MEDIO ORIENTE, Israele e Palestinesi. L’autocritica del Mossad: è davvero possibile trattare con Hamas?

Yossi Coen, direttore del servizio segreto israeliano durante il governo Netanyahu ci ripensa e afferma pubblicamente che Hamas, Hezbollah e la teocrazia iraniana permangono radicali anche quando agiscono pragmaticamente. Ma allora come approcciarsi a tali referenti per un negoziato che conduca finalmente alla stabilizzazione dei Territori palestinesi (Gaza in primis) e a una pace duratura? Di questo e altre questioni relative alla sicurezza e alla situazione nell’area ne abbiamo parlato con il professor Ely Karmon, analista dell’Interdisciplinary Center di Herzliya

È di ieri l’articolo pubblicato dal professor Dan Schueftan sulla testata online “Israel Hayom” (www.israelhayom.com/2021/06/15/whwn-the-mossad-chief-got-it-wrong/), nel quale l’analista di strategia, riprendendo le dichiarazioni rese dell’ex capo del Mossad Yossi Coen, svolgeva alcune proprie considerazione giungendo alla conclusione che gli attuali nemici dello Stato ebraico (Hamas, Hezbollah e l’Iran) stanno mostrando di comportarsi con pragmatismo al fine di ottenere dei benefici nelle trattative internazionali permanendo tuttavia intrinsecamente radicali e antagonisti.

Cohen, dopo aver lasciato l’agenzia di intelligence, ha ammesso di aver erroneamente valutato Hamas, venendo indotto a ritenere che la formazione islamista al potere nella Striscia di Gaza, che è una derivazione dei Fratelli musulmani, stesse cercando una sorta di accordo con Israele. «Volevo credere», ha affermato Coen, «e ho creduto con tutto il cuore».

I PALESTINESI NON HANNO DAVVERO NULLA DA PERDERE?

Il danno di tale prospettiva – proseguiva Schueftan, che è a capo di un think tank di Haifa ed è noto per il suo scetticismo riguardo a queste ipotesi – diviene ancora maggiore quando si fonde con l’errore analitico e percettivo tipico di alcuni intellettuali, che credono che un comportamento ispirato al pragmatismo sia indice di un allontanamento dal radicalismo delle leadership oltranziste palestinesi e libanesi.

«Qualora gli abitanti della Striscia di Gaza avessero visto migliorare il loro benessere – aveva aggiunto Coen nella sua autocritica -, la loro motivazione per le crisi e le guerre sarebbe diminuita: probabilmente mi sbagliavo».

Si tratta di considerazioni che, se lette nel senso di Coen e Schueftan, non possono che generare sconforto in coloro i quali auspicano la ripresa di un dialogo, per quanto difficile, con dei referenti affidabili che conduca a una stabilizzazione dei Territori palestinesi e finalmente a un’accettabile forma di convivenza tra arabi ed ebrei. Insomma, creare le premesse affinché i palestinesi vivano meglio (quindi più lavoro, servizi, crescita e stabilità, cioè benessere) e non pensino o vengano costretti ogni volta al conflitto con Israele.

I RADICALI RESTANO RADICALI…

Chi ha qualcosa da perdere non va a mettere le bombe, questo è un assunto vero per tutti, non soltanto per i palestinesi. Dunque – sottolineava Schueftan nel suo articolo -, «se i radicali mostrano pragmatismo, devono però abbandonare la loro strategia del terrorismo e i tentativi di cancellare lo Stato ebraico dalla mappa geografica. Se solo fossero dati loro tutti i beni dei quali hanno bisogno non cercherebbero più di distruggere il paese che gli ha concesso queste possibilità, perché avrebbero qualcosa da perdere».

Ma, concludeva Schueftan, tale assunto si basa su una comprensione errata del radicalismo e sulla mancanza di conoscenza della storia, poiché «Hezbollah, Hamas e il regime iraniano sono radicali, lo sono anche quando agiscono pragmaticamente e Israele deve dissuaderli invece di “credere con tutto il cuore” (come ha fatto Yossi Coen, n.d.r.) che la loro natura aggressiva e violenta può essere cambiata se il loro tenore di vita migliora. Essi stanno cercando di convincere Gerusalemme e Washington a concedere loro risorse, come la riabilitazione della Striscia e la revoca delle sanzioni all’Iran, che gli consentirebbero di continuare la guerra».

UNA DIVERSA PROSPETTIVA

Di diverso avviso il professor Ely Karmon, docente e analista presso l’Interdisciplinary Center di Herzliya, presso Tel Aviv, intervistato da insidertrend.it. Egli infatti ritiene che i popoli possano cambiare e che israeliani e palestinesi possano continuare a vivere su quella Terra, ma è necessario trovare una forma di accordo. Una normalizzazione dei rapporti non soltanto tra le leadesrhip politiche e gli establishment, ma anche tra i popoli.

A342 – MEDIO ORIENTE, ISRAELE E PALESTINESI:            ISRAELE E PALESTINESI, L’AUTOCRITICA DEL MOSSAD. È davvero possibile trattare con Hamas oppure sarà necessario rinvenire altri referenti? È sincero il pragmatismo dell’organizzazione islamista palestinese al potere a Gaza quando tratta, oppure si tratta esclusivamente di una tattica?
Yossi Coen, direttore del servizio segreto israeliano durante il governo Netanyahu, recentemente ha riconsiderato in chiave autocritica i suoi precedenti convincimenti. Egli ha rivisto le proprie posizioni e ha affermato pubblicamente che Hamas, Hezbollah e la teocrazia iraniana «permangono radicali anche quando agiscono pragmaticamente». Ma, allora, come approcciarsi a tali referenti ai fini di un negoziato che conduca finalmente alla stabilizzazione dei Territori palestinesi (Gaza in primis) e a una pace duratura?
Di questo e altre questioni relative alla sicurezza e alla situazione nell’area ne abbiamo parlato con il professor ELY KARMON, analista dell’Interdisciplinary Center di Herzliya, Israele.
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