TERRORISMO, misteri italiani (2). Strage di Bologna, contesto internazionale: il «lodo Moro» e il mutamento dello scenario nel 1979-80

Nel 1979 vi fu un radicale mutamento dello scenario politico, una metamorfosi indotta dalle dinamiche internazionali. Influenzati dal più grande scontro tra le due superpotenze, vecchi equilibri e vecchi rapporti fino ad allora in essere vennero entrarono in crisi. Tra questi anche il «lodo Moro», la cui messa in discussione potrebbe essere la causa della bomba alla stazione

Il 1979, l’anno precedente a quello della strage di Bologna, rappresenta un momento cruciale della storia italiana, una fase di profonda transizione che provoca un radicale mutamento di scenario nella politica interna.

Esso è il portato di dinamiche internazionali, diretto riflesso della fine dell’equilibrio tra i blocchi capitalista e comunista che fino ad allora si era mantenuto grazie al processo di distensione.

Il riflesso delle travolgenti dinamiche internazionali produssero degli effetti anche in Italia, paese nel quale avvennero molte cose, tra le quali l’entrata in crisi del cosiddetto «lodo Moro».

L’accordo non scritto siglato sei anni prima dallo Stato italiano e da esponenti della resistenza palestinese che contemplava uno scambio indicibile: la piena libertà di movimento sul territorio italiano dei militanti dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) a fronte della totale esclusione del Paese da attacchi terroristici.

Il suo artefice, lo statista democristiano Aldo Moro, era stato assassinato dalle Brigate rosse soltanto pochi mesi prima, il 9 maggio del 1978.

Perché settori dei vertici politici e dei servizi segreti italiani si erano accordati con delle organizzazioni terroristiche mediorientali, in particolare con il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp)?

Per comprendere questo passaggio è necessario tornare indietro nella storia di alcuni anni, alla fine degli anni Sessanta.

Il quadro internazionale. All’inizio del 1970 negli Usa si consuma il dramma della sconfitta nella guerra in Vietnam.

A seguito del trionfo dei vietcong Washington piomba in una crisi, alla Casa bianca si time l’inarrestabile espansione globale del comunismo. Timori che ben presto assumono la dimensione dell’ossessione, questo mentre la società americana viene fortemente permeata da un diffuso sentimento di contrarietà a ogni impegno bellico.

Il repubblicano Richard Nixon, avvicendatosi alla presidenza al democratico Lindon B. Johnson, inizia a concentrare gli sforzi militari nel teatro asiatico, avviando contestualmente un graduale disimpegno dall’Europa occidentale, addirittura negoziato con l’Unione sovietica.

Nel frattempo, quest’ultima persegue la sua strategia che mira a indebolire l’Europa occidentale.

Per farlo agisce «manovrando per linee esterne» – come per altro descrisse efficacemente lo stesso Aldo Moro -, ricorrendo anche a forme di guerra non convenzionale, come il fomento di conflitti locali e l’impiego strumentale di organizzazioni che praticano il terrorismo su scala internazionale, come il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, che ad avviso del giudice Rosario Priore rappresenta la “chiave di lettura” della strage di Bologna.

Mosca si pone l’obiettivo di impedire una compiuta realizzazione del processo di integrazione comunitario e di separarla politicamente da Medio Oriente e Nord Africa, aree che per il Vecchio continente costituivano il polmone energetico, acuendone conseguentemente le problematiche di approvvigionamento energetico.

Europa e Giappone, infatti, dipendevano dl Terzo Mondo sia per petrolio e gas, che per le altre materie prime, nonché per via della sicurezza delle vie commerciali.

L’Europa moderna ha sempre dipeso dalle forniture provenienti da fuori del suo territorio, tuttavia, in quella fase la dipendenza si era trasformata in potenziale vulnerabilità, poiché né Europa né Giappone disponevano delle capacità militari di assicurarsi autonomamente la sicurezza dei propri approvvigionamenti in caso di crisi e neppure il controllo diretto delle aree di produzione, un compito che nel tempo venne sempre più delegato agli Usa.

Ma, col mutare della situazione la percezione degli europei è andata mutando, è cresciuta la consapevolezza di una forte dipendenza e vulnerabilità nei confronti di un possibile embargo petrolifero.

