VENEZUELA, affaire M5S. «Il nostro agente a Caracas»

Cosa è veramente successo dietro alla storia del presunto finanziamento “bolivariano” alla politica anti-sistema italiana? Si tratta esclusivamente di un trabocchetto estremamente tempestivo per staccare la componente massimalista dei pentastellati dal Governo Conte 2, oppure c’è di mezzo qualcosa d’altro? Secondo il presidente di FederPetroli Italia Michele Marsiglia bisogna seguire la «pista del petrolio»

La vicenda dei 3,5 milioni da Maduro a Casaleggio: «Gli attacchi arrivano, specialmente quando il piatto d’argento viene servito vuoto». Intervista di Jeta Gamerro, pubblicata su “L’Indro” il 19 Giugno 2020 – L’inizio della settimana è stato scosso dall’uscita di un reportage decisamente imbarazzante per il Movimento 5 stelle sul terzo quotidiano nazionale spagnolo, “ABC”, testata di orientamento monarchico e conservatore che è particolarmente attenta alle vicende venezuelane. «El chavismo financió el Movimiento 5 Estrellas que hoy gobierna en Italia», ha titolato la testata, un servizio a firma del rispettato giornalista freelance Marcos Garcia Rey, membro dell’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ), quindi una firma che è decisamente difficile accusare di superficialità, faciloneria. Difficile non credergli quando assicura di aver fatto tutte le verifiche che in inchieste così calde e difficili si devono compiere.

Secondo il servizio di Rey, nel 2010 l‘allora presidente venezuelano Hugo Rafael Chávez Frias, avrebbe fatto inviare, in accordo con il suo ministro degli esteri Nicolàs Maduro – che alla sua morte gli è succeduto nella carica -, una valigia contenente 3,5 milioni di euro al consolato venezuelano di Milano, allo lo scopo di finanziare in nero il Movimento 5 stelle. Il console della legazione diplomatica venezuelana a Milano, Gian Carlo di Martino, avrebbe svolto un ruolo da intermediario, prima che il destinatario finale, Gianroberto Casaleggio, ricevesse il denaro in contanti.

I diretti interessati hanno negato, Davide Casaleggio (figlio dello scomparso Gianroberto, n.d.r.) oltre che negato ha anche querelato, mentre la Procura della Repubblica di Milano ha avviato una inchiesta. Ora è il tempo dell’attesa.

Secondo alcuni osservatori latinoamericani da noi interpellati, posta l’abitudine politica di Maduro di finanziare movimenti e partiti anti-sistema, è difficile credere che abbia deciso di farlo a beneficio dell’allora neonato movimento di Grillo e Casaleggio, poiché non ci sarebbero tracce, neanche sul posto, che riconducono a Casaleggio e Maduro, fosse pure per interposta persona.

Un solo elemento potrebbe, in via del tutto teorica, tenere insieme l’Italia del M5s e il Venezuela di Maduro: questo elemento è il petrolio.

Come ha scritto Valter Vecellio – uomo che la politica italiana la conosce molto bene – «Il petrolio, che solo dieci anni fa era infinitamente più prezioso di quanto lo sia ora, ha condizionato una quantità di scelte politiche del nostro Paese» e «non si deve escludere nulla solo perché non appare logico. Perché qualcuno a Caracas non può aver pensato di giocare anche questa carta? Chi lo può escludere davvero?». Spetterà alla magistratura fornire una risposta a queste domande.

Volendo ragionarci sopra, una pista interessante da seguire – al pari di quella che ci ha portati a interpellare Bruno Sgarzini, il giornalista argentino residente a Caracas da anni – potrebbe essere quella del petrolio e, uno che di petrolio ne sa molto, è Michele Marsiglia, presidente di FederPetroli Italia e nostro opinionista.

JETA GAMERRO – Presidente, nel 2010 il Venezuela dal punto di vista economico e nell’ottica petrolifera come stava messo?

MICHELE MARSIGLIA – Come paese dell’America Latina, il Venezuela – grande produttore di petrolio e membro dell’Opec, nonché di ultima presidenza negli anni -, oltre a problematiche dal solo punto di vista politico (dipende da quali occhi viene osservato ovviamente!) non ha mai destato problemi, se non, come dicevo, nelle perplessità che viviamo in alcuni paesi dove i colpi di stato o le politiche diverse da quelle europee sono a volte la normalità.

Quali interessi aveva al tempo Chávez per influenzare la politica italiana? Trasversali? Magari transati passando dalla Russia o altri attori internazionali?

