LIBIA, analisi di scenario. Sul destino del Paese nordafricano a confronto alcuni analisti egiziani

Le incognite aumentano alla luce dell’evoluzione della situazione sul terreno. Un evento, in particolare, ha ingenerato ulteriori incertezze sia nella popolazione che negli osservatori internazionali: il bombardamento missilistico dell’abitazione del primo ministro uscente Abdul Hamid al-Dabaiba, sita nel quartiere tripolino al-Andalus. Il principale interrogativo concerne i prossimi sviluppi nel breve termine, soprattutto alla luce del vertice convocato dalla Lega Araba, al quale hanno preso parte anche il presidente del Consiglio presidenziale libico e quelli della Camera dei Rappresentanti e del Consiglio Supremo di Stato. L’evento ha fornito ai giornalisti del portale online “Al-Fajr” l’opportunità di interpellare le personalità convenute allo scopo di delineare meglio i probabili scenari futuri e le concrete possibilità di una formazione di un governo unificato in LIbia

a cura di Ali Fawzi e Marwa Mohammed, pubblicato il 7 aprile 2024 dal quotidiano “Al-Fajr”, https://www.elfagr.org/4924523 Le elezioni presidenziali e quelle parlamentari in Libia. La Lega Araba ha organizzato un incontro al quale hanno partecipato il presidente del Consiglio presidenziale libico e quelli della Camera dei Rappresentanti e del Consiglio Supremo di Stato, un vertice che ha avuto luogo nel quadro del sostegno fornito alla processo di rafforzamento del ruolo delle Istituzioni libiche nell’organizzazione e nel successivo svolgimento delle elezioni presidenziali e di quelle parlamentari nel più breve tempo possibile in Libia.

ATTACCO AL QUARTIERE DI DABAIBA E CONTROVERSIE POLITICHE

Nei giorni scorsi il quartiere tripolino di Al-Andalus, zona della capitale libica dove è situata l’abitazione del capo del Governo libico di unità nazionale ad interim Abdel Hamid Al-Dabaiba, è stato bombardato mediante il lancio di missili. In seguito, allo specifico riguardo Dabaiba non ha commentato l’accaduto. Ad avviso di Idris Muhammad, analista politico libico e a capo del gruppo di riconciliazione nazionale, la controversia che verte su alcune richieste secondarie emerse dopo la conferenza preparatoria non dovrebbe tuttavia ostacolare la positiva prosecuzione del percorso di riconciliazione nel Paese. Rilasciando in esclusiva alcune dichiarazioni al portale egiziano “Al-Fajr”, Muhammed ha inoltre sottolineato come quanto accaduto debba venire considerata come una manovra politica strumentalizzata dai rappresentanti di ciascuna parte in causa allo scopo di migliorare le proprie posizioni negoziali, «ed essa è prevedibile in qualsiasi fase dell’attuazione del processo di riconciliazione nazionale, obiettivo che ogni cittadino libico auspica. La causa alla base della disputa non è di natura politica ma militare, dunque potrebbe venire deferita al Comitato militare 6+6 ai fini di una sua valutazione e del successivo raggiungimento di una soluzione consensuale».

OSTACOLI ALLA RICONCILIAZIONE NAZIONALE

Muhammad ha quindi proseguito continuando ad affrontare il tema della riconciliazione nazionale, ritenuto uno sforzo da affrontare con un respiro nazionale, coinvolgendo l’intera Libia. «Il che conferma che l’attuale disputa non contrappone il popolo libico inteso in generale – afferma l’analista politico -, ma origina piuttosto nelle rivalità politiche tra il Parlamento da un lato e il Consiglio Supremo di Stato dall’altro, oltreché tra l’establishment militare dell’Oriente e quello dell’Occidente. Soltanto nel momento in cui si giungerà alla fine delle cospirazioni esterne, sia dirette che indirette, ostacolo alla scelta da parte del popolo libico all’esercizio del proprio diritto elettorale, sarà possibile pervenire a un governo unito, un esercito unificato e un presidente libico eletto».

