GIUSTIZIA, magistratura e stragi mafiose. Trentuno anni fa la strage di Capaci

Nel giorno del triste anniversario il ricordo di uno dei più stretti collaboratori di Giovanni Falcone, suo fraterno amico: dottor Giuseppe Maria Ayala. Una testimonianza raccolta da Christian Cabello per “In Terris”

di Christian Cabello, pubblicato il 23 Maggio 2023 dal periodico online “In Terris, la voce degli ultimi” – https://www.interris.it/copertina/ayala-il-mio-ricordo-della-strage-di-capaci/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=giornaliera Quest’anno ricorre il trentunesimo anniversario dalla strage di Capaci in cui il 23 maggio 1992 per mano della mafia hanno perso la vita, lungo l’autostrada per Palermo, il magistrato Giovanni Falcone con la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della sua scorta. Cinquantasette giorni dopo, il 19 luglio, in un secondo attentato, in via D’Amelio, sono stati uccisi Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta. Nello stesso giorno si celebra la Giornata della Legalità per ricordare tutte le vittime della mafia. Interris.it ha intervistato il dottor Giuseppe Maria Ayala, magistrato, collega e amico di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che ha scritto alcune delle pagine più importanti e memorabili della lotta alla mafia, tra cui il maxiprocesso di Palermo che ha segnato un momento di fondamentale importanza nell’affermazione della legalità nel contrasto al fenomeno mafioso. È stato senatore e membro della Commissione Giustizia nonché sottosegretario al Ministero di Grazia e Giustizia dal 1996 al 2000.

IN TERRIS – Il 23 maggio ricorre l’anniversario della strage di Capaci: cosa ricorda di quei drammatici momenti?

GIUSEPPE MARIA AYALA – «Quel giorno mia moglie, che era rimasta a Palermo, ha manifestato il desiderio di raggiungermi a Roma e passare lì il fine settimana. Questo è il motivo per cui non mi trovavo sull’aereo e poi sulla macchina con Giovanni Falcone, come spesso accadeva. Potevo essere anche io insieme a lui, come molte altre volte. In quel momento mi trovavo a Roma, mi ha chiamato mio figlio dicendomi di accendere la televisione perché era successo qualcosa a Giovanni. Ho appreso così quello che era successo. Mi sono fiondato all’aeroporto e li è successo un episodio che ricordo con gratitudine: il personale di terra mi ha detto che l’aereo per Palermo era pieno e quindi non avrei potuto prenderlo. Dopo pochi minuti, mi hanno comunicato che un passeggero mi aveva ceduto il posto. Non ho mai saputo chi fosse ma, in quel momento, mi è sembrato il più bel regalo che mi si potesse fare. Quindi, nel tardo pomeriggio, sono giunto a Palermo, la scorta mi ha portato all’Ospedale Civico e, purtroppo, sono andato nella camera mortuaria dove c’era Giovanni. Mi è venuto d’istinto di prendergli le mani e sono scoppiato a piangere. Da quel momento mi sono dovuto abituare all’idea di non avere più accanto a me il più grande amico che io abbia mai avuto nella mia vita. Tra di noi c’era un legame nato per motivi di lavoro che però era diventato fraterno. Mi chiamava il fratellino minore perché eravamo nati lo stesso giorno dello stesso mese, il 18 maggio, lui del 1939 e io nel 1945 e abbiamo festeggiato insieme dieci compleanni. Visto la forza del legame che ci ha uniti, molte volte, mi capita di dire a me stesso “se ci fosse Giovanni” e “se ne potessi parlare con Giovanni”. Lui è sempre presente nel mio cuore e nella mia mente». (…)

leggi l’intera intervista su “In Terris” https://www.interris.it/copertina/ayala-il-mio-ricordo-della-strage-di-capaci/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=giornaliera

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