LIBIA, Italia. Governo, presidente Conte riferisce al Parlamento: «Non esiste soluzione militare alla questione libica»

Ribadita la linea della trattativa per una riconciliazione nazionale, tuttavia le condizioni permangono ostative. Critiche delle opposizioni: Italia mai isolata come oggi a livello internazionale

Situazione incerta in Libia, sono alterne vicende sul piano militare. La missione USMIL delle Nazioni unite segnala il probabile aggravamento della situazione nelle prossime ore, in concomitanza con lo sforzo militare delle truppe del generale Khalifa Haftar per conquistare Tripoli.

È infatti concreto – ha proseguito il Presidente del Consiglio dei ministri – il rischio di una crisi umanitaria con il contestuale incremento dei flussi migratori verso l’Italia.

Lo stesso segretario generale dell’Onu Guterres – ha aggiunto Conte – si è detto personalmente frustrato a causa del rinvio della prevista conferenza di riconciliazione nazionale, dichiarandosi pronto a impegnarsi nuovamente per riconvocarla al più presto, non appena le condizioni lo renderanno possibile, questo perché «la ricerca di una soluzione di natura politica rimane l’unica strada».

Nella recente dichiarazione congiunta sulla Libia emessa dai ministri degli Esteri del G7 si è affermato che non esiste soluzione militare al conflitto libico e che è necessario rinvenire una soluzione allo stallo politico per giungere a elezioni nel Paese nordafricano. Viene rinnovato, dunque, l’appello rivolto ai libici affinché «sostengano il processo onusiano volto alla stabilizzazione»

Conte ha chiesto il cessate il fuoco, l’integrità della capitale della Libia e la distensione sul resto del suo territorio. Il Presidente del Consiglio ha inoltre affermato di permanere in contatto sia con al-Serraj che con Haftar (di quest’ultimo moral suasion lunedì scorso ha ricevuto gli emissari, esercitando «un’azione di onde trovare spazi di intesa politica e riportare le parti al tavolo negoziale».

Ma la richiesta di un cessate il fuoco temporaneo a sud di Tripoli è stata respinta. Tuttavia «l’ambasciata italiana a Tripoli rimane operativa e il personale diplomatico non è stato evacuato, anche gli interessi italiani vengono tutelati».

Conte ha quindi fatto cenno alle manovre in Libia di potenze europee alleate dell’Italia – senza indicare apertamente l’Eliseo -, affermando che «la crisi è il frutto di debolezze strutturali endogene e anche, però, di influenze esterne».

Sono in atto inoltre pericolosi sviluppi in Algeria e nel quadrante mediorientale, «il governo italiano è impegnato in missioni diplomatiche tese al rafforzamento del dialogo con i principali stake holder internazionali e i maggiori attori in Libia». Conte ha incluso gli Usa: «Pompeo in un comunicato ha espresso preoccupazione per l’offensiva di Haftar. Dunque è urgente il confronto politico e una chiara e forte coesione internazionale in suo sostegno».

Egli ha poi aggiunto che «la tempistica degli scontri induce a pensare che processo politico avviato sia sulla strada giusta, dunque va recuperato, dato che non ci sono interessi economici o geopolitici che possano giustificare il rischio di un conflitto e di una guerra civile. Il piano da seguire è quello Onu, che punta alle elezioni in tempi rapidi».

Tra le repliche al capo del Governo quella dell’onorevole Paolo Gentiloni Silveri, che nel recente passato ha ricoperto le cariche di Ministro degli Affari Esteri e di Presidente del Consiglio dei ministri. «La questione è di importanza cruciale per il nostro Paese – ha affermato il parlamentare del Pd -, si tratta di una grande priorità, poiché esiste il rischio di una catastrofe umanitaria».  Gentiloni ha poi aggiunto quali potrebbero essere le conseguenze di una recrudescenza del conflitto: Tripoli, città di oltre due milioni di abitanti, verrebbe investita da una guerra casa per casa; i confini con la Tunisia diverrebbero ancor più permeabili, con la possibilità per i terroristi islamisti di attraversare con maggiore facilità il confine; infine gli interessi energetici italiani in Libia e quelli relativi ai flussi migratori.  «L’intesa che raggiunsi con al-Serraj nel 2017 – ha concluso Gentiloni – permise una drastica riduzione dei flussi di migranti verso l’Italia», ma la guerra genererebbe conseguenze molto serie sui flussi, poiché si moltiplicherebbero gli aventi diritto ad asilo per ragioni umanitarie. «L’interesse nazionale – ha concluso Gentiloni – in questo momento si difende in Libia, non eccitando gli animi a Casalbruciato o incontrando i gilet gialli a Parigi. Dopo due o tre anni di equilibrio ora la situazione si sta sgretolando, tuttavia è ancora possibile fermare il disastro. L’italia non deve avallare la guerra di Haftar, né in pubblico né dietro le quinte, però può recuperare un ruolo all’Onu e recuperare la collaborazione degli Usa, poiché senza Washington non si può svolgere un ruolo. In secondo luogo abbiamo bisogno dell’Unione europea per costruire una cornice comune dove i diversi interessi nazionali possano venire racchiusi lì e composti. Infine dobbiamo rassicurare i nostri vicini, perché di una guerra per procura la vittima sarebbe solo il popolo libico. Non siamo mai stati così isolati in Europa e nel Mediterraneo, bisogna cambiare rotta finché si è in tempo».

di Giovanni Parrella

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