CORONAVIRUS, sicurezza. Monitoraggio dei contagiati, tecnologie e capillare controllo della popolazione: verso l’era della Psicopolizia?

I paradigmi che si sono imposti sono quelli sudcoreano e taiwanese, che contemplano entrambi “soluzioni” miranti al contenimento della pandemia da Covid-19, questo in attesa di un vaccino o di una cura. Tuttavia, il controllo personale attraverso i telefoni cellulari solleva anche inquietanti dubbi, sia sulla violazione della privacy che su possibili abusi che di tale pratica si potrebbero fare. Di vantaggi e rischi ne ha parlato il professor ROBERTO SETOLA, direttore del master in Homeland Security presso il Campus Biomedico di Roma

Poniamo che, a breve, si stabilisca di rendere possibile il controllo delle singole persone mediante il loro monitoraggio continuo reso possibile dalla triangolazione effettuata sulla base dei segnali inviati dai moderni apparecchi cellulari. Si tratterebbe certamente di una “soluzione” temporanea – così almeno si afferma – a un mancato rimedio all’infezione da Covid-19, il virus che sta provocando decine di migliaia di morti soltanto in questo Paese.
Ovviamente, la cornice di impiego di tale forma di controllo dovrebbe prevedere rigorosi limiti che dovranno venire assolutamente rispettati, proprio perché la libertà personale dei cittadini, che include quella al libero movimento e alla riservatezza personale, essendo sacrosante non possono venire violate arbitrariamente.
Ma siccome questo è anche il Paese dove il frequente ricorso a strumenti emergenziali per tamponare falle di volta in volta diverse si trasforma in seguito nel perdurante utilizzo nel tempo di quegli stessi strumenti, quindi nella sostanziale normalità di essi, sarebbe bene rifletterci su un poco, poiché se in Corea del Sud e a Taiwan questo sistema di contenimento dei contagi ha funzionato, è vero anche che in esso sono insiti non pochi rischi, dunque la materia si presenta alquanto delicata.
A spaventare, in modo particolare sono i potenziali impieghi impropri di un sistema di monitoraggio e controllo del genere, gli abusi che potrebbero venire commessi da chi li utilizzerà, infatti, se letto in questa prospettiva il tema ingenera una serie di dubbi inquietanti, che sono sintetizzabili in alcuni quesiti fondamentali.
Il primo è quello relativo a una deriva autoritaria del Paese – che ovviamente nessuno auspica – che però non si può escludere possa verificarsi in condizioni di accentuato degrado sui piani economico, sociale e sanitario. Ebbene, cosa rappresenterebbe il potere e la capacità di un controllo continuo di un soggetto in una situazione di irrigidimento del sistema?
Egli verrà monitorato e, quindi, i suoi controllori sapranno ventiquattro ore su ventiquattro dove si trova, a chi si avvicina, se si assembra in un dato luogo, luogo dove magari può aver luogo una manifestazione di protesta o di dissenso nei confronti del potere costituito.
I cittadini verranno di fatto vincolati a tempo indeterminati a un “braccialetto elettronico”, del tipo di quelli che dovrebbero venire forniti ai detenuti per finire di scontare i residui delle loro pene agli arresti domiciliari?
E inoltre, al momento non è chiaro quanto durerà ancora l’attuale regime di distanziamento sociale, ma se si protrarrà per i prossimi mesi i cittadini di questo Paese per uscire di casa dovranno necessariamente dotarsi di uno smartphone che permetta agli apparati di controllo di localizzarli?
Gli italiani, oltre a i documenti di identità personale, dovranno iniziare a recare sempre al seguito anche un telefonino cellulare?
Intanto va rilevato che il tracciamento costante e continuo di una persona in possesso di un apparecchio cellulare è ormai da molto tempo ampiamente possibile risalendo ai codici IMEI e alle celle telefoniche, quindi nulla di nuovo sotto il sole, almeno per quanto concerne le tecnologie disponibili e le tecniche di polizia, infatti, si è nel campo della classica geolocalizzazione di un dispositivo.
Certo, probabilmente il controllore, pur non riuscendo ad avere accesso ai contenuti dell’utente monitorato, sarebbe comunque in grado di conoscere (o meglio, ipotizzare) una sua presenza in luogo che non sia casa sua, magari dove si verifica un assembramento.
Al giorno d’oggi tutti i telefoni cellulari sono rintracciabili tramite cella, seppure gli smartphone vengano intercettati in una maniera diversa dagli apparecchi delle precedenti generazioni, per capirci quelli non in condizioni di scaricare un’app dando così accesso a un contenuto, applicazione che appunto consente la geolocalizzazione.
In questi casi, se la si vuole evitare, il rimedio possibile per un utente di telefonia mobile che ha “scaricato” un’app sarebbe quello di disinstallarla, evitando in questo modo di lasciare chiavi e varchi aperti, ma se è vero che soltanto il 4% del totale degli utenti di telefonia mobile è davvero capace di utilizzare tutte le funzioni offerte dal suo apparecchio cellulare, mentre il resto (gli «utenti medi») spesso non sa neppure cosa si è scaricato, il problema non si pone: essi saranno perfettamente tracciabili nei loro movimenti se si porteranno dietro il telefonino.
Tornando a oggi, va da sé che di fronte a una situazione di emergenza lo Stato deve essere sempre all’altezza dei valori democratici sui quali è stato fondato, rispettando i valori costituzionali sui quali si basa il patto tra i cittadini e il potere pubblico, però, cosa potrebbe accadere se un giorno, malauguratamente, la Repubblica dovesse scivolare velocemente sul piano inclinato di una deriva autoritaria?
Quali sarebbero le conseguenze di un ennesimo perdurare di leggi concepite come speciali, dettate quindi da esigenze emergenziali, in norme di natura sostanzialmente ordinaria?
Al momento in Italia nulla di tutto ciò è in corso di attuazione, dunque si fa riferimento esclusivamente a dei progetti e, conseguentemente, la questione permane esclusivamente sul piano teorico, quindi, una valutazione la si potrà esprimere soltanto se e quando il sistema di monitoraggio e controllo prenderà una forma definita.
Tuttavia, questo non impedisce di svolgere al riguardo alcune lucide considerazioni, senza farsi però assalire dalla paranoia complottista e dietrologica.
Un assunto vuole che, se a essere in gioco è la vita umana, la conseguenza obbligata è che altri beni (seppur estremamente preziosi, ma non di pari valore), se non del tutto sacrificati divengano oggetto di una tutela più attenuata rispetto a quella di cui godevano in una situazione di normalità.
Una tutela «attenuata» che non andrà assolutamente essere «eliminata» e, in ogni caso, nella sua durata e nei suoi effetti dovrà risultare sempre funzione della tutela della vita umana, non divenire giustificazione di abusi. La questione risiede tutta qui.
Di risulta, se posto in questi termini il problema è risolvibile, poiché basterà porre dei limiti rigorosi ad abusi, illegalità e iniquità che attraverso un tale strumento di controllo potrebbero venire commessi, a cominciare dai vincoli alle violazioni ingiustificate della riservatezza personale.
L’argomento relativo ai potenziali vantaggi e ai rischi insiti nell’ipotizzato ricorso a un capillare sistema di monitoraggio e controllo della popolazione per contenere i contagi da virus Covid-19, è stato trattato nel corso di un’intervista concessa a insidertrend.it dal professor Roberto Setola, direttore del master in Homeland Security presso il Campus Biomedico di Roma; di seguito è possibile ascoltarne l’audio integrale (A239).

