PREVIDENZA SOCIALE, bilanci e prospettive. Il lavoro di oggi sarà la pensione di domani: presentato il saggio di Pasquale Tridico sul tema

Dopo quattro anni di gestione dell’INPS, il suo presidente ha approfittato della presentazione del saggio che ha scritto assieme al giornalista Enrico Marro per fare il punto della situazione e delineare i possibili scenari futuri. Un’occasione per affrontare nel dettaglio una materia tanto articolata quanto controversa, che investe tematiche quali le pensioni, il welfare universale, l’immigrazione e il salario minimo; insidertrend.it era presente con i suoi microfoni (A511)

L’Istituto nazionale della previdenza sociale è davvero ancora un «carrozzone»? Già, proprio a questo popolare termine hanno fatto ricorso i prestigiosi relatori convenuti nel primo pomeriggio di ieri a Roma presso Palazzo Firenze, sede della Società Dante Alighieri, per presentare il saggio scritto “a quattro mani” con il giornalista Enrico Marro dal presidente dell’INPS, pasquale Tridico, Il lavoro di oggi la pensione di domani: perché il futuro del Paese passa dall’INPS, volume edito per i tipi di Solferino.

IL «CARROZZONE» DELLA PREVIDENZA SOCIALE

«Carrozzone», è un termine dispregiativo di uso comune fino a qualche tempo fa per indicare quegli enti pubblici che costituivano soltanto un gravame improduttivo per i contribuenti, fonte di apertura di voragini nei bilanci dello Stato e terreno di conquista per lottizzatori di varia specie. Agli astanti è apparso subito evidente che altro non si trattava se non di un espediente retorico utilizzato al fine di stimolare in maniera sottilmente provocatoria una discussione su una serie di temi tutti collegati tra loro e incontrovertibilmente controversi. «No – ad avviso del professor Andrea Riccardi, presidente della Società Dante Alighieri e tra i fondatori della Comunità di Sant’Egidio -, l’INPS oggi non lo è, poiché ci siamo dentro tutti (…) esso è al medesimo tempo storia e futuro», in quanto privilegiato osservatorio su quelle che potranno essere le dinamiche economiche e sociali di domani.

INPS AL CENTRO: CONSUNTIVO 2022

Insomma, «attraverso l’INPS passa tantissimo, tutto tranne la Sanità» come ha ricordato lo stesso Riccardi, e ciò lo si evince dalle cifre del 2022: su complessivi 814 miliardi che componevano il bilancio dello Stato, l’Istituto della previdenza sociale ha pesato per una buona percentuale, con i suoi 386 miliardi di euro di entrate e i 384 miliardi di uscite, che hanno incluso ben 145 miliardi di trasferimenti pubblici. Dati che vanno contestualizzati con la popolazione italiana (quasi 60 milioni di persone di cui 23 in attività lavorativa), per la quale due terzi della spesa cui si è fatto carico l’Ente è andata a coprire le erogazioni in assegni pensionistici, mentre il rimanente terzo quelle di natura assistenziale. La prima, voluminosa e omnicomprensiva voce, ha immediatamente condotto la discussione sui temi caldi oggetto dell’analisi del volume di Tridico e Marro, quelli che costringono i decisori a guardare al futuro.

DELINEARE CONCRETE PROSPETTIVE PER IL FUTURO

Quali saranno dunque le prospettive future della previdenza sociale? Su cosa è necessario mettere mano per riformare il sistema? I giovani di domani godranno di questo stesso livello di welfare? Questi alcuni fondamentali interrogativi ai quali si è tentato di fornire una risposta nel convegno di ieri. Partiamo dal primo, dove una possibile strada l’ha tracciata il cardinale Matteo Maria Zuppi (presidente della Conferenza episcopale italiana), indicando quattro punti a suo giudizio ineludibili nella soluzione del problema: la riforma del sistema pensionistico, le politiche per la natalità (sulle quali ritiene «si debba proseguire nell’impegno»), il sempre maggiore ingresso delle donne nel mondo del lavoro e l’accesso e l’inclusione degli immigrati stranieri.

