ESTERI. Dazi e tagli alle tasse fanno correre l’economia Usa

I fondamentali economici positivi e i numerosi candidati alla primarie democratiche rilanciano Trump. Il presidente può così puntare ad allargare il bacino del proprio consenso

La corsa dei 23 candidati democratici alla Casa Bianca – l’ultimo iscritto è il sindaco di New York, Bill De Blasio – si annuncia tutta in salita. Soprattutto, se costoro continueranno a sottovalutare i risultati ottenuti dall’amministrazione Trump in campo economico.
I DAZI COME ELEMENTO DI ROTTURA
I dazi – ad esempio – si sono rivelati un elemento di rottura che ha consentito di reimpostare le relazioni economiche in modo positivo. Intese commerciali sono state stipulate con Canada, Corea del Sud e Messico. Mentre – al momento – risulta più aspro il negoziato con la Cina.
L’assunto di base è quello di contrastare il rallentamento della crescita internazionale ridando slancio alle politiche nazionali. Ciò vale anche per la Cina e per tutti quei Paesi, chiamati a realizzare cambiamenti strutturali per assicurare una prosperità più inclusiva a quei segmenti di società che non godono di tutele e di welfare.
FONDAMENTALI ECONOMICI POSITIVI
Trump può rivendicare i numeri positivi dell’economia interna. Nel primo trimestre 2019 il Pil è cresciuto del 3,2%. La disoccupazione è al 3,6%, il dato più basso da 50 anni. Il salario orario medio su base annua è aumentato del 3,2%.
L’inflazione rimane contenuta sotto il 2% e milioni di americani beneficiano della positiva congiuntura economica. Le imprese e i cittadini pagano meno tasse. Le aliquote individuali – negli Usa già basse – sono diminuite, in media, del 2,3%.
IL TAGLIO DELLE TASSE VALE UN PUNTO DI PIL
La riforma fiscale approvata lo scorso dicembre – con l’opposizione di tutto il partito democratico – prevede il taglio di 1500 miliardi di dollari di tasse in dieci anni e si sta rivelando un fattore determinante della ripresa economica per imprese e cittadini.
I tagli fiscali alimentano la crescita del Pil di un punto percentuale. Dal 2011 al 2017, infatti, la percentuale media di crescita statunitense è stata pari al 2%. Il punto percentuale in più del 2019, è il beneficio ricavato dal taglio delle tasse.
TRUMP PUNTA AD ALLARGARE IL CONSENSO
Diversi analisti economici prevedono che nel lungo periodo la manovra perderà slancio provocando un brusco e negativo cambio di scenario. Intanto, gli sgravi fiscali stanno aiutando il ceto medio a recuperare il proprio potere di acquisto.
La strategia di Trump è chiara: tenersi stretta la base elettorale che lo ha fatto vincere nel 2016 e sfruttare i successi economici per allargare l’area dei consensi necessaria a rivincere le presidenziali nel 2020.
Scampato al “Russiangate” e all’impeachment, Trump osserva divertito il campo dei suoi concorrenti democratici, che è il più vasto di sempre. La sua America, forse, non è ancora tornata grande, ma il numero dei suoi sfidanti lo è certamente.

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