Le maggiori capacità militari a livello globale acquisite in quegli anni dall’Unione sovietica accresce dunque il senso di pericolo e la percezione della minaccia degli europei, la cui reazione, da un lato si riteneva potesse spingerli a una maggiore collaborazione con gli americani, dall’altro a indurli a venire a compromessi con Mosca.

E nei fatti è quello che almeno in parte accade, poiché, in particolare nella Repubblica federale tedesca e in Italia, le preoccupazioni divennero assillanti anche a causa del terrorismo.

Il lodo Moro fu uno degli effetti di questa dinamica, la machiavellica indicibile soluzione trovata da parte dei governanti e dei servizi segreti italiani di allora.

L’Urss e i gruppi palestinesi. Con la cacciata dell’Olp dalla Giordania nel «settembre nero» del 1970, l’Occidente viene costretto a confrontarsi con la questione palestinese e, in diversa misura a seconda dei casi, a venire a patti con organizzazioni come il Fplp, che attraverso la pratica terroristica era in grado di condizionare le scelte politiche di numerosi paesi occidentali e del Medio Oriente.

Tre anni prima, la traumatica sconfitta degli eserciti arabi a opera di Israele nella Guerra dei sei giorni aveva posto fine alla speranza dei palestinesi di risolvere la loro questione nazionale attraverso un conflitto convenzionale.

L’ampliamento del territorio sotto occupazione militare israeliana alla Cisgiordania e alla Striscia di Gaza, in un prima fase aveva portato l’Olp a scatenarvi una campagna di guerriglia, che tuttavia si rivelò fallimentare.

Lo Stato ebraico chiuse ermeticamente la sua linea di frontiera con la Giordania, mentre ad Amman re Hussein, dopo una serie di dirottamenti e di attentati del Fplp, espulse all’estero i militanti dell’Olp.

Il baricentro della guerriglia palestinese si spostò dunque nel vicino Libano, con effetti destabilizzatori che in pochi anni lo condurranno a una lunga e devastante guerra civile.

L’Olp di Yasser Arafat finì anche nello Yemen e in Algeria e, nella consapevolezza della propria incapacità di sconfiggere Israele sul suo terreno, elaborò una strategia di respiro internazionale incrementando le operazioni all’estero: Settembre nero colpì alcune personalità giordane, mentre il Fplp attaccò obiettivi israeliani all’estero e praticò diffusamente la pirateria aerea.

I servizi segreti del blocco comunista non furono estranei alle attività dei gruppi terroristici mediorientali, infatti si servirono di alcuni di questi per attuare la strategia di destabilizzazione elaborata a Mosca.

Nel quadro della sua strategia globale, a partire dai primi anni Sessanta l’Urss sostenne la causa palestinese in via strumentale come perno dell’azione di destabilizzazione del Medio Oriente ed elemento in grado di incidere anche sulla sicurezza europea.

A quel tempo alcuni settori dell’Olp erano anche in contatto con i servizi segreti statunitensi. Questo venne dimostrato in seguito da alcune evidenze emerse in particolari situazioni, come la rivolta dei Fratelli musulmani nel febbraio 1982 ad Hama, in Siria, duramente repressa da Hafez al-Assad, che portò al rinvenimento di apparati per le comunicazioni radio americani, fatti pervenire agli islamisti attraverso triangolazioni per il tramite di agenti palestinesi.

Sta di fatto, comunque, che organizzazioni del calibro del Fplp fin dalla loro costituzione agirono per conto del Kgb sia in Europa che nello scacchiere mediterraneo.

Si trattò di un’organizzazione che sia nella sua genesi che nel suo sviluppo venne indirizzata dalla longa manus della Lubjanka, in grado di praticare il terrorismo a livello internazionale per dimensioni e capacità neppure lontanamente paragonabili ai gruppi armati estremisti di sinistra e di destra che alla fine degli anni Sessanta si affacciarono sulla scena italiana.

Lo stesso responsabile delle operazioni speciali del gruppo, Wadi Haddad, personaggio indicato da molti analisti come l’inventore del terrorismo moderno, era un agente del servizio segreto sovietico.

Abu Ayad, responsabile della sicurezza dell’Olp, nella seconda meta del 1981 incontrò a Parigi il brigatista rosso Giovanni Senzani – divenuto capo dell’organizzazione terroristica a seguito dell’arresto di Mario Moretti -, al quale confidò che dietro il terrorismo europeo c’era il Kgb.