A239 – SICUREZZA, CONTENIMENTO DEL CONTAGIO DA COVID-19: MONITORAGGIO E CONTROLLO DELLA POPOLAZIONE PER MEZZO DEL TELEFONO CELLULARE. In attesa che venga sviluppato un vaccino, o per o meno una cura, l’unico strumento a disponibile in grado di limitare i contagi da Covid-19 resta quello dell’isolamento sociale.
Tuttavia, si è visto che nelle forme cui si è fatto ricorso in Italia questo non è stato sufficiente, quindi, in parte sull’onda emotiva e in parte informati da un pragmatismo frutto del parziale fallimento della precedente esperienza, si sono andati imponendo i paradigmi sudcoreano e taiwanese.
Entrambi contemplano “soluzioni” miranti al contenimento della pandemia mediante un diffuso controllo dei soggetti a rischio (quelli cioè che sono stati contagiati dal coronavirus) sul territorio mediante il ricorso alla geolocalizzazione dei loro telefoni cellulari, una tecnica che nei due Paesi asiatici parrebbe avere dato buoni risultati.
A questo punto si ingenerano però una serie inquietanti dubbi relativi alla possibile violazione della privacy e sui possibili abusi che attraverso tale pratica potrebbero venire commessi. I vantaggi e i rischi al riguardo sono stati trattati nel corso di un’intervista rilasciata a insidertrend.it dal professor ROBERTO SETOLA, direttore del master in Homeland Security presso il Campus Biomedico di Roma.

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