IMPRESE, Italia. Chi apre e chi chiude bottega: i risultati dell’indagine della Camera di Commercio dell’Umbria

Pubblicati i risultati dell’indagine condotta dalla Camera di Commercio dell’Umbria sulla base dei dati di Infocamere-Unioncamere: in dieci anni, dal 2012 al 2022, è stato registrato un aumento delle imprese costituite da cittadini stranieri (+188.347), che tuttavia non compensano il calo di quelle degli italiani (-242.219). I dati (assoluti e percentuali) rilevati in tutte le regioni del Paese; Liguria, Toscana, Emilia Romagna, Lazio e Lombardia sono risultate essere quelle con percentuali maggiori di imprese di stranieri sul totale complessivo

In Umbria, nei comuni con più di 15.000 abitanti le densità maggiori di imprese condotte da stranieri si rilevano a Umbertide, Terni, Gualdo Tadino, Foligno e Perugia; i valori più bassi invece a Narni, Orvieto, Gubbio, Todi e Assisi. Nel decennio 2012-2022 la crescita delle attività intraprese da cittadini stranieri è stata di 2.560 unità, importante quindi, tuttavia insufficiente a compensare il calo di 3.831 unità relativo a quelle condotte da italiani. E se nel 2012 la regione vantava una percentuale di imprese di stranieri al di sopra della media nazionale, oggi ne è scesa sotto.

IL PARERE ESPRESSO DAI DIRETTI INTERESSATI

Al riguardo viene riportato il commento espresso dal presidente della Camera di Commercio dell’Umbria, Giorgio Mencaroni: «L’indagine che presentiamo permette di cogliere l’evoluzione, nel decennio 2012-2022, del tessuto imprenditoriale italiano e, ancora più in dettaglio arrivando al livello comunale, umbro, circa l’andamento della consistenza delle imprese di stranieri, ossia di quelle imprese in cui i titolari e i soci sono o esclusivamente, oppure in maniera “forte”, ovvero, in ogni caso in maniera maggioritaria persone straniere, sia comunitarie che extracomunitarie. Ne esce un quadro con molti segnali che andranno meditati e approfonditi, a cominciare dal fatto che la spinta all’imprenditorialità degli stranieri non è stata sufficiente a compensare il calo delle imprese di italiani. Questo vale sia per l’Italia che, in maniera ancora più evidente, in Umbria, dove le imprese di stranieri, se nel 2012 rappresentavano una percentuale superiore alla media nazionale, oggi invece sono sotto tale media. Uno scenario nuovo, questo della crescita di imprese di stranieri che non compensa, o almeno non compensa più, il calo di quelle di italiani, che, abituati a sentire parlare solo di crescita degli imprenditori stranieri, non era finora stato ben messo in luce. Come se una certa flessione della tendenza all’imprenditorialità che si nota da tempo tra gli italiani si cominci a manifestare, pur con numeri ancora abbondantemente in aumento, anche tra gli stranieri. E questo comporta un nuovo approccio nelle previsioni dell’evoluzione del sistema imprenditoriale del Paese e quindi dell’economia in generale. Un’indagine, quindi, che apre la strada alla necessità di ulteriori approfondimenti per cercare di cogliere al meglio le trasformazioni in atto, così da adottare eventuali correzioni di rotta, mettere in moto i provvedimenti opportuni e anche cercare di trasformare quelli che possono apparire punti di debolezza in punti di forza».

ATTIVITÀ IMPRENDITORIALI ESERCITATE DA CITTADINI STRANIERI

Nel decennio le imprese avviate e condotte da cittadini non italiani sono aumentate del 41,2%, ma tale crescita non è riuscita a compensare il calo delle imprese di italiani, poiché permane un “buco” pari a 54.872 attività. Crescono le imprese di stranieri in Italia, ossia quelle registrate nel Paese i cui titolari e i soci sono, o esclusivamente, oppure in maniera “forte”, ovvero comunque in maniera maggioritaria cittadini di altri Stati, sia parte dell’Unione europea che extracomunitari. Nel decennio dal 2012 al 2012 il tasso di imprenditorialità di stranieri in Italia (ossia la percentuale di imprese di stranieri sul totale delle imprese) è passato dal 6,3% al 10,7%, con quelle di stranieri cresciute da 457.519 a 645.866 (+188.347, apri al 41,2% in più), non riuscendo tuttavia a compensare la diminuzione delle imprese di italiani, scese nel medesimo periodo di una cifra pari a 242.219 unità (da 5.615.639 a 5.373.420), registrando così una flessione del 4,2 per cento. In altre parole, permane aperto un “buco” di 54.872 imprese. Nel dettaglio, le 645.866 imprese di stranieri al 31 dicembre 2022 sono esercitate per il loro 20,6% da cittadini comunitari e per il 70,4% da extracomunitari. Lo ha evidenziato l’indagine curata dall’Ufficio comunicazione e stampa della Camera di Commercio dell’Umbria, basata su dati Infocamere-Unioncamere, che è entrata nel dettaglio della situazione di tutte le regioni, presentando altresì un articolato focus sull’Umbria grazie ai dati relativi a tutti i comuni della regione.