In particolare, secondo l’alto dirigente palestinese i servizi segreti di Mosca avevano operato dietro le quinte in tre casi: l’attentato alla sinagoga di Parigi del 3 ottobre 1980, quello all’Oktoberfest di Monaco di Baviera del 26 settembre 1980 (per il quale verrà poi ritenuto responsabile Gundolf Köhler, neonazista del Wehrsportgruppe Hoffman ma in realtà agente della Stasi tedesco-orientale), infine una terza azione terroristica che Senzani annota nella sua agenda con la sigla (Bo). Bologna?

Non è chiaro se Senzani abbia segretamente rivelato il tutto pochi giorni dopo al generale Pietro Musumeci nel corso di un loro incontro alla stazione ferroviaria di Ancona.

Musumeci, a quel tempo ai vertici del Sismi, era un affiliato alla loggia massonica P2 di Licio Gelli e venne in seguito condannato per aver ripetutamente depistato le indagini sulla strage del 2 agosto 1980.

I tre attentati dei quali riferì confidenzialmente Abu Ayad erano stati ispirati dall’Urss per “sanzionare” la politica europea in Medio Oriente, che facendo perno sull’Internazionale socialista stava ostacolando l’ultimo suo alleato rimastogli nella regione, la Siria.

Insomma, una lettura del terrorismo in chiave internazionale che vedrebbe il duro contrasto di Mosca di quell’asse tra Parigi e Vienna (Mitterrand-Kreisky), che in precedenza aveva interloquito anche con la Jugoslavia di Tito e che era teso a influenzare la regione mediorientale.

Il professor Giuseppe De Lutiis definì questo asse nei termini di «un terzo giocatore tra Usa e Urss, tra capitalismo e comunismo, una grande entità socialista radicata in Europa, con un asse tra la Francia e tutti quei paesi socialisti o socialdemocratici del Centro e Nord Europa. Un’entità che tenta di farsi strada tra i due giganti, occupando spazi e perseguendo una propria politica, propri interessi».

Gli attentati palestinesi in Italia. Ma, si torni ai prodromi del cosiddetto lodo Moro. Il 4 agosto del 1972, presso San Dorligo della Valle i fedayn piazzarono delle cariche esplosive alle cisterne di stoccaggio del greggio dell’oleodotto transalpino Trieste-Ingolstadt facendole esplodere.

Dodici giorni dopo fallì un attentato dinamitardo contro un velivolo della compagnia di bandiera israeliana El Al decollato da Fiumicino e diretto a Tel Aviv, un mangianastri riempito di esplosivo da terroristi arabi e imbarcato nella stiva dell’aereo esplose quando questo era in volo, ma fortunatamente il pilota riuscì ad atterrare e il bilancio fu solo di due feriti.

Il 27 aprile 1973 Vittorio Olivares, dipendente della compagnia aerea israeliana El Al, venne assassinato a Roma da un terrorista arabo dichiaratosi dopo la cattura appartenente a Settembre nero.

Sempre nei pressi della capitale, il 5 settembre seguente venne sventato un attentato a un aereo della El Al. Nella vicina Ostia vennero arrestati cinque terroristi di Settembre nero trovati in possesso di lanciamissili antiaerei spalleggiabili di produzione sovietica, avrebbero dovuto abbattere un aereo di linea israeliano. La loro segnalazione ai servizi segreti italiani era stata fatta dal Mossad, tuttavia essi in seguito furono rilasciati e condotti con un velivolo in uso al Sid (Argo-16) in Libia.

Il 3 ottobre a Sofia fallì l’operazione orchestrata dai servizi segreti bulgari finalizzata all’eliminazione fisica del segretario del Pci Enrico Berlinguer.

Tre giorni dopo in Medio Oriente divampò la Guerra dello yom kippur e l’Italia nega le proprie basi agli aerei Usa che devono fare scalo prima di raggiungere in volo Israele per rifornirlo di armi nel corso del conflitto in atto con i Paesi arabi.

Fu la fase prodromica al lodo Moro, l’accordo segreto imbastito tra settori dello Stato italiano e i palestinesi il 19 ottobre al Cairo e perfezionato pochi giorni dopo alla Farnesina.

