TERRORISMO, stragi e strategia della tensione. 1973: l’estate del golpe

Nell’ultimo saggio della giornalista Stefania Limiti l’analisi dello scenario protrattosi dalla fine degli anni Sessanta alla metà degli anni Novanta parte dalla strage alla questura di Milano compiuta dal sedicente anarchico Gianfranco Bertoli. La registrazione integrale del dibattito che ha avuto luogo ieri a Roma nel corso della presentazione del volume ieri è disponibile su insidertrend.it (A540)

L’uomo un poco trasandato che ha fatto ingresso nel bar è visibilmente emozionato. Ordina un cognac. Poi, resosi conto che in via Fatebenefratelli è sopraggiunto un corteo di macchine e che queste hanno arrestato la loro marcia proprio di fronte all’ingresso della questura di Milano, esce precipitosamente dal locale pubblico. Corre in direzione dell’assembramento di persone che nel frattempo in quel luogo si era formato e, improvvisamente, estrae dalla tasca una bomba a mano e la scaglia contro di esso. Quel gesto criminale provoca quattro morti, mentre l’uomo viene immediatamente arrestato.

MILANO, VIA FATEBENEFRATELLI: 17 MAGGIO 1973

Si tratta di Gianfranco Bertoli, sedicente anarchico ormai semialcolizzato che, recitando stentatamente fino in fondo la sua parte, dichiarerà in seguito di essere «un’individualista» che avrebbe voluto colpire il ministro dell’Interno Mariano Rumor. L’azione era tuttavia fallita, poiché l’attentatore, ritenendo che la cerimonia di commemorazione del primo anniversario dall’omicidio del commissario Luigi Calabresi si sarebbe protratta più a lungo, aveva ritenuto di andare a bere qualcosa per tirarsi su e cercare di attenuare il proprio stato di tensione. Poi il resto della tragica dinamica: il debole e impreciso lancio dell’arma sussidiaria che rotola ad alcuni metri dal portone della questura ed esplode provocando la strage.

GIANFRANCO BERTOLI E I SUOI MANDANTI

Bertoli è stato uno strano e oscuro personaggio, probabilmente tanto tormentato quanto pericoloso, strumentalizzabile con relativa facilità. Di lui si è scritto e detto molto: infiltrato dai servizi segreti militari all’interno delle sezioni veneziane del Partito comunista, espatriato e rimpatriato più volte grazie alla disponibilità di documenti falsi fornitigli col beneplacito di settori delle strutture poliziesche e dei servizi segreti italiani. Bertoli venne istruito e preparato all’attentato alla questura da elementi apicali della cellula ordinovista veneta, che per farlo, date anche le caratteristiche del personaggio, ricorsero a tecniche che per certi aspetti riportano a quelle impiegate dai controllori degli attentatori suicidi islamisti di oggi.

PERCHÉ UCCIDERE RUMOR?

Già, perché Bertoli i giorni che precedettero l’attentato stragista venne segregato in un appartamento di Verona e controllato a vista affinché non si mettesse nei guai, mandando così all’aria tutta l’operazione e provocando lo smantellamento della struttura terroristica fino, magari, ai suoi mandanti. Ma, quale era la ragione alla base della spettacolare eliminazione fisica di un ministro della Repubblica di tale importanza, personalità politica di spicco della Democrazia cristiana, partito cardine di uno Stato incastonato dalla Conferenza di Yalta nell’orbita americana? Egli davvero agì, come ebbe a dichiarare, «per vendicare il compagno Giuseppe Pinelli», oppure attraverso la sua mano assassina qualcuno volle regolare i conti con Rumor facendogli pagare la sua mancata dichiarazione dello stato di emergenza all’indomani di un’altra strage, quella di piazza Fontana del 1969, fatto che avrebbe aperto a una svolta autoritaria in Italia?

L’ESTATE DEL GOLPE

Si tratta di un passaggio di importanza fondamentale nell’analisi delle successive dinamiche che ebbero luogo nel Paese, quella lunga fase che viene comunemente definita come strategia della tensione. È anche il punto di partenza della profonda riflessione di Stefania Limiti, giornalista e saggista che dei fenomeni eversivi e sovversivi italiani si occupa da anni con meticolosità e pervicacia, riflessione condensata nel suo ultimo volume edito per i tipi di Chiarelettere, “L’Estate del golpe: 1973, l’attentato a Mariano Rumor, Gladio, i fascisti. Tra piazza Fontana eil compromesso storico”. Il saggio della Limiti è stato presentato ieri a Roma presso la Libreria Libraccio nel corso di un dibattito che ha visto la partecipazione, oltre all’autrice, del giornalista Antonio Padellaro, della documentarista della Camera dei Deputati e, dal 1981 al 1988, della responsabile dell’archivio della Commissione parlamentare di inchiesta sulla loggia massonica P2 e diretta collaboratrice di Tina Anselmi, Piera Amendola, e del senatore Roberto Scarpinato, già Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Palermo.