SCARSA CHIAREZZA RIGUARDO ALLE PROSSIME ELEZIONI

Alia Al-Obaidi, specializzata in affari libici, ritiene che unificare le istituzioni è la soluzione al problema. Ella osserva allo stato attuale il quadro della situazione in Libia non è chiaro, conseguentemente non possiamo prevedere se assisteremo o meno a elezioni presidenziali o parlamentari a breve. Questo è il frutto della mancanza di chiarezza sugli obiettivi fissati per il prossimo futuro. parlando in esclusiva con “Al-Fajr”, la Al-Obaidi ha confermato le intenzioni del feldmaresciallo Khalifa Haftar, che sta cercando di unificare le forze militari dell’intera Libia. «Il popolo libico è quello che può determinare il proprio destino attraverso l’adesione, l’unità ed evitando le divisioni», ha quindi concluso.

LA PERDURANTE CRISI IN LIBIA

Per quanto concerne l’attacco alla casa di Al-Dabaiba, il ricercatore e analista politico Muhammad Fathi Al-Sharif ritiene che il bombardamento missilistico costituisca niente altro che il proseguimento della scena assurda che la Libia sta vivendo dal 2011, poiché le milizie armate che sono attive a Tripoli e a Misurata, oltreché in altre zone del Paese, vanno considerate come delle bombe a orologeria che possono esplodere da un momento all’altro». Ai cronisti di “Al-Fajr”, Al-Sharif ipotizza le ragioni alla base dell’attacco al primo ministro Al-Dabaiba: «È possibile che esso sia stato effettuato a seguito delle dichiarazioni rilasciate dal ministro dell’Interno del Governo di unità nazionale, quando questi ha precisato come la questione dello smantellamento delle milizie sarebbe stata presa in considerazione dopo il mese di Ramadan».

LE MILIZIE SONO PIÙ FORTI DELLO STATO

Al-Sharif conferma inoltre che «le milizie in Libia sono più forti dello Stato, e quello che è successo è stata una manifestazione di forza e una opposizione a qualsiasi percorso pacifico». Egli ha poi aggiunto che la crisi libica non avrà fine a meno che non accadano due cose: la prima è la riconciliazione nazionale, la seconda è lo smantellamento delle fazioni armate. Però, tutto ciò potrà verificarsi soltanto se vi sarà una volontà internazionale in tal senso, che conduca all’unificazione dell’establishment militare e all’inclusione delle formazioni armate della Libia occidentale. «I bombardamenti sono un segnale preciso – ha infine concluso Al-Sharif -, indice del fatto che il Paese potrà divenire teatro di disordini nel momento in cui muterà la scena politica o si giungerà a un accordo di riconciliazione».

VERSO UNA SPACCATURA DEFINITIVA DEL PAESE?

Marwa Muhammad, giornalista specializzata in questioni libiche, è intervenuta sottolineando come la divisione esistente tra la parte orientale e quella occidentale del Paese influisca negativamente sulla sua stabilità complessiva, mentre una perpetuazione di tale situazione condurrebbe a una spaccatura definitiva. Ella rinviene dunque il rimedio a questa perversa dinamica in una rapida unificazione delle fazioni libiche e al ripristino della necessaria legittimità delle istituzioni. Quindi, andranno indette le elezioni, preludio a una fase di stabilità permanente. Sottolinea Marwa Muhammad che «il ritorno degli Stati Uniti d’America in Libia rientra nel quadro del tentativo di contrasto dell’influenza su scala regionale di alcuni paesi concorrenti, in particolare la Russia. Per Washington la Libia potrebbe costituire il centro di proiezione nel continente africano e, ovviamente, intende gestire la crisi in modo coerente con i propri interessi».

LA DELEGAZIONE ITALIANA A BENGASI

La Muhammad conclude poi la sua analisi parlando dell’Italia: «Recentemente, a Bengasi è stata ricevuta una delegazione italiana guidata dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, a testimonianza dell’approccio pragmatico di Roma anche nei confronti dell’Est libico, referente di fondamentale importanza sul quale è possibile fare affidamento ai fini della stabilità interna del Paese nordafricano, del controllo dei flussi migratori e persino dell’influenza esercitata da alcuni potenze regionali dell’area mediterranea».

Condividi: