CRIMINALITÀ, organizzazioni etniche. L’ultima frontiera globale della mafia cinese: il «crime as a service»

La stima relativa alle movimentazioni illegali di denaro dall’Italia verso la Cina ammonta a due miliardi di euro all’anno, mentre le complesse triangolazioni che risiedono alla base di queste operazioni, sono funzioni non soltanto delle rimesse in sé, quanto anche di fenomeni quali l'evasione fiscale e l’esportazione illegale di valuta per conto di terzi (e questo era in buona parte già noto), oltreché al servizio finanziario a beneficio della criminalità organizzata italiana e dei grandi cartelli del narcotraffico sudamericani (e questa è la novità). Se prima il modello era quello dell’hawala (si pensi alle transazioni della mafia nigeriana), adesso è quello, collaudato e sicuro, del cosiddetto «denaro volante». Un pool di investigatori della Guardia di Finanza si dedica alla materia

Si tratta di un fenomeno al quale ha recentemente fatto luce il quotidiano “la Repubblica” mediante un’inchiesta giornalistica pubblicata il 5 marzo scorso. In essa si ponevano in evidenza le articolate attività del sistema finanziario parallelo riconducibile alle potenti organizzazioni criminali cinesi operanti in territorio italiano. Innestate capillarmente, loro malgrado, nelle comunità di immigrati provenienti dalla Repubblica Popolare, in modo particolare da due sue province. Una comunità tanto laboriosa quanto chiusa all’esterno, al punto da differenziarsi a causa dell’isolamento e della scarsa integrazione dalle altre comunità di cittadini stranieri in Italia.

UN SISTEMA FINANZIARIO PARALLELO

L’articolo parlava di un «istituto di credito sommerso» avente probabili connessioni con il sistema bancario pubblico sino-popolare dominato dalle cosiddette «big five». La tesi era quella degli interessi, in parte convergenti, individuati nella penetrazione economica di Pechino nel mondo, nonché nell’afflusso nella Cina comunista di miliardi in valuta pregiata. Qualcosa che, data la sua complessità, risulta di difficile valutazione, seppure attraverso le attività investigative condotte nel recente passato ne siano stati chiariti i meccanismi di funzionamento. Tuttavia, per comprendere questi ultimi è necessario muovere dall’elemento fondamentale: la creazione di ricchezza delle comunità cinesi immigrate in Italia.

CREAZIONE DI RICCHEZZA E RIMESSE NELLA REPUBBLICA POPOLARE

La comunità cinese in Italia, all’incirca 300.000 persone in buona parte di giovane età, si caratterizza per la laboriosità e la dinamicità, ma anche per la sua chiusura in sé stessa. Negli ultimi decenni essa è stata in grado di esprimere una propria componente imprenditoriale che si è scientemente inserita sia nel tessuto commerciale del paese ospite che, aspetto importante, nell’universo dei distretti industriali. Realtà come quella di Prato risultano paradigmatiche al riguardo. Quindi, non soltanto importazione di prodotti a basso costo dalla Repubblica Popolare, ma anche ricorso a manodopera estremamente produttiva retribuita con salari minimi, che ha ridotto i costi di produzione rispetto a quelli generalmente in essere sul territorio italiano. Un combinato composto che ha reso oltremodo concorrenziali le imprese di immigrati cinesi sul mercato italiano.

ENORME DISPONIBILITÀ DI DENARO LIQUIDO

Ma (e anche questo è noto), una rilevante quota di questa produzione, valorizzata nei termini massimi possibili di valore aggiunto dalle caratteristiche culturali e sociali proprie della componente immigrata cinese, avviene “al nero”. Vasta è infatti l’economia sommersa e frequente il ricorso al meccanismo di «apri e chiudi» di partite Iva e imprese, così come le sistematiche ingenti rimesse in valuta verso la Repubblica Popolare. In questo passaggio interviene il capillare sistema di finanza parallela controllato dalle organizzazioni criminali etniche, del quale è lecito supporre che le autorità dello Stato comunista di Pechino, anche avvalendosi delle loro diramazioni periferiche (formali e informali) laddove nel mondo sono presenti cittadini emigrati o soggiornanti della Repubblica Popolare, siano per lo meno al corrente.

GRANDI TESORERIE CLANDESTINE

Organizzazioni strutturate su diversi livelli decisionali e gestionali, del quale quello emerso in superficie costituisce soltanto il primo. Si tratta delle grandi tesorerie, articolate mediante una rete di centri clandestini di raccolta distribuiti sul territorio, collettori di raccolta di masse di denaro liquido che operano in totale autonomia finanziaria e ai quali si rivolgono gli immigrati cinesi allo scopo di effettuare al di fuori del sistema bancario legale le rimesse verso il loro paese. Ma, forte dei suoi collaudati canali di trasmissione, la finanza parallela etnica ha colto ulteriori opportunità di profitto nei colletti bianchi e nella criminalità organizzata autoctona, quali la camorra e la ‘ndrangheta, universi con i quali ha iniziato a interfacciarsi. Se prima si dedicava quasi esclusivamente alla esportazione illegale di valuta all’estero per conto dei connazionali emigrati, ora si dedica alla grande criminalità economico-finanziaria e a quella del narcotraffico.

EVOLUZIONE DEL SISTEMA CRIMINALE

Ecco dunque la fase che ha assunto rilievo in questi ultimi tempi, quella caratterizzata dalle operazioni nelle modalità della compensazione e del «crime as a service», un servizio offerto a beneficio delle mafie. Nel primo caso il soggetto che deve spostare (dall’Italia o in Italia) una ingente somma di denaro liquido in violazione delle leggi anti-riciclaggio vigenti, rinviene un punto di convergenza nell’organizzazione finanziaria parallela cinese, che ha invece necessità di far pervenire del denaro in Cina (rimesse di immigrati, somme ingenti evase al fisco italiano, eccetera) al di fuori del circuito bancario legale. La somma desiderata viene inviata per mezzo di un bonifico avente quale causale un’inesistente operazione commerciale (ad esempio un acquisto dichiarato di manufatti prodotti in Cina) supportata da fatture false o da una sottofatturazione all’importazione.

LE COMPENSAZIONI

Dall’altro lato, gli emigrati cinesi che vogliono inviare al nero denaro (euro) nella Repubblica Popolare, si avvalgono della somma versata dal primo, che otterrà la somma in contanti direttamente in territorio italiano traendola dalla massa di liquidità di cui l’organizzazione finanziaria clandestina etnica dispone a seguito della raccolta dalle mani degli immigrati attraverso le proprie tesorerie, come se fosse un normale money transfer. È una pura compensazione che non prevede lo spostamento materiale del contante. Ovviamente, per il servizio l’organizzazione criminale cinese trattiene una percentuale sulla somma complessiva movimentata. Per comprendere meglio questo meccanismo torna utile un caso esemplare, a suo tempo risolto dagli investigatori italiani, che ebbe tra i protagonisti un trafficante di oro turco che aveva necessità di acquistare il metallo prezioso in Italia, aggirando le imposizioni di natura fiscale e daziaria.

L’ORO DEL TURCO E LA FILIERA CINESE CON TERMINALE A PRATO

Dati Iva e dazi elevati, il traffico illegale d’oro costituisce un’attività assai redditizia che rinviene una propria particolare filiera originaria nei diffusi esercizi cosiddetti «compro oro». Nel caso di specie, il trafficante in predicato dalla Turchia effettuò una serie di bonifici su IBAN indicatigli dall’organizzazione finanziaria parallela  cinese, che incrociò la necessità del trafficante con quelle dell’organizzazione, mandataria del trasferimento delle rimesse in contanti dall’Italia alla Repubblica Popolare. A seguito del ricevimento del bonifico effettuato dalla Turchia, l’organizzazione madre in Cina ritenne la propria percentuale quale corrispettivo del servizio prestato e dispose la consegna del denaro in contante al trafficante turco da parte dei propri terminali a Prato, in Italia. Una volta entrato nella disponibilità del denaro, il trafficante acquistò da rivenditori aretini l’oro, che successivamente contrabbandò in Turchia.

