AMBIENTE, verde pubblico. Arboricoltura nella Capitale

Un ciclo di incontri è stato organizzato in Campidoglio allo scopo di approfondire le tecniche di cura delle alberature, dalle chiome alle radici Ad avviso di Flavia De Gregorio (capogruppo di Azione all’Assemblea capitolina) «interventi drastici o sbagliati possono mettere a rischio la salute della pianta, motivo in più per agire in maniera attenta e consapevole»

Roma, 8 aprile 2024 – Alberi capitozzati o maltrattati fanno sempre più parte, purtroppo, dell’attuale scenario cittadino. Anche se negli ultimi venti anni le tecniche di arboricoltura si sono evolute e affinate, infatti, c’è chi continua a pensare che potare le piante sia necessario per garantirne il benessere ed evitare che possano ammalarsi. In realtà, ogni potatura rappresenta un trauma per l’albero, perché espone i suoi tessuti ad agenti patogeni molto pericolosi, tra cui funghi e batteri, e può innescare nella pianta reazioni o processi di decadimento a volte inarrestabili.

ARBORICOLTURA IN CAMPIDOGLIO

Proprio questo tema verrà trattato nel corso degli incontri “Per una alfabetizzazione ecologica”, eventi organizzati dal gruppo capitolino di Azione, il primo dei quali (Potare… si può anche non fare?), ha avuto luogo ieri, 8 aprile, nella Sala del Carroccio in Campidoglio. Ai lavori, che sono stati introdotti e moderati da Silvia Ambrosio, membro del Direttivo provinciale e assessore ombra all’ambiente del partito di Calenda, è intervenuta, accanto al capogruppo capitolino di Azione Flavia De Gregorio, l’agronoma e paesaggista Barbara Invernizzi. «La potatura invecchia e stressa le piante – afferma al riguardo la stessa De Gregorio -, per questo motivo va eseguita soltanto in caso di necessità e, comunque, tenendo sempre in considerazione la fisiologia di alberi e arbusti. Su piante senescenti, in condizioni di sofferenza o temporaneamente depauperate delle loro riserve perché costrette ad adattarsi a un brusco cambiamento delle condizioni ambientali, la potatura andrebbe, ad esempio, evitata».

FOTOSINTESI E NUTRIMENTO

Asportare le foglie, infatti, significa eliminare il “mezzo” attraverso il quale la pianta trae il proprio nutrimento servendosi della fotosintesi. Ma anche tagliare rami e branche genera dei danni, perché comporta azzerare le riserve dell’albero, accumulate sotto forma di amido nel legno che viene asportato, e una sofferenza nell’apparato radicale. Proprio per questo motivo è opportuno limitare la potatura a interventi mirati: in condizioni normali, ad esempio, ad un albero adulto e in buone condizioni vegetative non dovrebbe essere asportata più del 30% della superficie fogliare complessiva. No a capitozzature, dunque, ma no anche a potature drastiche o errate, che rendono l’albero pericoloso. Il costo di queste ultime va peraltro ben oltre l’intervento: se l’albero muore, infatti, dovrà essere rimosso; mentre, in caso di sopravvivenza, dovrà essere manutenuto con costi maggiori rispetto a quelli previsti a seguito di una corretta potatura, perché, anche quando l’albero sopravvive, dovrà essere nuovamente potato entro pochissimi anni ed è esposto maggiormente a eventi atmosferici e metereologici, come pioggia, vento e neve.

CENSIMENTO DEL VERDE CITTADINO

«Conoscere le alberature consente di pianificare in modo appropriato gli interventi su di esse – ha concluso la De Gregorio -, per questo una corretta gestione del verde cittadino non può aver luogo senza un censimento dello stesso: solo una volta valutate le condizioni fitopatologiche e di stabilità di un albero, infatti, potranno essere attivati i programmi di salvaguardia e gli interventi più corretti per conservarli e mantenerli sani, ma anche per prevenirne i crolli. In quest’ottica oltre un anno fa, con una mozione passata in Aula Giulio Cesare all’unanimità, avevo chiesto l’istituzione del catasto del verde, uno strumento indispensabile per garantirne la cura. A oggi, tuttavia, resta ancora molto da fare in questa direzione. Il risultato è che continuiamo ad assistere impotenti ad alberi che cadono rovinosamente a terra e, giorno dopo giorno, rischiamo di perdere un patrimonio che, in quanto bene comune, andrebbe invece tutelato, soprattutto per le generazioni future».

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