CRIMINALITÀ, stupefacenti. Narcotraffico internazionale, Roma: sequestrato il patrimonio a un «imprenditore della droga»

I beni e il denaro erano riconducibili a una persona ritenuta appartenente a un’importante rete internazionale di trafficanti di sostanze stupefacenti, figura emersa a seguito dell’operazione “Crazy Hill”, indagine condotta nel 2015 dal II Gruppo delle Fiamme gialle e coordinata dalla Dda che consentì di sgominare un potente sodalizio criminale con base a Roma e contatti operativi in Germania, Olanda, Spagna e Inghilterra

I militari in forza al Comando provinciale di Roma della Guardia di Finanza hanno eseguito un provvedimento di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale emesso dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale della capitale su proposta della Direzione distrettuale antimafia, finalizzato al sequestro di attività commerciali, immobili e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di circa due milioni di euro.

I beni e il denaro erano riconducibili ad Alessandro Virzi, ritenuto appartenente a una importante rete internazionale di trafficanti di sostanze stupefacenti. Un figura emersa a seguito delle indagini condotte nell’ambito dell’operazione “Crazy Hill”, portata a compimento dal II Gruppo delle Fiamme gialle e coordinata dalla Dda, che nel 2015 aveva consentito di sgominare un potente sodalizio criminale con base a Roma e con contatti operativi in Germania, Olanda, Spagna e Inghilterra, in grado di organizzare spedizioni a mezzo container o via aerea di ingenti quantitativi di cocaina provenienti dal Sud America, in particolare da Colombia, Argentina e Brasile.

Per fornire un’idea della caratura dell’associazione, la Dda ha evidenzia come, nel corso delle indagini condotte nel biennio 2014-15, vennero effettuati sequestri di cocaina per un ammontare complessivo di oltre mille chilogrammi.

Di questi, 32 chili erano stati sequestrati presso l’aeroporto di Malpensa, 42 all’aeroporto di Fiumicino, 16 Kg nel porto di Anversa (Belgio), 170 presso il porto di Rotterdam (Olanda), 317 nei porti di Emden e Amburgo (Germania) e 450 nel porto di Gioia Tauro; al tempo venne inoltre accertato il tentativo di introdurre in Italia ulteriori 135 chilogrammi dello stesso stupefacente dal porto di Livorno.

Le indagini avevano poi provato che l’organizzazione criminale disponeva di ingenti risorse finanziarie, funzionali al perfezionamento delle importazioni (pagamento delle spedizioni via container, dei carichi di copertura, dei viaggi aerei e dei soggiorni all’estero degli intermediari), nonché al ripianamento delle perdite subite per le operazioni non concluse.

Durante l’intera fase investigativa era emerso che il Virzi era colui che, per conto dell’organizzazione, curava la logistica dell’introduzione della sostanza stupefacente nel territorio nazionale, occupandosi di organizzare le fasi del trasporto e di monitorare i carichi durante il loro viaggio verso l’Italia.

Egli era anche l’uomo preposto ad acquisire illegittimamente informazioni esistenti nei terminali delle Forze dell’Ordine al fine di metterle a disposizione dell’associazione, attività resa possibile dalla compiacenza di alcune «talpe».

Partendo da tali evidenze e, considerate le notevoli somme di denaro a disposizione dell’organizzazione, tenuto inoltre conto che il Virzi nell’arco degli ultimi venti anni aveva dichiarato al fisco redditi modesti quando non addirittura inesistenti, la Dda ha delegato alla Guardia di Finanza l’esecuzione di indagini patrimoniali finalizzate a individuare il reale patrimonio dell’indagato.

Le investigazioni, estese anche al nucleo familiare dello stesso e ai suoi “prestanome”, hanno consentito l’accertamento della sussistenza di una significativa sproporzione tra i redditi dichiarati e il profilo economico delle persone investigate.

Nel dettaglio, attraverso una serie di minuziosi e approfonditi accertamenti bancari, è stato appurato che egli nel citato periodo aveva acquistato una società di promozione pubblicitaria e due società immobiliari, tutte e tre con sede a Roma, una rivendita di tabacchi sempre ubicata nella capitale, sette fabbricati (tre a Roma, uno a Frascati e tre a Pomezia), nonché un importante bar ubicato a Frascati.

Nel corso dell’analisi patrimoniale è emerso che l’uomo si era servito anche del canale costituito dalle scommesse sportive. In particolare veniva accertato che tra il 2011 e il 2013 egli aveva avuto diversi conti gioco accesi, sia con società italiane che con società di diritto estero, mediante i quali ha effettuato giocate per oltre 63.000 euro, riportando vincite per 60.000 euro.

Tale pratica è da tempo sotto i riflettori degli investigatori, poiché considerata una delle modalità più sicure per impiegare «denaro sporco», successivamente pronto a essere investito in attività lecite.

Alle scommesse, infatti, è possibile ricorrere quale strumento di riciclaggio nella misura in cui il soggetto si orienti verso forme di puntate sicure (cosiddette surebet), ovvero suddividendo e bilanciando le somme da giocare.

L’indagato ha poi investito anche nella sua seconda passione, quella del calcio. Nel corso degli anni ha ricoperto la carica di presidente di due società calcistiche dell’hinterland della capitale, approfittando delle entrature possedute negli ambienti sportivi attraverso il ricorso all’escamotage delle polizze fideiussorie, che gli hanno consentito di celare il reimpiego di risorse di provenienza illecita.

Il Tribunale di Roma ha disposto il sequestro finalizzato alla confisca dei beni acquisiti in un arco temporale nel quale il proposto e gli altri soggetti sottoposti ad accertamento non disponevano di mezzi finanziari sufficienti al loro pagamento.

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