TURCHIA, missili S-400. Ankara si prepara a ricevere i sistemi d’arma da Putin

Il personale delle forze armate turche presto si addestrerà in Russia, mentre per questa estate è atteso l’invio della prima batteria antiaerea/antimissile. Il deterioramento dei rapporti con gli Usa

Ormai ci siamo, i ben noti sistemi polivalenti antiaerei/antimissile S-400, gioielli del comparto industriale militare di Mosca, stanno per arrivare nella Turchia di Recep Tayyp Erdoğan.

Lo ha comunicato ufficialmente il ministro della difesa di Ankara, Hulusi Hakar, che ha annunciato la partenza per la Federazione russa della prima aliquota di personale delle forze armate del suo Paese. I militari familiarizzeranno con il complesso sistema d’arma e verranno addestrati al loro impiego.

Per quanto concerne l’invio delle batterie missilistiche in Turchia è giunta la conferma sulla data: un primo lotto di S-400 – si parla di un sistema completo di tutte le sue componenti – verrà caricato su due velivoli che decolleranno da una base militare russa nel corso della prossima settimana.

In precedenza, un portavoce del presidente Erdoğan aveva reso noto che le autorità turche stavano ancora esaminando i diversi siti dove le batterie missilistiche verranno schierate. Se in un primo momento l’intenzione era quella di porre gli S-400 a difesa della capitale, poi ragioni di buon senso hanno portato i vertici civili e militari turchi a considerare l’ipotesi di un loro schieramento in Qatar o in Azerbaigian allo scopo di non alimentare la tensione nei rapporti bilaterali con gli americani.

Nonostante le personali aperture di Trump al G20 di Osaka gli Usa continuano a perseguire la medesima politica di sanzioni a danno della Turchia – per il momento soltanto minacciate – in forza del Countering America’s Adversaries Through Sanctions Act (CAATSA), confermando nell’eventualità di una perseveranza di Ankara su questa strada la decadenza turca dal programma per il nuovo velivolo da combattimento F-35.

Sarebbe un duro colpo per i turchi, che nel gigantesco e costoso programma di sviluppo hanno finora investito oltre un miliardo di dollari nell’attesa di partecipare alla produzione diverse componenti della macchina.

Per il momento i primi quattro F-35 con la coccarda recante la mezzaluna bianca in campo rosso rimangono bloccati all’interno di un base aerea dell’US Air Force, mentre ai piloti turchi destinati al velivolo non viene permesso di addestrarsi a bordo di esso.

L’acquisizione turca dello strategico S-400 sta ponendo seriamente in discussione l’esclusività del rapporto tra Ankara e Washington, poiché le batterie missilistiche prodotte in Russia non potrebbero coesistere all’interno dello stesso sistema difensivo in quanto, una volta attivate, a Mosca si perverrebbe a conoscenza di informazioni sensibili sugli F-35 e i radar americani.

A questo si pongono però seri dubbi riguardo a un eventuale mantenimento in stallo degli S-400? È seriamente esplorabile l’ipotesi di un “parcheggio” delle batterie in Qatar o in Azerbaigian dopo la loro consegna alle forze armate turche?

In effetti appare irrazionale l’acquisto di materiali di armamento del costo di miliardi che poi non verrebbero utilizzati. In ogni caso Washington sembrerebbe decisa a imporre le sue sanzioni alla Turchia già al momento della consegna di missili e non se e quando questi dovessero venire attivati.

Un precedente simile – ma non del tutto – si rinviene nella questione che investì Cipro nel 1997, che per altro vide protagonista proprio la Turchia.

Allora Nicosia (greco-ciprioti) si vide costretta ad abbandonare il suo programma di installazione sull’isola di due batterie missilistiche S-300 acquistati dalla Russia. Ankara si sentiva eccessivamente minacciata e quindi reagì duramente, con il risultato che, a seguito del raggiungimento di un accordo relativo a una loro non attivazione, le batterie di S-300 vennero ridislocate in territorio greco, sull’isola di Creta.

Inoltre, va considerato anche che la Turchia da qualche tempo ha instaurato una partnership sempre più stretta con la Russia, anche in campo militare, sia nel settore dell’approvvigionamento di materiali d’armamento, che di strategie comuni in teatri di crisi come quello siriano o di intervento a garanzie della sicurezza delle vie di navigazione marittime e dell’approvvigionamento energetico nelle acque del Mar Nero, Mare Egeo e Mediterraneo orientale.

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