IMMOBILIARE, affitti brevi. Ipotesi cedolare al 26%: per AIGAB «è un autogol dello Stato che colpisce la classe media e fa meno gettito»

Ad avviso dell’Associazione italiana gestori affitti brevi «si tratta di una misura che, se confermata, andrebbe a colpire proprio quella classe media che il Governo dice di voler supportare nella capacità di spesa mettendo le mani nelle tasche dei proprietari italiani»

Forse non è ancora chiaro a chi immagina queste norme che per, lo Stato, gli affitti brevi valgono 11 miliardi di euro in termini di prenotazioni dirette, circa altri 44 miliardi di indotto per un totale di circa 57 miliardi di Pil (prodotto interno lordo), calcolando anche quanto attivato da ristrutturazioni, arredi e manutenzioni.

BASTA CON LE GESTIONI OPACHE

Per i cittadini gli affitti brevi sono uno strumento per arrotondare e integrare il proprio reddito nel pieno rispetto della legalità e incassare a fine mese un’entrata preziosa senza perdere la disponibilità del proprio immobile visto che quando si parla di rischio morosità si parla di un tasso insolvenza del 24 per cento. Il 96% delle case messe a reddito in Italia con gli affitti brevi appartiene a proprietari singoli; parliamo di circa 600.000 famiglie che contano sulla messa a reddito di un immobile ereditato o su cui hanno investito con l’obiettivo di procurarsi, legittimamente, un’entrata integrativa. Lo spirito della cedolare secca è rendere conveniente e semplice pagare le tasse ma un incremento dal 21 al 26% avrebbe come unico effetto quello di spingere i proprietari verso gestioni opache per non dire espressamente verso il sommerso. Per fare cassa in maniera etica e contrastare l’evasione, il Governo dovrebbe piuttosto concentrarsi sulla rapida attuazione di una banca dati nazionale incrociando automaticamente e in tempo reale dati già oggi più che noti all’Agenzia delle Entrate.

LA RENDITA NETTA SCREMATA DA SPESE E TASSE

Attualmente per un proprietario la rendita netta tramite gli affitti brevi equivale al 35% dell’incasso, dal cui totale complessivo deve infatti stornare cedolare secca (21%), costi per le utenze (circa 3.000 tra elettricità, gas, wi-fi, TaRi, TaSi, Imu), costi delle pulizie (10% degli incassi), costi dei portali online (20% degli incassi). Va da sé che innalzando al 26% la cedolare secca lo Stato vedrà come conseguenza un minor gettito perchè ai proprietari converrà affittare per meno giorni e magari in nero piuttosto che investire in una gestione complessa come quella online per lasciare una percentuale così alta al fisco. Davvero non riusciamo a comprendere perché il Governo voglia spendere 14 miliardi per ridurre il cuneo fiscale per poi aumentare le tasse alle stesse famiglie che, per arrotondare, affittano la seconda casa. E non riusciamo a capire perché chi affitta con un normale contratto 4+4 continuerebbe a pagare il 21 per cento».

IL SETTORE IN CIFRE

Dati a cura del Centro studi Associazione italiana gestori affitti brevi (AIGAB). Il numero complessivo delle case esistenti in Italia è pari a 35 milioni (abitazioni residenziali) (fonte: ISTAT, marzo 2023), mentre il numero delle cosiddette «seconde case non utilizzate» è 9,5 milioni (sempre abitazioni residenziali) (fonte: ISTAT, marzo 2023), di queste ultime quelle attualmente a reddito con affitti brevi sono 632.000; si tratta delle case per le quali è stato pubblicato un annuncio online, una quota pari all’1,8% delle case esistenti in Italia e al 6,6% delle seconde case inutilizzate, immobili che sono situati per lo più in località di campagna o marine, oppure nei borghi, mentre nelle grandi città a rimanere vuoto è circa il 15% degli immobili esistenti. La capacità complessiva delle case messe a reddito in Italia mediante il ricorso alla formula degli affitti brevi è dunque di 2,5 milioni di posti letto, cioè circa la metà dei posti letto nazionali.

GENERARE REDDITO E LAVORO

Di chi sono le case messe a reddito in Italia con gli affitti brevi e da chi vengono gestite? Circa il 96% delle case online appartiene a proprietari singoli, il 25% è gestito da operatori professionali (o property manager, figura non ancora riconosciuta e priva di specifico codice ATECO) per conto dei proprietari; complessivamente i gestori, professionali e non, sono circa 30.000. Il numero di famiglie italiane che hanno entrata integrativa grazie ad affitti brevi sono circa 600.000 mentre ammontano a 30.000 gli imprenditori e a 150.000 i dipendenti diretti che si occupano di prenotazioni, gestione tariffe, accoglienza, manutenzioni e pulizie, oltre ad un importante indotto in termini di investimenti per ristrutturazioni e home staging (imprese di costruzioni, architetti, fornitori di arredi, eccetera).

AIGAB

L’Associazione italiana gestori affitti brevi (AIGAB), si è costituita nell’ottobre 2020 su impulso degli amministratori delegati delle principali imprese italiane che operano sul mercato del turismo professionale in appartamento, i cosiddetti «affitti brevi». fanno parte del board Marco Celani (amministratore delegato di Italianway e presidente di AIGAB), Michele Ridolfo (amministratore delegato di Wonderful Italy e vicepresidente di AIGAB), Francesco Zorgno (CEO CleanBnB), William Maggio (presidente di DoveVivo) e Rocco Lomazzi con Sweetguest (tutti consiglieri di AIGAB). AIGAB rappresenta 220 operatori professionali del settore, società con migliaia di dipendenti, 25.000 case in gestione in tutta Italia e 300 milioni di euro di prodotto interno lordo prodotto per il Paese.

www.aigab.it

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