L’INDAGINE DELLA CAMERA DI COMMERCIO DELL’UMBRIA

Le imprese di cittadini stranieri in tutte le regioni: in testa Liguria e Toscana, in coda Basilicata e Sardegna; la media nazionale è pari al 10,7 per cento. Al 31 dicembre 2022 la regione con la più alta percentuale di imprese di stranieri sul totale delle imprese era la Liguria (15,1%), seguita da Toscana (15%), Emilia Romagna 13,4%, Lazio (13,2%) e Lombardia (13,1%); in coda, con le percentuali più basse invece Basilicata (4%), Puglia (5,6%), Sardegna (6,1%), Sicilia (6,1%) e Molise (6,5%). Al Centro, dopo Toscana e Lazio si piazzano Umbria (10,3%) e Marche (9,2%), entrambe sotto la media nazionale del 10,7 per cento. Otto le regioni sopra la media nazionale nelle quali si concentrano le imprese esercitate da stranieri: Liguria, Toscana, Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia (13%), Piemonte (11,8%) e Veneto (11,3%). Ovviamente, se si prendono in considerazione i valori assoluti, che dipendono dalla grandezza e dalla vitalità economica di ciascuna regione, il quadro appare diverso. Per fare un esempio, in termini assoluti è la Lombardia a presentare il maggior numero di imprese di stranieri (123.567), seguita dal Lazio (80.398).

FOCUS SULL’UMBRIA

Attualmente in Umbria è riconducibile a cittadini di Stati esteri il 10,3% delle imprese (erano il 7,5% dieci anni fa), ma se nel 2012 la regione si poneva al di sopra della media nazionale, oggi ne è scesa al di sotto. Inoltre, l’incremento del numero di imprese gestite da cittadini stranieri non compensa affatto il calo di quelle degli italiani, poiché in questo caso il “buco” è pari a 1.271 unità. Nel decennio considerato, in Umbria le imprese di stranieri sono cresciute del 35,4% (meno della media nazionale, pari al +41,2%), passando da 7.222 a 9.792, con un incremento di 2.560 unità, che tuttavia non compensa il calo di 3.831 imprese di italiani (-1.271). Al 31 dicembre 2022 la percentuale delle imprese di stranieri sul totale di quelle attive in Umbria era pari al 10,3% (nel 2012 era del 7,5%). Al riguardo va notato come nel 2012 la percentuale di imprese di stranieri fosse superiore alla media nazionale (7,5% contro 6,3%), mentre nel 2022 è calata dal 10,3% al 10,7 per cento. Più nel dettaglio, è possibile osservare come delle attuali 9.792 imprese di stranieri in Umbria, il 28,1% faccia riferimento a cittadini comunitari (il dato regionale è superiore al 20,6% della media nazionale), mentre il 71,9% a extracomunitari (media nazionale pari al 79,4%).

I DATI RELATIVI AI VARI COMUNI DELLA REGIONE

Alla medesima data del 31 dicembre 2022 la densità delle imprese gestite da stranieri nel complesso dei comuni dell’Umbria vedeva il primato di Fossato di Vico e Attigliano. Tra i comuni di maggiori dimensioni, con oltre 15.000 abitanti, le percentuali più elevate sono state rilevate a Umbertide, Terni, Gualdo Tadino, Foligno e Perugia. In coda Narni, Orvieto, Todi, Gubbio e Assisi. Invece, Fossato di Vico (19%), Attigliano (18,3%), Tuoro sul Trasimeno (17,8%), Valtopina (15,2%), Parrano (14,8%) e Montegabbione (14,6%) sono i comuni nei quali sono state registrate le percentuali più elevate di imprese di stranieri sul totale complessivo. In coda i comuni di Poggiodomo (nessuna impresa di stranieri sulle 17 attive sul territorio), Monteleone di Spoleto (0,9%), Allerona (1,4%), Cascia (1,9%) e Sellano (2,7%). Il quadro diviene maggiormente significativo qualora si osservino i comuni di maggiori dimensioni, cioè quelli al di sopra dei 15.000 abitanti: in questo caso Umbertide tira la volata con 13,9 imprese di stranieri ogni cento attive nel territorio comunale, seguita dalla città di Terni (13,8%), quindi da Gualdo Tadino (13,6%), Foligno (12,5%) e Perugia (12,3%). Dietro le prime cinque, ma comunque al di sopra della media regionale del 10,3%, i comuni di Magione (11,6%), Bastia Umbra (11,4%) e Castiglione del Lago (11,1%). Quindi, al di sotto della media regionale, partendo da Corciano (10,1%), Città di Castello (9,6%), San Giustino (9,5%), Marsciano (9,4%), Spoleto (9,4%), fino ad arrivare ai cinque comuni umbri con le percentuali più basse, cioè Narni (6,3%), Orvieto (6,8%), Todi (7,2%), Gubbio (7,7%) e Assisi (8,5%). A livello provinciale non si registrano differenze sostanziali, sia a Perugia che a Terni, infatti, la percentuale di imprese gestite da stranieri è allineata al 10,3 per cento. A livello assoluto, ovviamente, le cose cambiano, risentendo della grandezza di ciascun comune. Ad esempio, il comune umbro con più imprese straniere in assoluto è il capoluogo di regione (Perugia ne conta 2.194 su 17.801 complessive), poi Terni (1.490 imprese di stranieri su 10.802 complessive).

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