicazione degli attentati. Il governo riferisce che la paternità della serie coordinata di attacchi sarebbe da attribuire a un gruppo jihadista locale, il National Tawheed Jamaat, che potrebbe aver ricevuto il sostegno di organizzazioni terroristiche estere di maggiore spessore, ma anche qui per il momento non ci sono effettive conferme.
Infatti, già da alcuni giorni i servizi di intelligence di Colombo avevano ricevuto delle segnalazioni riguardo al possibile compimento di attentati nel territorio dello Sri Lanka da parte di terroristi jihadisti, informazioni che riferivano in particolare dell’organizzazione in atto di attacchi suicidi, ciò che poi si è verificato.
Insomma, una vera e propria “falla” nell’apparato di intelligence di Colombo, allertato dai servizi di alcuni stati esteri (l’India in primo luogo) della possibile minaccia incombente sulla comunità cristiana cingalese, allarme però ignorato.
Il National Tawheed Jamaat. Il National Tawheed Jamaat è un gruppo wahhabita molto attivo nel paese sia nella propaganda jihadista che nel proselitismo, intollerante alle pratiche dell’Islam Sufi – molto diffuse tra i musulmani del luogo –, ha recentemente diffuso una traduzione cingalese del Corano.
Secondo la polizia di Colombo, una segnalazione pervenuta dall’estero agli organi di sicurezza lo scorso undici aprile, il leader locale della Jamaat, Mohamed Safran, sarebbe stato intento alla pianificazione di attacchi suicidi nel Paese.
In mattinata la polizia ha diffuso la notizia dell’arresto di un cittadino siriano ritenuto implicato nelle azioni terroristiche, che attualmente si troverebbe sotto interrogatorio.
Uno degli attentatori suicidi era stato arrestato nello scorso dicembre dopo che aveva compiuto degli atti di vandalismo ai danni di una statua del Buddha in una località dello Sri Lanka centrale, gesto che seguiva le forti tensioni tra fedeli di diverse religioni, quelli della maggioranza buddista e della minoranza musulmana.
Perché i cristiani? Non soltanto i cattolici sono rimasti vittima dei terroristi jihadisti, anche evangelici, mentre gli anglicani questa volta non sono stati attaccati.
Nel clima di tensione e scontri tra le due maggiori componenti religiose del paese, che negli ultimi anni hanno portato anche a violenze (come nella scorsa primavera) i cristiani costituiscono una minoranza che, attraverso i suoi rappresentanti, è spesso divenuta un “ago della bilancia” decisivo per il potere nel quadro politico nazionale.
Ma alla base degli attacchi di pasqua risiederebbe un’altra motivazione, infatti, il vice ministro della difesa ha riferito oggi in parlamento che – stando a quanto emergerebbe dalle prime indagini effettuate – gli attacchi terroristici nello Sri Lanka sarebbero una «rappresaglia» per la strage compiuta nelle moschee di Christchurch il 15 marzo scorso, che vide la morte di cinquanta fedeli musulmani.
Sui complessivi venti milioni di abitanti dello Sri Lanka i cattolici sono un milione e mezzo, quindi circa il 7%, sparsi per le dodici diocesi del Paese.
Tensione nel Paese. Permane teso il clima nello Sri Lanka, dove resta in vigore il coprifuoco durante la notte, clima alimentato anche dall’ennesimo attentato. Si è invece rivelato un falso allarme quello del rinvenimento di un pacco contenente un gran numero di detonatori nei pressi della maggiore stazione della città.
Con la dichiarazione dello stato di emergenza vengono automaticamente estesi i poteri e le prerogative delle forze dell’ordine e dell’esercito, che potranno quindi perquisire, arrestare e interrogare eventuali sospetti anche senza l’autorizzazione dei giudici.
La situazione politica interna è polarizzata a tal punto che il primo ministro incontra difficoltà persino nel partecipare alle riunioni di vertice dell’intelligence allo scopo di venire informato della situazione nel paese.