IRAN, violazione diritti umani. Repressione delle proteste popolari: i familiari di Mahsa Amini agli arresti domiciliari

Intanto prosegue la violenta repressione delle proteste popolari nel Paese da parte delle strutture di polizia della Repubblica Islamica

I familiari di Mahsa Amini, la giovane iraniana di origini curde assassinata a Teheran dalla polizia religiosa della Repubblica Islamica quaranta giorni fa, si troverebbero attualmente reclusi agli arresti domiciliari. La notizia, diffusa dall’emittente televisiva satellitare saudita al-Arabiya, giunge in una fase particolarmente delicata per il Paese, poiché nella medesima giornata, oltre al perdurare delle manifestazioni popolari di piazza contro la teocrazia degli ayatollah, i terroristi jihadisti sunniti di Islamic State hanno compiuto una strage nella moschea Shah Cheragh di Shiraz.

LA REPRESSIONE DELLE MANIFESTAZIONI DI PROTESTA

Tutto questo il giorno successivo alle manifestazioni duramente represse da polizia, bassiji e pasdaran in occasione del quarantesimo giorno dalla morte della Amini, una data particolarmente simbolica per i credenti musulmani, poiché considerata il momento del distacco dell’anima della persona defunta da suo corpo, che segna la fine del lutto. Mahsa Amini, era morta per le percosse subite dalla polizia religiosa iraniana il 16 settembre scorso, tre giorni dopo essere stata tratta in arresto nella capitale Teheran con l’accusa di non aver, in quanto donna, indossato secondo le disposizioni islamiche il velo. Ieri, a Saqqez, città del Kurdistan iraniano, migliaia di persone avevano marciato assieme verso il cimitero dove è stata sepolta la giovane ragazza, ma le forze di sicurezza hanno sparato candelotti lacrimogeni e aperto il fuoco sulla gente scesa pacificamente in piazza.

SPARI CONTRO LA GENTE CHE ANDAVA AL CIMITERO

Più di cinquanta persone sono rimaste ferite a causa dei colpi di arma da fuoco sparati nelle diverse città della regione. Secondo l’opposizione all’estero le responsabilità delle violenze andrebbero ascritte in modo particolare al governatore della regione del Kurdistan, Ismail Zarei Koosha, mentre in un proprio comunicato stampa l’organizzazione non governativa Iran Human Rights afferma che 234 persone, tra le quali 29 bambini, sarebbero morte dall’inizio delle proteste popolari, che sono state definite quest’oggi dal presidente iraniano Ebrahim Raisi «rivolte che aprono la strada al terrorismo».

Condividi: