INFRASTRUTTURE, riforma dei porti. I sindacati chiedono che il Governo avvii un confronto preventivo con parti le sociali

Ad avviso di Uiltrasporti «la natura giuridica delle autorità di sistema non deve venire toccata». Le preoccupazioni espresse riguardo al futuro della natura pubblica dei porti e al mantenimento dei livelli occupazionali

Roma, 6 Giugno 2023 – «Chiediamo che venga ripreso quanto prima il tavolo di discussione permanente sui porti, proposto ormai da mesi dal viceministro Rixi, quale luogo utile di confronto. I temi aperti riguardano gli interventi normativi su salute e sicurezza nei porti e il fondo per l’anticipo pensionistico per i lavoratori portuali, istituto ancora fermo sebbene ampiamente condiviso da parti sociali e dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti perché necessario al ricambio generazionale. Altrettanto urgente è il coinvolgimento sulla riforma dei porti che pare essere un obiettivo imminente del Governo e sul quale crediamo che debba esserci un confronto preventivo affinchè le parti sociali che hanno in questi anni contribuito alla costruzione dell’attuale disciplina che regola il lavoro nei porti attraverso il combinato disposto della legge 84/1994 e il contratto unico, debbano dare il proprio contributo».

LE PREOCCUPAZIONI ESPRESSE DAI SINDACATI

Questo il commento espresso con riferimento agli obiettivi di riforma dei porti dal segretario generale dell’organizzazione sindacale, Claudio Tarlazzi e dal segretario nazionale della medesima, Marco Odone. «Leggiamo della discussione aperta sulla governance dei porti – essi hanno quindi aggiunto -, in particolare con la mozione a firma della parlamentare di Fratelli d’Italia Maria Grazia Frija, che ci preoccupa in quanto riteniamo che, anche alla luce della situazione geopolitica che si è determinata in questi anni, la natura giuridica dei porti debba rimanere pubblica senza esplorare percorsi, come la governance pubblico-privato, che potrebbero far venir meno la terzietà delle autorità di sistema portuale, determinando degli squilibri nell’ambito della concorrenza e dello sviluppo dei traffici, favorendo grandi gruppi privati per lo più stranieri e mettendo a pregiudizio l’autonomia dello Stato con conseguenze dirette sullo sviluppo armonico dei porti e sul piano occupazionale».

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