BALCANI, Cossovo. Nuovo innalzamento della tensione

Il “botta e risposta” sul piano politico e diplomatico rischia di sfuggire di mano ai dirigenti di Pristina. Dopo l’embargo sui prodotti serbi e bosniaci ora gli arresti dei poliziotti serbo-kosovari. Spari a Zubin Potok e barricate a Mitrovica. Questo mentre il comando di Kfor è nelle mani degli italiani

Diviene nuovamente alta la tensione in Cossovo. Nelle prime ore della mattinata di ieri due cittadini di etnia serba della municipalità di Zubin Potok sono rimasti leggermente feriti nel corso di una sparatoria contro le forze speciali del governo di Pristina.

Gli incidenti, in quella che è una delle principali municipalità nella parte settentrionale dell’autoproclamata Repubblica a maggioranza albanese (non riconosciuta dalla Serbia), sono esplosi a seguito degli arresti di tredici tra civili e agenti di polizia di etnia serba, bosgnacca e albanese, effettuati martedì in quattro municipalità a maggioranza serba a opera di elementi del ROSU, le forze speciali della sicurezza kosovara.

L’azione ha generato forti tensioni con la Serbia e la Russia, coinvolta, quest’ultima, a causa dell’arresto di un proprio diplomatico, Mikhail Krasnoshchekov, assegnato alla missione Onu Unmik.

Se la maxi retata è stata annunciata mentre era in corso direttamente dal premier cossovaro Ramush Haradinaj (ex Uçk), la notizia dello scambio di colpi di arma da fuoco tra poliziotti del governo di Pristina e abitanti del luogo è stata invece diffusa dagli organi di stampa di Belgrado.

Da Pristina Haradinaj ha cercato di chiarire che si è trattato di un’operazione volta a colpire contrabbando e criminalità organizzata, diretta in particolare nei confronti di poliziotti e doganieri.

Egli ha invitato i serbi a «preservare la pace e a rispettare la legge, poiché – ha dichiarato tramite il suo profilo Facebook ufficiale – l’azione della polizia è contro le persone coinvolte nel traffico illegale, nella criminalità organizzata e in altri crimini».

Nell’enclave serba del nord la polizia cossovara ha incontrato resistenze da parte della popolazione. Da Pristina si afferma che gli agenti sarebbero stati costretti a usare i mezzi necessari (blindati) per sbloccare la strada condurre a termine l’operazione, e che per fare questo, però, hanno dovuto arrestare diverse persone.

Tuttavia, in serata ancora non era stato reso noto con precisione il numero degli arrestati. Il procuratore di giustizia che lavora al caso, Syle Hoxha, ha detto alla piattaforma Online Kallxo che tra di esse c’è anche il comandante della polizia di Zubin Potok, municipalità del distretto di Kosovska Mitrovica.

Tra di esse anche due membri di Unmik, la missione Onu in Cossovo (uno di loro è il diplomatico russo Krasnoshchekov), che – secondo i media serbi – sarebbero stati picchiati dai poliziotti albanesi.

L’Onu ha riferito di seguire con grande preoccupazione gli sviluppi nel nord del Cossovo, incluso quello relativo all’arresto di due elementi del proprio staff «nell’esercizio delle proprie funzioni che – si legge nella nota -, sono stati ricoverati in ospedale».

Mosca ovviamente si è fatta sentire, protestando e chiedendo l’intervento delle Nazioni unite al fine di ottenere il rilascio del proprio diplomatico, il cui arresto ha definito un «atto oltraggioso».

Ad alimentare la tensione ha poi contribuito la decisione assunta in giornata a Belgrado dal presidente Aleksandr Vučić di porre in stato di all’erta le forze armate della Serbia e i reparti speciali del ministero dell’interno, convocando al contempo il consiglio di sicurezza nazionale. «Il punto dell’intera operazione è spaventare i serbi», ha poi dichiarato.

Nel corso della giornata, lo stesso Vučić, rivolgendosi ai parlamentari del suo paese aveva sottolineato la necessità di «smettere di ingannare» i serbi e ammettere la perdita del controllo sulla ex provincia autonoma di Kosovo i Metohija.

Egli si è inoltre detto favorevole a un miglioramento dei rapporti con Pristina, affermando tuttavia che «nei prossimi giorni o mesi ci si può aspettare azioni violente da parte degli albanesi».

Nella serata di ieri la tensione permaneva elevata e si temono ulteriori scontri.

In Kosovo è presente ancora la Nato con la forza multinazionale di pace Kfor (Kosovo Force), che, seppure in tutti questi anni di attività sia stata ridotta nella sua consistenza, resta comunque operativa.

Un suo portavoce ha esortato le parti alla calma, sottolineando come quella condotta dalla polizia di Pristina non sia stata altro che un’operazione di sicurezza.

Di Kfor, dispositivo militare attualmente comandato da un generale italiano, fa parte anche un contingente di truppe inviato da Roma.

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