CINA POPOLARE, strategie. Il disegno di Pechino in Medio Oriente è stato espresso all’ultimo vertice Brics

Dalle parole del presidente della Repubblica popolare cinese e segretario generale del Partito comunista cinese, Xi Jinping, emergono le linee guida della nuova politica di penetrazione nella regione

In una recente trasmissione diffusa dall’emittente televisiva di Stato sinopopolare Cctv si riportava l’intervento del presidente Xi Jinping (egli è segretario generale del Partito comunista cinese e presidente della Commissione militare centrale del Partito e presidente della Repubblica popolare cinese) al vertice straordinario sulla crisi israelo-palestinese convocato dai Paesi BRICS (Brasile, federazione Russa, India, Cina Popolare e Sudafrica), al quale il leader comunista ha partecipato da remoto, in videoconferenza.

PECHINO E LA CRISI ISRAELEO- PALESTINESE

Si è trattato del primo intervento pubblico dell’elemento apicale della Repubblica popolare dal giorno dell’attacco di Hamas del 7 ottobre. Xi ha chiesto un cessate il fuoco e l’apertura di corridoi umanitari sicuri, inoltre «la cessazione delle punizioni collettive e il rilascio dei civili tenuti prigionieri», così egli si è espresso evitando quindi di utilizzare il termine «ostaggi». Egli ha sostanzialmente ribadito la posizione di Pechino in merito alla situazione mediorientale, auspicando una soluzione della questione palestinese mediante il ricorso alla formula dei due Popoli due Stati, ritornando ai confini del 1967 e Gerusalemme Est quale capitale.

DUE POPOLI, DUE STATI

In fondo, si tratta di ciò che Xi aveva espresso nel giugno scorso al presidente dell’Autorità palestinese (Anp) Mahmoud Abbas (Abu Mazen), quando lo aveva incontrato in occasione della visita ufficiale di quest’ultimo a Pechino. La Cina Popolare esprime preoccupazioni per gli sviluppo della crisi nella striscia di Gaza, dove il conflitto, con tutte le sue conseguenze, perdura da più di un mese e rischia di espandersi pericolosamente nella regione. Secondo Pechino tutte le parti in conflitto dovrebbero cessare le ostilità, ponendo altresì fine a tutte le violenze e agli attacchi alla popolazione civile, rilasciare i civili tenuti prigionieri (gli ostaggi catturati da Hamas e Jihad islamica palestinese) e agire al fine di evitare la perdita di ulteriori vite umane e sofferenze.

LE RISOLUZIONI ONU

I corridoi umanitari – sempre secondo Pechino – dovrebbero venire tenuti aperti e in sicurezza, mentre alla popolazione della striscia di Gaza dovrebbe essere garantita maggiore assistenza umanitaria e «cessare i trasferimenti forzati», le sospensioni della fornitura di acqua e carburanti e dell’erogazione di elettricità, così come «le punizioni collettive contro la popolazione di Gaza». Ad avviso della Cina Popolare, la comunità internazionale dovrebbe agire attraverso misure concrete allo scopo di evitare un allargamento del conflitto, ponendo così a rischio la stabilità dell’intero Medio Oriente. Pechino sostiene la Risoluzione adottata il 27 ottobre dalla sessione di emergenza dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, mentre il Consiglio di Sicurezza, presieduto dalla Repubblica popolare cinese, ha adottato la Risoluzione 2712.

XI JINPING AL VERTICE BRICS DI JOHANNESBURG

«Tutte le parti dovrebbero così agire per mettere in pratica queste Risoluzioni attraverso misure concrete sul campo». Sempre secondo Xi, la causa principale dell’attuale situazione tra Palestina e Israele andrebbe rinvenuta nel fatto che «è stato a lungo ignorato il diritto del popolo palestinese a uno Stato, così come il diritto all’esistenza e il diritto al ritorno. L’unica via per uscire dalla spirale dei conflitti tra Palestina e Israele è dunque quella della messa in pratica della soluzione dei due Stati, restituendo i legittimi diritti alla nazione palestinese e creare uno Stato palestinese indipendente». Al vertice dei Brics la Cina Popolare ha conseguentemente chiesto che «venga convocata la più autorevole Conferenza internazionale di pace, così da costruire un consenso internazionale e promuovere una soluzione globale, giusta e duratura della questione palestinese».

LA DELEGAZIONE DEI PAESI ISLAMICI A PECHINO

Al vertice di Johannesburg, oltre ai Brics, erano presenti anche i rappresentanti dei sei nuovi Paesi membri, cioè Arabia Saudita, Argentina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia e Iran. Quasi contestualmente, nella capitale della Repubblica popolare cinese si erano altresì recati i ministri degli esteri di Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Indonesia e dell’Amministrazione palestinese (Anp), oltre al segretario generale dell’Organizzazione per la cooperazione islamica, prima tappa di questa composita delegazione di Paesi islamici negli Stati che sono parte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, con l’obiettivo di ottenere un cessate il fuoco nella striscia di Gaza. Seppure persegua crescenti notevoli interessi nella regione mediorientale, si dubita che la Cina Popolare possa incidere in maniera significativa sulle dinamiche in atto in virtù della sua azione diplomatica, in particolare per quanto concerne questa crisi.

 IL DISEGNO STRATEGICO CINESE

Sta di fatto, però, che il conflitto in Medio Oriente ha distratto attenzioni ed energie americane dal Pacifico. Non solo, la situazione fa gioco alla propaganda cinese relativa alla divisine del mondo tra Occidente e Sud globale. Pechino fa dunque leva sullo spirito di autonomia della regione, questo nel quadro di mutamenti degli equilibri nel potere registrati negli ultimi tempi, una fase tuttora in corso. La diversificazione nelle relazioni bilaterali dei paesi del Medio Oriente e dell’Africa è in grado di avvantaggiare in termini di influenza la Repubblica popolare cinese, che, tuttavia, si vedrà costretta a raffreddare le relazioni economiche e commerciali con Israele. Ecco la ragione per cui Pechino non ha finora condannato espressamente l’azione terroristica perpetrata da Hamas il 7 ottobre, non considerando come «terroristica» l’organizzazione islamista radicale palestinese.

Condividi: