TEMI ETICI, suicidio assistito. L’articolo 580 del Codice penale non è legittimo ad alcune condizioni

Emessa la sentenza da parte della Corte Costituzionale sulla punibilità o meno del suicidio assistito. La questione era stata sollevata dalla Corte d’Assise di Milano nell’ambito del processo per la morte di Fabiano Antoniani, noto come “Dj Fabo”, che vedeva imputato il radicale Marco Cappato

La Consulta ha deciso in merito alla punibilità dell’aiuto al suicidio, stabilendo ad alcune condizioni la non legittimità dell’articolo 580 del Codice penale, che prevede una pena detentiva dai cinque ai dodici anni per coloro i quali istigano o aiutano una persona al suicidio.

Una questione che era stata sollevata dalla Corte d’Assise di Milano nell’ambito del processo a carico di Marco Cappato, imputato per aver aiutato a morire in una clinica svizzera Fabiano Antoniani, noto come “Dj Fabo”, un procedimento giudiziario avviato a seguito dell’autodenuncia presso una stazione dei Carabinieri fatta dallo stesso Cappato al proprio rientro in Italia.

Nel febbraio 2017 Antoniani, immobilizzato dal giorno del suo incidente stradale, su sua richiesta venne accompagnato in una clinica Svizzera per morire.

Cappato, già parlamentare radicale e attuale tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, aveva inteso compiere un’azione di disobbedienza civile proprio allo scopo di innescare una dinamica che conducesse a un giudizio di legittimità costituzionale sulla norma in vigore che regola la fattispecie sul “fine vita”.

Una volta investita del caso, la Corte costituzionale aveva rinviato la sentenza concedendo spazio al legislatore al fine di permettergli di normare la materia alla luce della ritenuta incostituzionalità. Tuttavia, in questi ultimi undici mesi il Parlamento è rimasto sostanzialmente inerte.

Al governo c’era una maggioranza formata da Lega e Movimento 5 stelle, ma è noto che resistenze ai mutamenti relativi a quelli che vengono comunemente definiti «temi etici» sono spesso trasversali agli schieramenti politici, anche in presenza dell’esercizio di forti pressioni sul piano morale e mediatico da parte della Chiesa cattolica romana.

Alla fine, inesorabile, è giunta la sentenza della Consulta, che si è espressa per la punibilità dell’aiuto al suicidio, stabilendo però la non legittimità dell’articolo 580 del Codice penale in alcuni specifici casi.

Infatti, i giudici hanno ritenuto non applicabile la norma in questione soltanto a determinate condizioni, cioè quando «chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli».

La Consulta è poi tornata a chiedere l’intervento del legislatore affinché introduca nell’Ordinamento una nuova disciplina alla luce di questa storica decisione.

Nell’immediatezza della pronunzia della Corte Costituzionale Marco Cappato ha ovviamente commentato con favore la decisione.

«Da oggi siamo tutti più liberi – ha affermato il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni – , anche chi non è d’accordo. Aiutare Dj Fabo per me era un dovere. La Consulta finalmente ha stabilito fosse un suo diritto. È una vittoria della disobbedienza civile, mentre i partiti giravano la testa dall’altra parte. Grazie a tutti».

Poco prima della sentenza, l’ex parlamentare imputato di istigazione al suicidio aveva twittato in questo modo «Comunque vada il mio processo, con la disobbedienza civile abbiamo raggiunto un grande risultato: portare all’attenzione dello Stato italiano ciò che i partiti rifiutavano da anni di prendere in considerazione».

La prima udienza pubblica aveva avuto luogo nella giornata di ieri. I giudici nell’ottobre 2018 avevano emesso un’ordinanza, che dava al Parlamento della Repubblica quasi un anno di tempo per colmare tale vuoto normativo e varare una legge sul fine vita, tuttavia, nel corso di un anno non è stato fatto nulla, neppure un testo base condiviso.

«È una sconfitta di certa politica, ovvero della politica dei capi partito che prima di affrontare un tema devono prima mettersi d’accordo invece di andare in parlamento e discutere liberamente”, aveva affermato ieri Cappato.

Alla Camera dei deputati nel tempo sono state depositate diverse proposte di legge, tra le quali quella dei radicali, che tratta della materia relativa all’eutanasia, però, le Commissioni Giustizia e Affari sociali non ne hanno mai calendarizzato la discussione, anche a causa delle divisioni in merito tra i due partiti che allora formavano la maggioranza politica nel Paese.

In assenza di una legge, in casi analoghi a quello di Fabiano Antoniani la Corte Costituzionale ha ritenuto di disapplicare l’articolo 580, una norma del Codice penale che, va ricordato, è il cosiddetto Codice Rocco risalente al 1930.

«Fabiano ha cercato di rendere pubblica la sua sofferenza – aveva affermato ieri Valeria Imbrogno, compagna di Dj Fabo -, lo ha fatto per rendere la sua battaglia una battaglia per la libertà di tutti, quindi credo che lui confidi in una risposta positiva della Corte Costituzionale come tutti noi, come gli avvocati che hanno lavorato per questa causa e per questa battaglia. Sono felice di essere qui».

Si attende ora anche la reazione dei medici cattolici, 4.000 professionisti che potrebbero a loro volta fare obiezione di coscienza. In questo senso si era chiaramente espresso con un monito il vicepresidente dell’Associazione medici cattolici italiani (Amci), Giuseppe Battimelli, che aveva preventivamente avvisato l’intenzione di dare battaglia non appena il Parlamento avrebbe legiferato in favore del suicidio medicalmente assistito.

 

Di seguito pubblichiamo il comunicato ufficiale diffuso dall’Ufficio stampa della Corte Costituzionale immediatamente dopo la pronunzia della sentenza sul caso Cappato.

 

«La Corte Costituzionale si è riunita in camera di consiglio per esaminare le questioni sollevate dalla Corte d’Assise di Milano, l’articolo 580 del Codice penale, riguardante la punibilità dell’aiuto al suicidio di chi si sia già determinato a togliersi la vita.

In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio stampa fa sapere che: la Corte ha ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del Codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitali e affetto da una patologia irreversibile fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli.

In attesa di un indispensabile intervento del legislatore, la Corte ha subordinato la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2 Legge 219/2017) e alla verifica, sia delle condizioni richieste,  che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale, sentito il parere del Comitato etico territorialmente competente.

La Corte sottolinea che l’individuazione di queste specifiche condizioni e modalità procedimentali desunte da norme già presenti nell’Ordinamento, si è resa necessaria per evitare forme di abuso nei confronti di persone specialmente vulnerabili, come già sottolineato nell’Ordinanza 207/2018.

Rispetto alle condotte già realizzate, il giudice valuterà la sussistenza delle condizioni sostanzialmente equivalenti a quelle indicate».

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