Tuttavia, nelle settimane successive le intese sancite nel quadro del «lodo» non sarebbero state rispettate da tutte le organizzazioni terroristiche.

Infatti, il 17 dicembre un commando di palestinesi appartenenti all’organizzazione Settembre nero attaccò l’aeroporto internazionale di Fiumicino. Dopo aver aperto il fuoco all’interno del terminal si diressero sulla pista, dove attaccarono con delle bombe al fosforo un Boeing 707 della Pan Am in procinto di decollare alla volta di Teheran. Quindi si impadronirono di un Boeing 737 della Lufthansa che dirottarono su Kuwait City. I terroristi uccisero trentaquattro persone e ne ferirono quindici, tuttavia, dopo un trasferimento in Egitto, mesi dopo fecero perdere le loro tracce.

Nel frattempo, il 23 novembre il DC-3 “Argo-16” precipitò misteriosamente nella zona di Porto Marghera. Sei giorni dopo, nel corso di una riunione nella sede del servizio segreto militare italiano a Palazzo Baracchini, il generale Gianadelio Maletti, visibilmente turbato, esclamò di fronte agli altri ufficiali del Sid che aveva motivo di ritenere che l’incidente occorso ad Argo-16 altro non fosse se non «un sabotaggio israeliano esperito per vendetta».

Il lodo Moro. Il 19 ottobre nella sede dell’ambasciata italiana al Cairo dai funzionari governativi venuti da Roma e da Said Wasfi Kamal, esponente di spicco dell’Olp.

Quest’ultimo richiese il rilascio dei terroristi arrestati a Ostia offrendo in cambio l’inattività delle organizzazioni armate palestinesi sul territorio italiano.

Sei giorni dopo il lodo Moro venne perfezionato nel corso di una riunione di vertice alla Farnesina – ministro degli Esteri era l’uomo politico democristiano di Maglie -, alla quale in rappresentanza del Viminale vi prese parte il vicequestore Silvano Russomanno, a quel tempo capo della Divisione sicurezza interna del Ministero dell’Interno.

Aldo Moro, che sarebbe poi stato assassinato nel 1978, divenne il garante di un patto stretto con parte delle organizzazioni palestinesi – in particolare con il Fplp – finalizzato a evitare che in Italia venissero compiuti atti terroristici.

Questo in un quadro dove servizi segreti e Arma dei Carabinieri risultavano spaccati in due fazioni, filopalestinese e filoisraeliana, a loro volta riconducibile a diversi elementi di vertice del partito politico di maggioranza relativa, la Democrazia cristiana.

Testimonierà anni dopo il generale Ambrogio Viviani, all’epoca dei fatti a capo della sezione controspionaggio del servizio segreto militare, che «Roma non voleva essere immischiata nel terrorismo mediorientale. Aldo Moro aveva detto a Miceli: veda di mettersi d’accordo con Arafat, trovi una soluzione perché non vogliamo essere coinvolti in queste storie».

Insomma, ai centri di potere nazionali che, attraverso le loro diplomazie parallele, negli anni Settanta generarono un enorme contraddizione.

L’esenzione dagli attacchi terroristici arabi venne pagata con la concessione della piena libertà di movimento sul territorio nazionale ai palestinesi, sicché essi ebbero in questo modo la facoltà di allestire loro basi logistiche nel Paese.

Ma il lodo Moro non fu soltanto questo, poiché le potenti organizzazioni palestinesi (Fplp in primo luogo, ma anche l’entourage di Yasser Arafat) svolsero un ruolo importante nella mediazione in campo commerciale tra l’Italia e gli stati mediorientali che allora le sostenevano.

Approvvigionamenti di materie prime energetiche per un “paese amico”, certamente (quello era il periodo dello shock petrolifero), tuttavia anche traffici di armi, resi possibili da triangolazioni con Paesi e organizzazioni con i quali l’Italia, o non poteva, oppure non era in grado di relazionarsi, ad esempio perché sotto embargo internazionale.

Il lodo Moro permane ancora oggi una verità “indicibile”, poiché se venisse acclarata ufficialmente sarebbe dirompente e recherebbe tutto il suo carico di responsabilità sullo Stato italiano.