IL GRANDE BUSINESS DEL «CRIME AS A SERVICE»

Le organizzazioni criminali di rilievo attive nel redditizio business del narcotraffico non rinvengono il loro principale problema nello spostamento “fisico” dei carichi di sostanze stupefacenti, bensì nel loro pagamento. È importante sottolineare questo aspetto, poiché il traffico di droga, al pari di tutte le operazioni commerciali, consta di due fasi tra loro complementari e interagenti: la cessione del prodotto (la droga) e il corrispettivo di essa (il pagamento). Ma, una cosa è il danno derivante alle mafie da sequestro di un qualsivoglia carico di droga (normalmente di non eccessivo rilievo), altro è la perdita o il sequestro ovvero ancora la sottrazione della somma di denaro destinata al suo pagamento. Ebbene, il problema viene risolto dalle organizzazioni criminali etniche cinesi, che a fronte di ridotti rischi di tracciamento, sono in grado di rendere disponibili quelle somme nei paesi di destinazione, e nella divisa richiesta (dollari, peso, eccetera). Le vendite di droga genera enormi profitti nella moneta contante delle diverse piazze di spaccio; i sodalizi criminali attivi in Europa, ad esempio, ricavano euro, con i quali dovranno poi pagare i successivi carichi dei narcos produttori che, però, si trovano altrove (Sudamerica, Nordafrica, Asia, eccetera), che gradiscono ricevere soluzioni in valuta locale oppure in dollari Usa.

IL PAGAMENTO DEI CARICHI DI DROGA AI NARCOS

A questo punto, sulla falsariga delle compensazioni, i clienti italiani affidano il denaro alle organizzazioni della finanza parallela cinese ai fini del suo recapito all’estero. In questo caso si tratta di una pura e semplice prestazione resa possibile dalla capillare ramificazione delle l’organizzazione etnica nel mondo, America Latina inclusa. Ricapitolando: dei servizi offerti dalle organizzazione della finanza etnica, parallela e illegale, fruiscono attualmente parte della comunità cinese immigrata in Italia; colletti bianchi e imprenditori italiani che eludono o evadono il Fisco, ovvero necessitano urgentemente di ingenti quantità di denaro in Italia delle quali però dispongono all’estero (ad esempio in Svizzera); criminalità organizzata italiana (camorra, ‘ndrangheta, eccetera) allo scopo di riciclare i proventi dello spaccio di stupefacenti e corrispondere il pattuito ai narcos fornitori della droga; oligarchi russi che intendono eludere i tracciamenti derivanti dal regime di sanzioni internazionali conseguente all’invasione russa dell’Ucraina; cittadini della Repubblica Popolare che vogliono effettuare spese all’estero per importi superiori a quelli della massima quantità recabile al seguito consentita dalla legge vigente nella Cina comunista.

CONTRASTO DEL FENOMENO: ARMI SPUNTATE?

È evidente che il problema dovrà trovare una maggiore evidenza e considerazione a livello politico, oltreché esercitando un’azione di moral suasion nei confronti delle banche. Infatti, allo specifico riguardo si sottolinea come i bonifici non andrebbero «messi in report», bensì si dovrebbe consentire alla polizia economico-finanziaria l’immediato blocco dei conti correnti oggetto di interesse e il contestuale sequestro del denaro. Più difficile, invece, un concreto risultato derivante dall’esercizio di pressioni a livello internazionale sulla Cina Popolare, tuttavia, se lo si concordasse davvero a livello europeo (…) Nell’attività di contrasto del fenomeno i punti di forza si rinvengono nella sempre maggiore conoscenza delle dinamiche criminali e nella disposizione di una strumentazione adeguata sul piano legale. Attualmente, presso il Comando Generale della Guardia di Finanza è stato istituito un pool di operatori di intelligence e di investigatori che si coordinano co i Reparti stanziati sull’intero territorio nazionale. Si tratta di un primo importante passo in avanti.(1 – continua)

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