ECONOMIA, commercio con l’estero. Boom dell’export nato in fiera: l’Italia segue il modello tedesco

Lo riferisce Seles – sviluppo commerciale estero, che si tratta di un volano di sviluppo trasversale per tutti i comparti del made in Italy, un veicolo strategico per le esportazioni

Le fiere internazionali italiane (ovvero le manifestazioni che attraggono espositori e buyer dall’estero) sono state duramente colpite dalla pandemia e nei prossimi mesi subiranno sicuramente i contraccolpi della guerra in Ucraina, eppure restano «il cuore pulsante dell’economia italiana», come ha affermato ieri il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, nel corso della presentazione del primo Rapporto sul settore realizzato dai centri studi della stessa Confindustria e di Fondazione Fiera Milano.

RESILIENZA E RIPRESA

Lo riferisce Seles – sviluppo commerciale estero nella sua newsletter (https://www.seles.biz/news/boom-dellexport-nato-in-fiera-litalia-segue-il-modello-tedesco/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_campaign=pillole-di-export-seles_1), la quale sottolinea come, malgrado il crollo delle attività e dei ricavi (tra il 70% e l’80% nel 2020 rispetto al 2019) causati dalle chiusure in pandemia, il sistema fieristico italiano abbia dimostrato capacità di resilienza e di ripresa, confermandosi il secondo player europeo alle spalle della Germania.

AMPI MARGINI DI MIGLIORAMENTO

Ad avviso di Enrico Pazzali, presidente di Fondazione Fiera Milano, «in questi due anni si è creato un patto molto forte tra fiere, imprese, governo e attori istituzionali come Ice e Simest, che ha dimostrato di funzionare. Nel 2021 l’Italia è stato il miglior paese dell’Unione Europea come crescita dell’export, di cui le fiere sono strumento strategico. Ora, di fronte alle nuove sfide che si presentano dobbiamo replicare questo patto per diventare più grandi, più internazionali, più competitivi rispetto al passato». Secondo il Rapporto, i margini di miglioramento sono ampi, esso, infatti, pone a confronto i quattro principali sistemi fieristici europei (di Germania, Italia, Francia e Spagna) con quello statunitense, considerando il periodo intercorrente tra il 2015 e il 2019. L’Italia si posiziona bene, tuttavia, lo scarto con i tedeschi permane elevato, poiché da sola la Germania copre il 50% della superficie complessiva di esposizione e del numero di espositori dei quattro paesi presi in esame. Inoltre, i gruppi fieristici tedeschi organizzano direttamente all’estero oltre trecento manifestazioni, a fronte delle settanta organizzate dai gruppi italiani.

IMPRESE E INTERNAZIONALIZZAZIONE

Difficile affermare quanto di quei 516 miliardi di export realizzato nel 2021 dalle imprese italiane (+7,5% rispetto al 2019), possa essere attribuito al business generato attraverso le fiere. In media, secondo AEFI (l’associazione delle fiere italiane) ogni anno il 50% delle esportazioni italiane è frutto dei contatti attivati e sviluppati in occasione delle rassegne espositive. Di sicuro, il Rapporto evidenzia come l’assenza quasi totale di manifestazioni in Italia e nel mondo nel 2020 abbia lasciato il segno: su 136.963 imprese esportatrici presenti in Italia nel 2019, oltre 70.000 sono realizzano all’estero meno di 75.000 euro di fatturato, mentre il 71,2% dell’export è generato da 4.276 operatori. Ebbene, nel 2020 è aumentata la concentrazione delle esportazioni realizzata dai primi mille operatori, mentre viceversa si è ridotta la quota realizzata dalle aziende più piccole. Proprio quelle che nelle fiere hanno il loro principale strumento di internazionalizzazione.

FIERE ITALIANE: SOSTENERNE LA CRESCITA ALL’ESTERO

«È necessario fare massa critica e cercare sinergie non solo per attrarre espositori e visitatori alle fiere italiane, ma anche per rafforzare le attività espositive all’estero – osserva Carlo Ferro, presidente dell’Agenzia governativa Ice –, ci sono già esempi virtuosi in questo senso e dobbiamo spingere ancora di più in questa direzione, ciascuno nel rispetto dei propri ruoli, per mettere a sistema le nostre azioni».

Sulla medesima linea Mauro Alfonso, amministratore delegato di Simest, che in questi due anni ha gestito gran parte delle risorse stanziate dal governo a sostegno delle fiere italiane, circa 265 milioni di euro sotto forma di ristori o finanziamenti agevolati a copertura delle perdite causate dalla pandemia e altri 284 per il sostegno alla partecipazione delle piccole e medie imprese alle manifestazioni. «Ora – ha egli affermato – siamo pronti a fare la nostra parte anche per sostenere la crescita all’estero delle fiere stesse, come imprese. Simest può intervenire in partnership con l’ente italiano attraverso lo strumento di partecipazione all’equity, fornendo capitale paziente con un tenor fino a otto anni. Un partner silente, che non interviene nella governance aziendale e istituzionale, con conseguenti ripercussioni positive sugli aspetti relazionali con le autorità locali».

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