MEDIO ORIENTE, conflitto in Palestina. Jake Sullivan a Tel Aviv incontra Gallant: «La guerra per distruggere Hamas richiederà diversi mesi»

Il ministro della Difesa dello Stato ebraico ha ricevuto il consigliere per la Sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America. Nel corso del loro incontro, i due hanno affrontato anche le questioni inerenti alle varie minacce nel Medio Oriente, inclusa quella dell’aggressione iraniana per il tramite dei suoi gruppi affiliati in Libano, Yemen, Iraq e Siria. Del tema relativo alla guerra e a una possibile soluzione futura, oltreché della concreta influenza statunitense sugli attuali decisori politici e militari dello Stato ebraico si è discusso ampiamente in occasione dell’incontro promosso a Roma dal Transatlantic Friends of Israel-Italia, evento che ha avuto luogo grazie alla collaborazione e al patrocinio delle fondazioni Leonardo Med-Or, Luigi Einaudi e dell’Associazione Italia-Israele di Savona (registrazione audio integrale insidertrend.it A603)

Doccia fredda per chi a Washington si attendeva prospettive diverse, poiché almeno per il momento da Israele la posizione ufficiale è molto chiara ed è stata ribadita personalmente quest’oggi dal ministro della Difesa Yoav Gallant al consigliere per la Sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America, Jake Sullivan: «La guerra nella Striscia di Gaza durerà a lungo», ha infatti dichiarato Gallant. Quanto non è dato sapere, ma certamente più il conflitto si protrarrà nel tempo, meno un Joe Biden in difficoltà anche per il recente impeachement potrà avvantaggiarsi a ridosso delle prossime elezioni presidenziali americane di un cessate il fuoco o, meglio ancora, di un abbozzo di tentativo di soluzione della crisi mediorientale.

DURATA DELLA GUERRA E AMMINISTRAZIONE BIDEN

La visita di Sullivan a Tel Aviv ha avuto luogo a seguito di più di due mesi dall’attacco terroristico (forse, data la sua dinamica, sarebbe meglio definirlo una operazione terroristica ad armi combinate) perpetrato contro Isralele del movimento islamista radicale palestinese Hamas in Israele il 7 ottobre scorso, massacro e sequestro di ostaggi che ha conseguentemente provocato l’avvio delle operazioni militari delle forze armate e dei servizi di sicurezza dello Stato ebraico all’interno della Striscia di Gaza. Washington aveva infatti sollecitato l’alleato israeliano a cessare i combattimenti nel Territorio palestinese entro la fine di quest’anno. Tuttavia era chiaro già da molto prima del 7 ottobre che la decapitazione dei vertici e dei quadri militari di Hamas avrebbe richiesto tempi adeguati oltre all’impiego di considerevoli risorse umane e materiali.

L’ANNIENTAMENTO DELLA STRUTTURA DI HAMAS

«Hamas è un’organizzazione terroristica che si è costruita nell’arco di un decennio per combattere Israele e ha realizzato infrastrutture sotto terra e sopra la terra, quindi non è facile distruggerle. Farlo richiederà un periodo di tempo, durerà più di diversi mesi, ma vinceremo e li distruggeremo», ha al riguardo sottolineato Gallant al suo interlocutore americano. Nell’incontro di oggi Sullivan e Gallant hanno discusso degli sviluppi della situazione a Gaza e al confine settentrionale con il Libano, nonché della necessità di consentire ai cittadini israeliani di tornare alle loro case nel nord del Paese, una zona a ridosso della frontiera con il Libano evacuata per ragioni di sicurezza dopo i primi attacchi di Hezbollah. Riferendosi agli attacchi degli Houthi (sciiti filo-iraniani dello Yemen), Gallant ha affermato che Israele sosterrà gli sforzi internazionali tesi al contrasto delle minacce al traffico navale e si difenderà da qualsiasi minaccia.

