CRIMINALITÀ, stragi mafiose del 1993. Mantenere viva la memoria storica: a 30 anni dagli attentati fiaccolata a Roma

Venerdì 28 luglio, quattro minuti dopo mezzanotte, il corteo muoverà da San Giovanni in Laterano in direzione di San Giorgio al Velabro. L’iniziativa è promossa da Libera, Roma Capitale e dalla Diocesi di Roma. Domani, accompagnato dal del prefetto Lamberto Giannini e delle altre autorità, il sindaco Gualtieri scoprirà una targa commemorativa in via del Velabro, presso la chiesa colpita dalla bomba dei terroristi

Una fiaccolata per non dimenticare, di memoria e impegno nel trentesimo anniversario di quegli oscuri attentati mafiosi alle chiese di San Giovanni in Laterano e San Giorgio in Velabro, che vennero colpite dagli ordigni esplosivi nella notte tra il 27 e il 28 luglio del 1993.

MANTENERE VIVA LA MEMORIA

L’iniziativa è stata promossa da Libera, Roma Capitale, dalla Diocesi di Roma in collaborazione con l’associazionismo, sindacati, studenti e le forze sociali e istituzionali, tra le quali Acli, Agesci, Comunità di Sant’Egidio, Azione Cattolica, Arci, Cngei, Legambiente, Cgil e Uil. Essa prevede l’appuntamento per coloro i quali vorranno parteciparvi alla sera di venerdì 28 luglio, quattro  minuti dopo la mezzanotte, quando il corteo muoverà da San Giovanni in Laterano in direzione di San Giorgio al Velabro Già domani, alle ore 08:40, sempre in occasione del trentesimo anniversario degli attentati alle due chiese, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, accompagnato dal del prefetto Lamberto Giannini e delle altre autorità, interverrà in via del Velabro alla cerimonia di scoprimento di una targa commemorativa.

DUE ATTENTATI IN QUATTRO MINUTI

La notte del 28 luglio 1993 la mafia colpì nel cuore di Roma con due attentati che causarono ventitré feriti e danni ingenti al patrimonio storico. Quattro minuti dopo mezzanotte un’autobomba parcheggiata all’angolo tra il Palazzo lateranense e la testata del transetto della basilica di San Giovanni, venne fatta esplodere seminando distruzione e rovina. La potente deflagrazione interessò il palazzo d’abitazione annesso alla Basilica, il Battistero di San Giovanni in Fonte, la Canonica capitolare, alcuni palazzi annessi all’Università lateranense e il vicino Ospedale San Giovanni. A quattro minuti di distanza dal primo attentato una seconda autobomba esplose davanti alla facciata della chiesa di San Giorgio in Velabro, provocando ingenti danni che causarono la chiusura della chiesa per tre anni. Si trattò di un attacco allo Stato concepito nel quadro di una strategia criminale propria di quella instabile fase di transizione attraversata dal Paese, un piano preordinato alla destabilizzazione del funzionamento delle Istituzioni democratiche e della vita civile.

ROMA NON DIMENTICA

Nelle intenzioni dei suoi promotori, l’iniziativa del prossimo 28 luglio sarà un evento di memoria e impegno in ricordo di tutte le vittime delle mafie, un atto per ribadire che «Roma non dimentica» e per rilanciare la lotta alla mafia che uccide la speranza, semina terrore, ruba il futuro, oltreché per valorizzare l’opera di tante realtà, laiche e cattoliche, istituzionali e associative, impegnate per il bene comune, la dignità e la libertà delle persone. Ad avviso del cardinale Angelo De Donatis, vicario generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma, «il fenomeno mafioso, quale espressione di una cultura di morte, deve essere decisamente contrastato affermando il rispetto per la Res Publica attraverso i principi della legalità. Esso è in aperto contrasto con il Vangelo della Vita di cui i discepoli di Cristo devono essere per vocazione testimoni».

BOMBE CONTRO

«Quegli attentati – afferma don Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera – furono la risposta di Cosa Nostra a una Chiesa che non taceva di fronte alle ingiustizie e alle violenze mafiose. Una Chiesa che in molte sue espressioni ha risposto positivamente in questi anni alle minacce e intimidazioni, mettendosi in gioco. E, tuttavia, permangono certi eccessi di prudenza, certe rigidità. Ecco allora la necessità di continuare a saldare Cielo e Terra, dimensione spirituale e impegno sociale, denunciando con parole e fatti conseguenti non solo le mafie ma tutte le forme di mafiosità che spianano la strada al potere mafioso. È l’impegno a cui richiama Papa Francesco».

COMMISTIONI TRA CRIMINE E SISTEMA ECONOMICO

Prosegue don Ciotti: «Un Papa che di fronte ai famigliari delle vittime ha chiesto in ginocchio ai mafiosi di convertirsi, poi ha denunciato la mafia come “adorazione del male” e scomunicato i suoi membri e complici. Ma che non manca di sottolineare le ingiustizie legalizzate, l’evidente commistione tra le logiche criminali e quelle di un sistema economico che in nome del profitto riduce in povertà milioni di persone. I gesti e le parole del Papa, il suo sottolineare l’incompatibilità fra mafia e Vangelo sono di grande incoraggiamento per quelle realtà di Chiesa che vivono il Vangelo con la necessaria radicalità e s’impegnano, anche in contesti difficili, per affermare la dignità e la libertà delle persone. Segni di un fermento che spero si moltiplichi e metta radici, lasciando definitivamente alle spalle le ombre, le sottovalutazioni, i silenzi e anche le complicità che hanno caratterizzato a volte l’atteggiamento della Chiesa nei riguardi delle mafie».

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