Infatti, armi e terroristi transitarono e stabilirono basi logistiche in Italia coperti dai servizi segreti di Roma per poi andare a colpire all’estero, nella stessa Europa.

Muta lo scenario e gli accordi vengono messi in discussione. Carlos (Ilich Ramirez Sanchez detto lo “Sciacallo”), il terrorista internazionale in stretti rapporti di collaborazione con il Fplp, in un’intervista rilasciata al quotidiano “Il Corriere della Sera” il 23 novembre 2005 affermò che quello bloccato dai Carabinieri a Ortona era «solo un trasporto logistico e gli arresti furono una provocazione degli agenti nemici all’interno dei servizi italiani». Perché?

Perché finiva l’equilibrio della distensione. Su pressioni esercitate della Repubblica federale tedesca (il cancelliere Helmut Schmidt temeva i missili SS-20 dell’Armata rossa) gli americani si impegnarono in una nuova fase interventista in Europa.

Mosca aveva puntato i suoi vettori nucleari contro l’Europa ma non contro gli Usa rendendo il confronto oltremodo asimmetrico al fine di sbilanciare l’Europa erodendone la coesione atlantica.

I tedeschi chiesero quindi a Washington lo schieramento sul proprio territorio delle batterie di missili a medio raggio, i cosiddetti «euromissili», riaccendendo così l guerra fredda.

Il parlamento italiano votò a favore dell’installazione degli euromissili nella base militare siciliana di Comiso.

Anche in Italia erano cambiate le cose. Nel 1979 si esaurita l’esperienza della cosiddetta «solidarietà nazionale» e Aldo Moro, artefice sia del compromesso storico che dell’accordo segreto con i palestinesi, era stato ucciso dalle Brigate rosse l’anno precedente.

Ci fu una metamorfosi della politica nazionale, il Partito comunista venne escluso dalle formule di governo e tornò all’isolamento come forza di opposizione.

Contestualmente si andò consolidando l’asse Dc-Psi e Francesco Cossiga – al tempo del sequestro e dell’assassinio di Moro (vicenda dalle infinite zone grigie) ministro dell’Interno – divenne Presidente del Consiglio.

Gli euromissili spaventarono anche Gheddafi, che contribuì a incidere sulla situazione incrementando la propria aggressività in Mediterraneo e nella regione saheliana dell’Africa.

I tempi erano ormai cambiati e il lodo Moro doveva cessare di spiegare la sua efficacia.

Dunque, quella «provocazione di agenti nemici all’interno dei servizi italiani» fatta da Carlos andava interpretata nel senso di un’azione deliberata finalizzata proprio alla definitiva messa in discussione dell’accordo.

Emerse la necessità di rompere col lodo Moro e il Governo Cossiga seguì questa strada. Poi, affatto casualmente, si verificò l’episodio di Ortona, il sequestro dei missili antiaerei spalleggiabili a cui i palestinesi tenevano molto.

Mai nei sei anni precedenti l’Italia aveva assunto posizioni di tale fermezza nei confronti dei terroristi arabo-palestinesi, abbandonando la propria tradizionale politica estera filo-araba.

Un episodio, quello di Ortona, al quale non pochi oggi ricollegano la strage di Bologna.

È possibile ascoltare di seguito l’audio dell’intervista con Valerio Cutonilli

A172 – MISTERI ITALIANI, 39 ANNI FA LA STRAGE DI BOLOGNA: NUOVE PERIZIE E IPOTESI MAI ESPLORATE, a insidertrend.it parla l’avvocato VALERIO CUTONILLI, autore assieme al giudice Rosario Priore del libro “I segreti di Bologna, la verità sull’atto terroristico più grave della storia italiana”.

Le perizie disposte dai giudici di Bologna nell’ultimo processo sulla strage del 2 agosto 1980 – attualmente in corso e che vede imputato il neofascista Gilberto Cavallini – potrebbero portare a risultati in grado di mettere totalmente in discussione le “verità giudiziarie” finora accettate con molti dubbi. Le piste palestinesi (Fplp) e libica verrebbero quindi riconsiderate. Nell’intervista con l’avvocato Cutonilli vengono accuratamente esaminate le incongruenze, le omissioni e i possibili depistaggi di una vicenda che vede protagonisti molti soggetti.

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