«La proposta relativa alla sospensione delle garanzie sui brevetti a mio avviso è una miscela di dirigismo sovietico e demagogia», questo il parere dell’economista Mario Baldassarri espresso nel corso del consueto approfondimento del lunedì a Radio Radicale con il giornalista Claudio Landi.
«Il problema vero – ha sottolineato Baldassarri – è che il mondo ha bisogno di almeno tredici miliardi di dosi di vaccino all’anno per i prossimi cinque anni: tre miliardi di persone circa (Occidente, Giappone, Cina, Russia, eccetera) possono sia produrre che acquistare i vaccini, mentre invece altri quattro miliardi, gli abitanti del terzo e quarto mondo, non sono in grado né di produrli e né tantomeno di comprarseli; è questo il tema reale sul tavolo del governo del mondo, e che io spero sia sul tavolo del prossimo G20 sotto la presidenza italiana».
Le possibili conseguenze di una sospensione dei brevetti
«Sospendendo i brevetti – ha egli proseguito -, intanto verrebbe inferto un colpo alla ricerca, a meno che nei prossimi decenni non si ritenga che la ricerca debba essere fatta dallo Stato e non dalle grandi imprese private. Poi, ammesso che si sospendano i brevetti, non è che il giorno dopo quei quattro miliardi di persone dei paesi sottosviluppati possano mettersi a produrre e a distribuire i vaccini alle loro popolazioni, perché per poter fare questo occorrerebbero aziende farmaceutiche strutturate e grandi investimenti. Anche in Europa ci sarebbe bisogno di almeno sei mesi per raggiungere le capacità produttive degli stessi vaccini attualmente disponibili».
Secondo l’economista si tratterebbe dunque di una proposta inaccettabile perché «non affronta il tema», che a suo avviso è quello di un «welfare mondiale» conseguente alle decisioni «assunte da un governo mondiale serio» che affronti il problema non semplicemente per i prossimi sei mesi, ma per i prossimi sei o sette anni, in maniera strutturale e permanente.
Come produrre miliardi di dosi di vaccino per il terzo mondo?
Come produrre, dunque, i tredici miliardi di dosi di vaccino all’anno nei prossimi sette anni al fine di soddisfare i bisogni del terzo e quarto mondo?
Baldassarri si dice convinto che si debba partire da chi già è in possesso della tecnologia necessaria per poterlo fare e sul presupposto che quella tecnologia venga messa a disposizione di altre imprese farmaceutiche che sono in grado di produrli in un arco di tempo adeguato.
«Dunque, si tratterebbe di una “concessione del brevetto”. Ma, a questo punto, il secondo problema che si porrebbe sarebbe come fare arrivare quei miliardi di dosi di vaccino ai quattro miliardi di persone dei paesi sottosviluppati destinatari».
Si dovrebbe ricorrere a una distribuzione mondiale che vedrebbe i paesi ricchi farsi carico di questo welfare mondiale, poiché, «se non si farà questo il rischio sarà che, una volta debellato il Covid nei paesi avanzati del mondo, che il virus si ripresenti magari nelle sue pericolose varianti». L’impatto della crisi indiana ne è una pratica dimostrazione.
Necessario un «governo globale»
Non soltanto il brevetto conta, poiché se non si dispone delle molecole e degli agenti chimici necessari alla produzione non si va da nessuna parte, ma le esportazioni di questi fondamentali elementi potrebbero venire bloccate dai paesi che li producono.
«Altro enorme problema, che pare tecnico ma non lo è, perché è un altro esempio della globalizzazione, infatti, le filiere originano in diversi siti in vari paesi del mondo», e chi possiede questi elementi se li tiene stretti.
Inoltre, aspetti non certo secondari, per produrre grandi quantità di vaccini occorrono corrispettive grandi quantità di materie prime e poi questi vaccini vanno distribuiti agli utenti finali.
«Prendiamo ad esempio il vaccino Pfizer – argomenta Baldassarri -, ebbene, per conservarlo e distribuirlo è necessaria una catena del freddo a −80°, ma come potrebbero organizzarsi i Paesi africani o in India? Dunque, sia la produzione che la distribuzione sono un “fatto globale” e richiedono quindi un governo del Mondo finalmente responsabile e rappresentativo, ma non per una questione di filantropia, bensì per un “intelligente egoismo”».
La soluzione europea di Oporto
La posizione europea emersa dall’ultimo vertice svoltosi a Oporto è orientata verso una liberalizzazione delle materie prime, un successivo esame della questione relativa ai brevetti e, infine, la distribuzione dei vaccini via Covax, l’iniziativa assunta a livello internazionale che vede al centro l’Onu e l’Oms.
«Si tratta di qualcosa di serio. Direi che in questo caso la posizione europea emersa a Oporto rappresenta la base di partenza per elaborare una strategia concreta di lotta al Covid in termini globali. Ma il mio auspicio – ha concluso Baldassarri – è che quello che è emerso a Oporto divenga l’agenda prioritaria del prossimo G20 del quale l’Italia sarà presidente di turno».