L’UTOPIA REALIZZATA: IL CASO ITALIANO

Il prelato si è quindi soffermato sul quesito di fondo che da tutto questo discende, quello relativo a una possibile diversa distribuzione del reddito. Ma, stante la situazione attuale e i rapporti di forza in atto sui piani economico e politico, essa è realmente concepibile? Se per Riccardi «lo stato sociale è il destino comune di italiani e italiane», che con l’impoverimento e la vecchiaia possono divenire sempre più fragili – «i poveri muoiono prima dei ricchi», ha egli argomentato -, è evidente che il destino comune non può essere che quello della solidarietà. In fondo, qualcosa di ampiamente sperimentato in questo paese, «pur con tutti i limiti del caso», poiché «il welfare italiano è un’utopia realizzata che ha fatto la differenza in termini di civiltà, cioè attraverso lo stato sociale, rispetto alle drammatiche realtà vissute in altri paesi all’estero».

UN UNIVERSO IMPOVERITO

«L’ascensore sociale si è rotto da un pezzo – ha commentato sardonicamente il cardinale Zuppi -, adesso scende soltanto ai piani bassi». In effetti quello dei pensionati è un universo impoverito e, a conti fatti, se le basi sulle quali edificare le condizioni esistenziali dell’autunno della vita, magari in solitudine, le aspettative sono oltremodo sconfortanti. Ci si interrogava in precedenza se i giovani di oggi quando saranno vecchi godranno di questo stesso livello di welfare. Ebbene, la risposta è no. «Il precariato genera situazioni pericolose», è stata la sottolineatura del prelato, bisogna dunque addivenire alla corresponsione di salari adeguati. «Il salario minimo va bene, ma non deve scendere sotto i 9 euro l’ora. Esso non va inteso come un ostacolo posto alla contrattazione, perché si deve riflettere sul fatto che chi è un lavoratore povero oggi sarà un pensionato miserabile domani»

INCREMENTO DEI POVERI ED ESPANSIONE DEL WELFARE

Cinque milioni di cittadini italiani si trovano sotto la soglia di povertà, il 47% di essi risiede al Nord e al Centro, il rimanente 53% al Sud e nelle Isole. Si tratta di cifre che dovrebbero far tremare i polsi ai decisori politici di questo Paese, anche a fronte dell’allarmante allargamento della forbice della sperequazione sociale. Una deriva che ha indotto l’INPS a occuparsi non più soltanto di pensioni, bensì anche di welfare state, un intervento che negli ultimi anni ha assunto una connotazione universalistica con misure quali il Reddito di cittadinanza, l’Assegno unico, le indennità a beneficio dei lavoratori autonomi, le erogazioni a tutela di quelli dello sport e dello spettacolo, categorie, queste ultime, particolarmente colpite dal blocco delle attività imposto dalle misure di contrasto della pandemia, il cosiddetto «lockdown».

IL RDC È STATO «BASTONATO A COLPI DI CLAVA»

Nel caso dell’attacco diuturno e incrociato al Reddito di cittadinanza le operazioni di persuasione occulta una parziale efficacia sul convincimento dell’opinione pubblica l’hanno avuta. Si è trattato di uno spettacolo a tratti desolante. Animati da diversi interessi, i detrattori della misura hanno marciato separati per colpire uniti. Dal varo del provvedimento da parte del Governo giallo-verde (coalizione Movimento 5 stelle e Lega) si è visto di tutto, persino rispettabili intellettuali che fino a un giorno prima agitavano ritmicamente testi come “A che serve il sindacato?” di Piero Ichino come se fosse stato il “Libretto rosso” di Mao Zedong – utilizzando strumentalmente il divario (e il disagio) tra «garantiti» (l’aristocrazia operaia) e «non garantiti» (il lumpenproletariato 2.0) -, passare a una terminologia oltremodo offensiva, degna di autentici liberisti da osteria, nei confronti dei percettori del primo sostanziale sussidio universale erogato in Italia.