L’ULTIMO ANELLO DI UNA CATENA GOLPISTA

Ad avviso dell’autrice, Bertoli in realtà è stato l’ultimo anello di una catena golpista che ha opera sottotraccia per anni perseguendo un disegno ben preciso: la deriva autoritaria del Paese. Quando il sedicente anarchico compie l’attentato in Italia la Democrazia Cristiana, partito di maggioranza relativa, vive una drammatica fase di esaurimento della spinta centrista che aveva caratterizzato non a fatica la sua esistenza. All’inizio degli anni Settanta è come un pendolo che oscilla tra destra e sinistra, oscillazioni che subisce sulla sua pelle, in quanto formazione politica di riferimento dei cattolici e dei moderati che, finita l’esperienza di De Gasperi, vide accentuarsi sempre più la sua struttura correntizia in un contesto che non avrebbe mai tollerato un capo assoluto al vertice.

PURCHÉ TUTTO PERMANGA CRISTALLIZZATO

Rumor è un elemento cardine di questo partito, che tuttavia rappresenta iconograficamente l’incertezza, sia al proprio interno che all’esterno, Washington inclusa. Ma, l’insicurezza genera paura, anche in chi vorrebbe mantenere cristallizzata la situazione politica nel Paese, dunque, a ogni ventilato possibile cenno a soluzioni riformiste, progressiste, insomma, dapprima il centro-sinistra poi il compromesso storico, ecco puntualmente il verificarsi di avvenimenti cruenti che, terrorizzando l’opinione pubblica, pongono le basi per l’esplorazione di ipotesi muscolari, come appunto il colpo di Stato. Tuttavia, Stefania Limiti sottolinea come, a un certo punto di questa travagliata storia, non necessariamente e non soltanto siano componenti delle Forze armate, spezzoni deviati dei servizi segreti e massoneria a intervenire per ristabilire la solidità del sistema di potere, poiché dopo la fine della contrapposizione dei blocchi, con la fine dell’Unione sovietica, le stragi commesse in Italia riverranno una matrice in parte diversa, o meglio, vedranno un coinvolgimento operativo maggiore delle mafie. Questo almeno fino agli eventi dei primi anni Novanta.

INFO

titolo: L’estate del Golpe

autrice: Stefania Limiti

editore: Chiarelettere

pagine: 304

ISBN – 10: 8832965968

ISBN – 13: 978-8832965964

ascolta di seguito la registrazione audio integrale del dibattito di presentazione del libro di Stefaina Limiti “L’Estate del golpe: 1973, l’attentato a Mariano Rumor, Gladio, i Fascisti. Tra piazza Fontana eil compromesso storico” (A540)

A540 – ZONE GRIGIE, TERRORISMO E STRATEGIA DELLA TENSIONE: L’ESTATE DEL GOLPE. Nell’ultimo saggio della giornalista Stefania Limiti l’analisi dello scenario protrattosi dalla fine degli anni Sessanta alla metà degli anni Novanta parte dalla strage alla questura di Milano compiuta dal sedicente anarchico Gianfranco Bertoli.
Al dibattito di presentazione del volume, che ha avuto luogo a Roma mercoledì 7 giugno 2023 presso la Libreria Libraccio, hanno preso parte l’autrice STEFANIA LIMITI, il giornalista ANTONIO PADELLARO, la documentarista della Camera dei Deputati e, dal 1981 al 1988, responsabile dell’archivio della Commissione parlamentare di inchiesta sulla loggia massonica P2, nonché diretta collaboratrice di Tina Anselmi, PIERA AMENDOLA, e il senatore ROBERTO SCARPINATO, già Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Palermo.
Bertoli nei giorni che precedettero l’attentato stragista venne segregato dai suoi mandanti in un appartamento di Verona, controllato a vista affinché non si mettesse nei guai mandando così all’aria l’operazione e provocando lo smantellamento della struttura terroristica. Ma, quale era la ragione alla base della spettacolare eliminazione fisica di un ministro della Repubblica di tale importanza, personalità politica di spicco della Democrazia cristiana, partito cardine di uno Stato incastonato dalla Conferenza di Yalta nell’orbita americana? Egli davvero agì, come ebbe a dichiarare, «per vendicare il compagno Giuseppe Pinelli», oppure attraverso la sua mano assassina qualcuno volle regolare i conti con Rumor facendogli pagare la sua mancata dichiarazione dello stato di emergenza all’indomani di un’altra strage, quella di piazza Fontana del 1969, fatto che avrebbe aperto a una svolta autoritaria in Italia?
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