Non penso che Ugo Chávez avesse interessi diretti per influenzare la politica italiana, forse il contrario, visto il gran numero di italiani che vivono e lavorano in Venezuela. Certo l’asse Russia, Cuba, Cina, Venezuela è sempre esistito e Chavez, negli ultimi anni di vita, più che puntare al consolidamento di una politica interna, ha fatto il copia/incolla di quello che Fidel Castro ha messo in atto a Cuba negli anni, rapporti esteri che potessero fare da “barriera” di protezione al Paese, la Russia in primis, mantenendosi una salda partnership con l’Iran.

Le compagnie petrolifere italiane al tempo cosa stavano facendo in Venezuela?

Diverse sono le attività di sviluppo, sia industriale che commerciale, che ci sono sempre state e si sono fermate solo in periodi nei quali si è ritenuto a causa della situazione politica di rallentarle o sospenderle. La compagnia petrolifera italiana Eni opera da diversi anni nel Paese, sia in giacimenti on shore che off shore. Anche la parte della chimica è molto sviluppata in partnership con aziende italiane e venezuelane. Poi non dimentichiamo che la compagnia petrolifera venezuelana PDVSA ha le spalle molto solide a livello internazionale.

È proprio di ieri la notizia che alcuni media hanno pubblicato mettendo in risalto i crediti pregressi del Venezuela nei confronti di ENI, che sembrerebbe vengano compensati con dei carichi di greggio in partenza. Ma questo ovviamente sarà il Gruppo di San Donato a fornire maggiori informazioni economiche in merito e conferme di quanto battuto dalla stampa.

Ci poteva essere un interesse di Chávez a portare il mondo petrolifero italiano in Venezuela?

Questo certamente. Se consideriamo che l’indotto petrolifero e dell’ingegneria energetica italiana è uno dei più importanti e sviluppati al mondo. Inoltre, noi italiani non siamo più bravi a fare business, ma siamo più «duttili e malleabili», proprio come i metalli. Quindi molti paesi hanno interesse per l’Italia e particolarmente per gli italiani.

Le risulta che in quegli anni ci siano state trattative tra il mondo petrolifero italiano e quello venezuelano?

Come dicevo, normali operazioni di business, commerciali e industriali, assolutamente sì. Nella trasparenza di un mercato che, se parlo ovviamente da italiano, è interessante sotto il profilo dell’Oil & Gas, così come altri paesi che con FederPetroli Italia abbiamo sempre tenuto in considerazione, nonostante situazioni politiche difficili. Molti di quelli dell’America Latina sono ricchi di olio e di gas e per noi sono mercati interessanti da tempo, se consideriamo che anche le parti bagnate dal mare sono consistenti per le attività off shore.

Veniamo all’oggi: vede qualche «manina» interessata perché proprio in questo momento “ABC” faccia uscire questo reportage?

In questo caso parliamo di politica, la più comune e anche la più bella a mio parere, anche se molti la definirebbero «la più sporca». Gli attacchi arrivano specialmente quando il piatto d’argento viene servito vuoto e quindi per riempirlo si fa subito. Poi in questo modo non si fa mancare niente a nessuno: Salvini con la Russia, M5s con il Venezuela e a noi ci lasciano la Nigeria… tutto calcolato nei minimi dettagli. Non si vede, ma sto sorridendo…

Certamente, però, se dovesse rivelarsi fondata la notizia, stavolta ci sarebbero un bel po’ di spiegazioni da dare. Seguiamo, come tutti, i prossimi sviluppi.

Eni e suoi competitori oggi in Venezuela?

Non è un Paese che desta preoccupazione, anzi. ENI è solida, con i propri investimenti garantita da accordi Istituzionali e del governo di Caracas. Altre compagnie hanno i loro asset, ma non abbiamo mai assistito a corse di avarizia energetica come in Libia.

Abbiamo commesso l’errore di non riconoscere Guaidó e ce la fanno pagare?

Abbiamo commesso l’errore di giudicare troppe questioni come se a noi non riguardassero, come ovviamente, e lo ripeto, stiamo facendo in Libia. Risulta evidente la situazione vissuta circa un anno fa con Nicolàs Maduro e le sanzioni Usa. L’Italia è brava a diventare subito l’amante politica di qualcuno, tuttavia, le amanti il più delle volte sono quelle che si lasciano… per poi trovarne altre. Dovremmo essere più bravi politicamente a stare nelle nostre scarpe e a camminare per le strade più comode, invece, in questo modo – come in Libia, Egitto, Venezuela e in altre situazioni di crisi -, riusciamo a diventare il capro espiatorio delle decisioni politiche internazionali, quelle negative però.

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