UNA TAGLIA SUL CAPO DI SINWAR E DEIF

Riguardo agli ostaggi, egli ha espresso il suo profondo apprezzamento all’amministrazione statunitense per il continuo sostegno fornito allo Stato ebraico. A Tel Aviv, Sullivan ha incontrato il primo ministro Benjamin Netanyahu, il consigliere per la Sicurezza nazionale Tzachi Hanegbi e l’inviato del presidente degli Stati Uniti per il Medio Oriente, Brett McGurk. Intanto, sul campo di battaglia si registra la resa di decine di miliziani di Hamas nel nord della Striscia di Gaza, consegnatisi con le loro armi alle Forze di difesa israeliane presso l’ospedale Kamal Adwan. Israele ha messo una taglia di 400.000 dollari sul capo del leader di Hamas Yahya Sinwar, aspetto reso noto alla popolazione della Striscia mediante un massiccio lancio di volantini: chi dovesse fornire informazioni sul fratello del leader (Muhammad Sinwar) riceverà 300.000 dollari, mentre quelle su Muhammad Deif (il comandante delle Brigate Ezzedin al-Qassam) ne riceverà 100.000.

LA MEDIAZIONE EGIZIANA

Lo Stato ebraico avrebbe chiesto all’Egitto di mediare un nuovo accordo con Hamas per il rilascio degli oltre 130 ostaggi israeliani tuttora segregati nella Striscia di Gaza in cambio della cessazione delle ostilità. Lo riferisce il quotidiano di qatariota “Al Araby al Jadeed”. I colloqui per un eventuale nuovo cessate il fuoco punterebbero a trovare un accordo simile a quello entrato in vigore dal 24 novembre al primo dicembre, che ha reso possibile il rilascio di un centinaio di ostaggi in cambio di circa 300 detenuti palestinesi nelle carceri israeliane. Ma, almeno per il momento, il responsabile del dipartimento politico di Hamas a Gaza, Bassem Naim, ha però reso noto che «non vi sono nuovi negoziati tra i mediatori e il movimento Hamas per un cessate il fuoco simile a quello avvenuto a Gaza lo scorso mese, non vi sarà nessun accordo sul rilascio degli ostaggi senza prima ottenere un cessate il fuoco».

IL BILANCIO DEL CONFLITTO

Secondo le autorità israeliane attualmente a Gaza verrebbero tenuti prigionieri ancora 135 persone, ma venti di essi sarebbero  morti. nelle scorse settimane erano stati rilasciati 105 civili sequestrati dai miliziani islamisti palestinesi nel corso del raid terroristico del 7 ottobre. Riguardo al bilancio del conflitto, va rilevato che esso è salito a 18.787 morti e 50.897 feriti, almeno a quanto riferito oggi durante una conferenza stampa da Ashraf al-Qudra, portavoce del Ministero della Sanità di Gaza (Hamas): 179 persone sarebbero state uccise mentre 303 ferite negli ultimi diciotto attacchi delle forze armate israeliane.

UN’APPROFONDITA ANALISI DI SCENARIO

Come si delinea lo scontro tra le potenze regionali e quelle mondiali nel teatro del Medio Oriente e del Nord Africa? Quali riflessi avranno le possibili affermazioni elettorali dei partiti sovranisti e di estrema destra in Occidente, Stati Uniti d’America incluso? Come eserciteranno le loro pressioni sugli attori regionali le autocrazie e i regimi autoritari? Quale sarà il futuro dell’Arabia Saudita? Israele ha «le mani legate» dall’amministrazione statunitense presieduta da Joe Biden, che non vuole l’apertura di un conflitto con la Repubblica Islamica dell’Iran? È definitivamente cassata l’ipotesi di una soluzione «due popoli due stati» del conflitto israelo-palestinese? Dopo l’annientamento di Hamas nella Striscia di Gaza verrà costituito sulle baionette israelo-americane una sorta di bantustan guidato da Mohammad Dahlan, già a capo della Forza di Sicurezza preventiva ai tempi di Arafat?

