«Per poter raccontare la verità della vita che si fa storia è necessario uscire dalla comoda presunzione del già saputo e mettersi in movimento, andare a vedere, stare con le persone, ascoltarle, raccogliere le suggestioni della realtà, che sempre ci sorprenderà in qualche suo aspetto».
Lo ha scritto il pontefice nel suo messaggio pubblicato in occasione della LV Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che quest’anno si celebrerà il prossimo 16 maggio.
«Voci attente – osserva papa Francesco – lamentano da tempo il rischio di un appiattimento in giornali fotocopia o in notiziari televisivi e radiofonici e siti web sostanzialmente uguali, dove il genere dell’inchiesta e del reportage perdono spazio e qualità a vantaggio di una informazione preconfezionata, di palazzo, autoreferenziale, che sempre meno riesce a intercettare la verità delle cose e la vita concreta delle persone, e non sa più cogliere né i fenomeni sociali più gravi né le energie positive che si sprigionano dalla base della società. La crisi dell’editoria rischia di portare a un’informazione costruita nelle redazioni, davanti al computer, ai terminali delle agenzie, sulle reti sociali, senza mai uscire per strada, senza più consumare le suole delle scarpe: se non ci apriamo all’incontro, rimaniamo spettatori esterni, nonostante le innovazioni tecnologiche che hanno la capacità di metterci davanti a una realtà aumentata nella quale ci sembra di essere immersi».
Il papa ha poi ringraziato i giornalisti per il loro coraggio:
«Dobbiamo dire grazie al coraggio e all’impegno di tanti professionisti, giornalisti, cineoperatori, montatori, registi che spesso lavorano correndo grandi rischi, se oggi conosciamo, ad esempio, la condizione difficile delle minoranze perseguitate in varie parti del mondo; se molti soprusi e ingiustizie contro i poveri e contro il creato sono stati denunciati; se tante guerre dimenticate sono state raccontate. Sarebbe una perdita non solo per l’informazione, ma per tutta la società e per la democrazia se queste voci venissero meno: un impoverimento per la nostra umanità. Numerose realtà del pianeta, ancor più in questo tempo di pandemia, rivolgono al mondo della comunicazione l’invito a venire e vedere. C’è il rischio di raccontare la pandemia, e così ogni crisi, solo con gli occhi del mondo più ricco, di tenere una doppia contabilità».
E sul fronte dei vaccini Francesco ha ribadito che le differenze sociali ed economiche a livello planetario non devono segnare l’ordine della distribuzione dei vaccini anti-Covid19.
Infine il pensiero di Bergoglio è andato al web. «Grazie alla rete – ha egli affermato – abbiamo la possibilità di raccontare ciò che vediamo, ciò che accade sotto i nostri occhi, di condividere testimonianze. Ma sono diventati evidenti a tutti, ormai, anche i rischi di una comunicazione social priva di verifiche. Abbiamo appreso già da tempo come le notizie e persino le immagini siano facilmente manipolabili, per mille motivi, a volte anche solo per banale narcisismo. Tale consapevolezza critica spinge non a demonizzare lo strumento, ma a una maggiore capacità di discernimento e a un più maturo senso di responsabilità, sia quando si diffondono sia quando si ricevono contenuti. Tutti siamo responsabili della comunicazione che facciamo, delle informazioni che diamo, del controllo che insieme possiamo esercitare sulle notizie false, smascherandole. Tutti siamo chiamati a essere testimoni della verità: ad andare, vedere e condividere. Nulla sostituisce il vedere di persona».
«La buona novella del Vangelo – ha quindi sottolineato in conclusione del suo intervento – si è diffusa nel mondo grazie a incontri da persona a persona, da cuore a cuore. Uomini e donne che hanno accettato lo stesso invito: vieni e vedi, e sono rimaste colpite da un di più di umanità che traspariva nello sguardo, nella parola e nei gesti di persone che testimoniavano Gesù Cristo».