STRUMENTO INDISPENSABILE

«Fancazzisti», «poltronisti», «sfigati», «fannulloni», «truffatori» e via discorrendo (il loro vocabolario è stato e rimane molto ampio). Ma nel frattempo la platea dei richiedenti si è andata ampliando e variegando, poiché la disoccupazione ha colpito anche fasce di lavoratori che prima, seppure precari o sottopagati, riuscivano mettere faticosamente assieme il pranzo con la cena. In realtà, con questa misura universale di sostegno al reddito «per la prima volta la lobby dei poveri ha fatto ingresso a Palazzo Chigi». La sua eliminazione sarebbe molto grave, è stato sottolineato nel corso del convegno di Palazzo Firenze, «perché acuirebbe lo stato di indigenza di milioni di persone». Inoltre, durante la pandemia da coronavirus il Reddito di cittadinanza si è rivelato uno strumento indispensabile.

LE RACCOMANDAZIONI DI BRUXELLES

Anche l’Unione europea si è raccomandata in questo senso, cioè riguardo all’introduzione di un reddito minino in favore di coloro si trovano al di sotto della soglia di povertà. Dunque, se prima in Italia esistevano soltanto la cassa integrazione guadagni e la Naspi, adesso vengono assistiti anche i «non garantiti». Al netto della propaganda, quindi, le criticità di questa misura vanno rinvenute sul piano delle politiche attive per il lavoro, oltre che sulla piaga del lavoro nero e, ovviamente, su quello dello sviluppo, che però non si potrà ottenere in assenza di investimenti e innovazione.

PERCHÉ IL FUTURO DEL PAESE PASSA DALL’INPS

In conclusione, nel volume di Tridico e Marro vengono analizzate le due facce della medesima medaglia, lavoro e pensioni. Gli autori evidenziano inoltre come la precarietà e i bassi salari che colpiscono i giovani determinino anche il loro futuro previdenziale, poiché «un lavoro povero frutterà una pensione povera». Egli aggiunge: «C’è un collegamento divenuto più stretto con l’introduzione del sistema contributivo. Dobbiamo migliorare la quantità e la qualità dell’occupazione, per evitare domani di avere pensioni misere e una massa di anziani da assistere, tanto più in un quadro di preoccupante declino demografico. Infine, un problema strutturale: la differenziazione delle età di pensionamento sulla base del lavoro svolto, partendo dai dati che confermano come i poveri muoiano prima dei ricchi».

di seguito è possibile ascoltare la registrazione audio integrale del dibattito (A511)

A511 – PREVIDENZA SOCIALE, BILANCI E PROSPETTIVE: il lavoro di oggi sarà la pensione di domani. Presentato a Roma il saggio di Pasquale Tridico ed Enrico Marro. Dopo quattro anni di gestione dell’INPS, il suo presidente ha approfittato dell’occasione per fare il punto della situazione e delineare i possibili scenari futuri.
A essere affrontata nel dettaglio è stata una materia tanto articolata quanto controversa che investe tematiche quali le pensioni, il welfare universale, l’immigrazione e il salario minimo. Attraverso l’INPS passa tantissimo, tutto tranne la Sanità» come ha ricordato lo stesso Riccardi, e ciò lo si evince dalle cifre del 2022: su complessivi 814 miliardi che componevano il bilancio dello Stato, l’Istituto della previdenza sociale ha pesato per una buona percentuale, con i suoi 386 miliardi di euro di entrate e i 384 miliardi di uscite, che hanno incluso ben 145 miliardi di trasferimenti pubblici. Dati che vanno contestualizzati con la popolazione italiana (quasi 60 milioni di persone di cui 23 in attività lavorativa), per la quale due terzi della spesa cui si è fatto carico l’Ente è andata a coprire le erogazioni in assegni pensionistici, mentre il rimanente terzo quelle di natura assistenziale.
Hanno preso parte all’evento: PAOLA SEVERINI MELOGRANI (giornalista e saggista; moderatrice del dibattito), ANDREA RICCARDI (docente di Storia contemporanea e presidente della Società Dante Alighieri), MATTEO MARIA ZUPPI (cardinale, presidente della Conferenza episcopale italiana), PASQUALE TRIDICO (docente di Politica economica e presidente dell’INPS), ENRICO MARRO (giornalista de “Il Corriere della Sera”).
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