IL CONVEGNO DI ROMA

A tutti questi quesiti e del tema relativo alla guerra e a una possibile soluzione futura, oltreché della concreta influenza statunitense sugli attuali decisori politici e militari dello Stato ebraico si è discusso ampiamente in occasione dell’incontro promosso a Roma dal Transatlantic Friends of Israel-Italia, evento che ha avuto luogo lo scorso 12 dicembre presso l’Hotel Nazionale grazie alla collaborazione e al patrocinio delle fondazioni Leonardo Med-Or, Luigi Einaudi e dell’Associazione Italia-Israele di Savona. Terrorismi, legal perspectives del conflitto fra Israele e Hamas, l’antisemitismo moderno e la strada verso la democrazia per tutto il Medio Oriente, questo il titolo dato al dibattito introdotto dalla dottoressa Benedetta Buttiglione che è possibile ascoltare di seguito nella sua interezza (registrazione audio integrale insidertrend.it A603).

A603 – MEDIO ORIENTE, SCENARI: LA REGIONE DI FRONTE AL RISCHIO DELLA FINE DELL’OCCIDENTE. Come si delinea lo scontro tra le potenze regionali e quelle mondiali nel teatro del Medio Oriente e del Nord Africa? Quali riflessi avranno le possibili affermazioni elettorali dei partiti sovranisti e di estrema destra in Occidente, Stati Uniti d’America incluso? Come eserciteranno le loro pressioni sugli attori regionali le autocrazie e i regimi autoritari?
E inoltre, quale sarà il futuro dell’Arabia Saudita? Israele ha «le mani legate» dall’amministrazione statunitense presieduta da Joe Biden, che non vuole l’apertura di un conflitto con la Repubblica Islamica dell’Iran? È definitivamente cassata l’ipotesi di una soluzione «due popoli due stati» del conflitto israelo-palestinese? Dopo l’annientamento di Hamas nella Striscia di Gaza verrà costituito sulle baionette israelo-americane una sorta di bantustan guidato da Mohammad Dahlan, già a capo della Forza di Sicurezza preventiva ai tempi di Arafat?
A tutti questi quesiti e del tema relativo alla guerra e a una possibile soluzione futura, oltreché della concreta influenza statunitense sugli attuali decisori politici e militari dello Stato ebraico si è discusso ampiamente in occasione dell’incontro promosso a Roma dal Transatlantic Friends of Israel-Italia, evento che ha avuto luogo il 12 dicembre 2023 presso l’Hotel Nazionale grazie alla collaborazione e al patrocinio delle fondazioni Leonardo Med-Or, Luigi Einaudi e dell’Associazione Italia-Israele di Savona. Terrorismi, legal perspectives del conflitto fra Israele e Hamas, l’antisemitismo moderno e la strada verso la democrazia per tutto il Medio Oriente, questo il titolo dato al dibattito introdotto dalla dottoressa Benedetta Buttiglione che è possibile ascoltare di seguito nella sua interezza, al quale sono intervenuti: FABIO MARIO ANGELICCHIO (giornalista de LA7), LIOR KEINAN (viceambasciatore dello Stato di Israele in Italia), GIORGIO CUZZELLI (generale a riposo, docente presso le università di Napoli L’Orientale e LUMSA), ALEXANDRE DEL VALLE (docente universitario ed esperto di geopolitica e di religioni), MARCO SCURIA (senatore della Repubblica), STEFANO PARISI (presidente dell’Associazione 7 Ottobre), VINCENZO CAMPORINI, (generale dell’Aeronautica militare italiana a riposo, già presidente dell’Istituto Affari internazionali), BEPI PEZZULLI (Italia Atlantica), ANNA MARIA COSSIGA (vicedirettore U.O. Analisi presso Med-Or), ROBERTO PENNISI (magistrato a riposo, già Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo), GERMANO DOTTORI (analista), GABRIELE CHECCHIA (direttore Relazioni internazionali di Fare Futuro), ANGELO VACCAREZZA (Associazione Italia-Israele Savona), CRISTINA FRANCO (avvocato, Associazione Italia-Israele Savona).
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