ECONOMIA, analisi. Presentato alla «War Room» di Enrico Cisnetto il «Rapporto» del Centro studi economia reale

L’attuale situazione di grave crisi impone per il futuro del Paese oculate scelte strategiche. Quella che il Paese si appresta ad affrontare sarà una fase determinante, soprattutto alla luce dell’annunciato ennesimo scostamento di bilancio deciso dal Governo. In queste condizioni e a questi ritmi di crescita, il Paese sarà in grado di recuperare il livello Pil registrato nel 2019, cioè prima della pandemia, neppure entro il 2028, una prospettiva sconfortante che tuttavia può spronare scelte coraggiose in materia di politica economica, da assumere, però, informati dalla massima responsabilità

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L’economia italiana è giunte a un momento decisivo, poiché, come ogni mese di aprile, l’esecutivo deve presentare in parlamento il Documento di economia e finanza (Def), nel quale vengono rappresentate le previsioni relative all’andamento macroeconomico e la situazione della finanza pubblica, fornendo precise indicazioni riguardo alle linee di politica economica che intenderà perseguire.

Def e Pnrr

Nell’attuale situazione di grave crisi, per il futuro del Paese si tratterà dunque di un passaggio determinante, soprattutto alla luce dell’annunciato ennesimo scostamento di bilancio.

Entro la fine di questo mese il Governo Draghi dovrà presentare al Parlamento della Repubblica e alla Commissione europea il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), cioè i progetti e le riforme che verranno finanziati grazie al Recovery Fund.

Lo scenario economico presente e futuro e le possibili strategie di politica economica sono state analizzate l’8 aprile scorso nel corso di un incontro della serie “War Room”, evento promosso e condotto dal giornalista Enrico Cisnetto.

In quell’occasione vi hanno preso parte Mario Baldassarri, Lorenzo Bini-Smaghi e Stefano Micossi, esperti della materia che hanno discusso della situazione in atto e delle prospettive sulla base dei dati contenuti nel volume che, periodicamente, pubblica il centro studi presieduto dall’ex viceministro dell’Economia Baldassarri.

Quest’anno, punto di partenza della discussione è stato il tema relativo ai fondi europei e alle riforme strutturali «per fare ripartire l’Italia».

Sconfortanti andamenti tendenziali dell’economia italiana

A fronte di una quadro internazionale caratterizzato dalla ripresa della crescita, il Rapporto del Centro studi economia reale (Cser), sulla base di una prima proiezione degli andamenti tendenziali dell’economia italiana a legislazione vigente evidenzia però una situazione preoccupante, poiché nell’anno in corso l’economia italiana «rimbalzerebbe» soltanto al 3,5% al massimo, per attestarsi nel 2022 al 2% circa e, quindi, l’anno successivo languire a tassi asfittici addirittura al di sotto dell’1 per cento.

Ma, in queste condizioni e a questi ritmi di crescita, il Paese sarà in grado di recuperare il livello di prodotto interno lordo (Pil) registrato nel 2019, cioè nel periodo pre-Covid, neppure entro il 2028.

Una prospettiva oltremodo sconfortante, che tuttavia può fungere da sprone per scelte coraggiose in materia di politica economica da assumere informati dalla massima dose di responsabilità.

Si renderà dunque necessario un impiego efficiente e rapido dei fondi europei, tuttavia, è stato sottolineato nel dibattito di War Room, oggi il dibattito pubblico italiano è concentrato sui «ristori», cioè su quei provvedimenti «tampone» attualmente indispensabili, ma meno su aspetti strutturali, con il rischio di finire per operare esclusivamente in un’ottica emergenziale.

L’incognita posta dai vaccini, dal varo di riforme e dal debito pubblico

Permane il problema della vaccinazione e della conseguente immunità di gregge. Nella incertezza di una rapida somministrazione di massa del vaccino in Italia, il rischio di un conseguente pesante impatto negativo sull’economia è più che fondato.

Inoltre, lo scenario di crescita basato sul Next Generation EU non è però presupponibile in assenza di riforme, in più, in presenza di un debito pubblico della portata di quello italiano, giocoforza, si porranno in essere politiche di austerità, dunque incrementare il prelievo fiscale e ridurre la spesa, cioè le politiche del Governo Monti.

«In assenza di riforme – ha rilevato Lorenzo Bini Smaghi -, che sono per altro funzionali a una ottimizzazione della spesa, anche perché altrimenti non si genererebbe quell’effetto moltiplicatore sugli investimenti privati. Come insegna Keynes, avrebbero un effetto temporaneo durante il ciclo negativo per far ripartire l’economia. Tutto si tiene: senza l’economia privata l’insieme del sistema non riparte, ma gli investimenti privati non ripartono se le riforme non ci sono».

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